Dell’attribuzione dell’atto creato
Dio ha detto:
"Dio vi ha creati, voi e quel che fate”[2].
Sappi che questo versetto e altri simili hanno confuso le intelligenze e le immaginazioni. Le opinioni si sono affrontate e le maniere di comprendere sono state divergenti.
In effetti, Dio si riserva la creazione dei servitori e dei loro atti, ma attribuendo loro, in quest’ambito, i loro stessi atti. Egli afferma dunque, a un tempo, la Sua singolarità e la Sua partecipazione.
Nel venerabile Libro e nella tradizione profetica, è menzionato che l’atto è attribuito talora soltanto a Dio, talaltra alla sola creazione, o ancora a Dio tramite l’interprete della creatura e anche alla creatura con l’intermediario di Dio. Ecco perché, il tumulto si accresce e la divisione di diffonde a proposito dell’attribuzione del risultato dell’azione. A chi appartiene? Ora colui che conosce ciò che si chiama creatura e ciò che essa è, conosce la realtà come essa è. E questo non appartiene che all’ordine che è l’oggetto della misericordia di Dio. Che Dio ci unisca a essa e ci faccia aderire alla sua parte! Mi è stato detto in una visione che Dio non attribuisce a volte l’atto alle creature che in quanto esse sono forme e figure apparenti nell’Esistenza reale, nient’altro.
Sappi che questo versetto e altri simili hanno confuso le intelligenze e le immaginazioni. Le opinioni si sono affrontate e le maniere di comprendere sono state divergenti.
In effetti, Dio si riserva la creazione dei servitori e dei loro atti, ma attribuendo loro, in quest’ambito, i loro stessi atti. Egli afferma dunque, a un tempo, la Sua singolarità e la Sua partecipazione.
Detto altrimenti, a volte Egli agisce senza l’intermediario del velo della creatura e a volte con l’intermediazione del velo. Così certi pensano che l’atto rilevi dal velo. Perché tale è la forma a partire dalla quale essi vedono sensibilmente procedere l’azione. Altri pensano che l’atto è comune al Reale e alla forma. Ora, in realtà, l’atto non appartiene che a Dio. In effetti, l’universo intero si riconduce agli atti di Dio; e tutti gli atti di Dio sono degli atti intransitivi che sussistono in Lui; tale è d’altronde lo statuto del verbo[3] intransitivo per i grammatici.
Dio non può essere il soggetto di un verbo intransitivo il cui complemento sarebbe separato da Lui e che si potrebbe qualificare in altro modo. In effetti, il complemento è normalmente differente dal soggetto, come il falegname, per esempio, e il baule che ha fabbricato e altri oggetti simili. Questo baule è necessariamente altro da lui. Ora non vi è dell’altro per il Reale, dunque non può esserci complemento d’azione differente separato da Lui. Ecco perché i maestri della contemplazione vedono il Reale che si manifesta in tutti gli atomi dell’universo tramite l’interprete della Sua azione, della Sua messa in forma e della Sua creazione, fatte salve la santità e la trascendenza che Gli convengono; poiché, in questo caso, l’Agente Si manifesta nella Sua azione e che la Sua azione sussiste in Lui senza mai separarsi da Lui, Egli Si manifesta nella Sua azione a chi vuole e rimane nascosto e velato nella Sua azione a chi vuole tra i Suoi servitori. Allora costoro s’immaginano che il mondo sia altro e diverso. Ora non è affatto così. In effetti, il mondo è come il verbo nella lingua araba, diciamo, come l’infinito che è una realtà concettuale la cui definizione dell’essenza non ne comporta l’esistenza. Non affermiamo questo che perché si sappia che il mondo, che è l’atto di Dio e l’oggetto della Sua creazione e della Sua messa in forma, è una realtà concettuale che non ha essenzialmente alcuna dipendenza. Non sussiste che nel suo Agente che la fa sussistere.Nel venerabile Libro e nella tradizione profetica, è menzionato che l’atto è attribuito talora soltanto a Dio, talaltra alla sola creazione, o ancora a Dio tramite l’interprete della creatura e anche alla creatura con l’intermediario di Dio. Ecco perché, il tumulto si accresce e la divisione di diffonde a proposito dell’attribuzione del risultato dell’azione. A chi appartiene? Ora colui che conosce ciò che si chiama creatura e ciò che essa è, conosce la realtà come essa è. E questo non appartiene che all’ordine che è l’oggetto della misericordia di Dio. Che Dio ci unisca a essa e ci faccia aderire alla sua parte! Mi è stato detto in una visione che Dio non attribuisce a volte l’atto alle creature che in quanto esse sono forme e figure apparenti nell’Esistenza reale, nient’altro.
Mawqîf 275
[1] Emiro ‘Abd el-Kader, op. cit., pagg. 144-146.
[2] Corano 37, 96. Questo versetto è commentato in Mawqîf 137, 155, 164, 248/2 e 266.
[3] Per comprendere questo ragionamento, bisogna sapere che in arabo fi’l (plurale af’âl) significa, al tempo stesso, atto e verbo e che qui la parola è impiegata in entrambi i sensi.
Nessun commento:
Posta un commento