"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

domenica 14 gennaio 2018

René Guénon, Considerazioni sull'Iniziazione - X - Sui centri iniziatici

René Guénon
Considerazioni sull'Iniziazione

X - Sui centri iniziatici

Crediamo di aver detto abbastanza per far vedere, nel modo più chiaro che fosse possibile, la necessità della trasmissione iniziatica, e per far comprendere in maniera esauriente che non si tratta di cose più o meno nebulose, ma estremamente precise e ben definite, con le quali nulla hanno a vedere le fantasticherie e l’immaginazione, né tutto ciò che il linguaggio odierno gratifica con la dizione di «soggettivo» e di «ideale».
Per completare quel che attiene a tale questione ci resta ancora da parlare un po’ dei centri spirituali dai quali procede, direttamente o indirettamente, ogni trasmissione regolare, centri secondari ricollegati essi stessi al centro supremo che conserva il deposito immutabile della Tradizione primordiale, dal quale sono derivate tutte le forme tradizionali particolari per adattamento a queste o quelle circostanze definite di tempo e di luogo. In un altro studio[1] abbiamo fatto vedere come simili centri spirituali siano costituiti a immagine del centro supremo, del quale sono in qualche modo altrettanti riflessi; su questo argomento non ritorneremo perciò in questa occasione, e ci limiteremo a esaminare alcuni punti che sono in più immediato rapporto con le considerazioni da noi già esposte finora.
Per cominciare, è facile capire come il ricollegamento al centro supremo sia indispensabile perché sia assicurata la continuità di trasmissione delle influenze spirituali a partire dalle origini stesse della presente umanità (dovremmo anzi dire dal di là di tali origini, poiché ciò di cui è questione è «non-umano») e attraverso tutta la durata del suo ciclo d’esistenza; così è di tutto quel che abbia un carattere veramente tradizionale, anche per le organizzazioni exoteriche, religiose o d’altro genere, per lo meno al loro punto di partenza; a maggior ragione così è nella sfera iniziatica. Nello stesso tempo, è tale ricollegamento che mantiene l’unità interiore ed essenziale esistente sotto la diversità delle apparenze formali, ed è ‑ di conseguenza ‑ la garanzia fondamentale dell’«ortodossia», nel vero senso della parola.
Soltanto che occorre comprendere bene che simile ricollegamento può non mantenersi sempre cosciente, e ciò è persin troppo evidente nell’ambito exoterico; per contro, sembra che cosciente debba essere sempre nel caso delle organizzazioni iniziatiche, una delle ragioni d’essere delle quali è precisamente, assumendo quale punto d’appoggio una determinata forma tradizionale, di permettere di passare di là da tale forma e di elevarsi in tal modo dalla diversità all’unità. Questo, naturalmente, non vuol dire che simile consapevolezza debba esistere in tutti i membri di un’organizzazione iniziatica, cosa che è manifestamente impossibile e renderebbe d’altronde inutile l’esistenza di una gerarchia di gradi; sennonché essa dovrebbe normalmente esistere alla sommità di tale gerarchia, se tutti coloro che vi sono pervenuti fossero veramente degli «adepti», ovverossia degli esseri che abbiano realizzato effettivamente la pienezza dell’iniziazione[2]; tali «adepti» costituirebbero un centro iniziatico che sarebbe in costante comunicazione cosciente con il centro supremo. Tuttavia, può succedere che di fatto le cose non stiano sempre in questo modo, non foss’altro che a causa di una certa degradazione resa possibile dall’allontanamento dalle origini, degradazione che può giungere a un punto tale, come dicevamo in precedenza, da far sì che un’organizzazione arrivi a comprendere solo più iniziati «virtuali», come noi li abbiamo chiamati, che continuano però a trasmettere, anche se non se ne rendono più conto, l’influenza spirituale di cui l’organizzazione è depositaria. Il ricollegamento si mantiene nonostante tutto in virtù del fatto che la trasmissione non è stata interrotta, e ciò è sufficiente perché qualcuno di coloro che abbiano ricevuto l’influsso spirituale in tali condizioni possa sempre riprenderne coscienza se porta in sé le possibilità richieste; cosicché, anche in un simile caso, il fatto di appartenere a un’organizzazione iniziatica è lungi dal rappresentare solo una semplice formalità senza reale portata, del genere di quella che corrisponde all’adesione a una associazione profana qualsiasi, come troppo volentieri credono coloro che non vanno al fondo delle cose e si lasciano ingannare da qualche rassomiglianza puramente esteriore, rassomiglianze che del resto sono dovute, di fatto, soltanto allo stato di degradazione in cui si trovano attualmente le sole organizzazioni iniziatiche di cui possono avere qualche conoscenza più o meno superficiale.
Inoltre, è importante osservare che un’organizzazione iniziatica può discendere dal centro supremo, non in modo diretto, ma per l’intermediazione di centri secondari e subordinati, caso che è anzi fra i più abituali; come in ogni organizzazione esiste una gerarchia di gradi, così esistono fra le organizzazioni stesse gradi che potremmo chiamare di «interiorità» ed «esteriorità» relativa; ed è chiaro che sono le organizzazioni più esteriori, ossia quelle più lontane dal centro supremo, a essere anche quelle nelle quali più facilmente può perdersi la consapevolezza del ricollegamento a quest’ultimo. Quantunque il fine di tutte le organizzazioni iniziatiche sia essenzialmente lo stesso, ve ne sono che si situano in qualche modo a livelli differenti per quanto riguarda la loro partecipazione alla Tradizione primordiale (cosa che però non vuol dire che fra i loro membri non ce ne possono essere che abbiano raggiunto uno stesso grado di conoscenza effettiva); né c’è ragione di stupirsene, se si osserva che le stesse forme tradizionali differenti non tutte derivano immediatamente dalla medesima fonte originaria; la «catena» può contare un numero più o meno grande di anelli intermedi senza che esista con ciò alcuna soluzione di continuità. L’esistenza di tale sovrapposizione non è una delle ragioni minori fra tutte quelle che rendono complesso e difficile uno studio un po’ approfondito della costituzione delle organizzazioni iniziatiche; e occorre inoltre aggiungere che una sovrapposizione simile si può incontrare anche all’interno di una stessa forma tradizionale, come prova l’esempio particolarmente evidente fornito dalle organizzazioni appartenenti alla tradizione estremo-orientale. Tale esempio ‑ al quale possiamo fare qui solo una semplice allusione ‑ è forse uno di quelli che meglio permettono di capire in qual modo la continuità sia assicurata attraverso i molteplici livelli costituiti da altrettante organizzazioni sovrapposte, a partire da quelle che, impegnate nel campo dell’azione, non sono che formazioni passeggere destinate a svolgere una parte relativamente esteriore, fino a quelle dal carattere più profondo, che, pur rimanendo nel «non-agire» principiale ‑ o piuttosto proprio per questo ‑, conferiscono a tutte le altre la loro reale direzione. A tal proposito, dobbiamo attirare in modo particolare l’attenzione sul fatto che, quantunque alcune di queste organizzazioni, fra le più esteriori, si riscontrino talvolta in opposizione fra di loro, ciò non impedisce assolutamente che esista l’unità di direzione da noi indicata, poiché tale direzione è di là da questa opposizione, e non si situa assolutamente nell’ambito in cui l’opposizione si afferma.
Si tratta, tutto sommato, di qualcosa di paragonabile alle parti rappresentate da attori diversi in un unico lavoro teatrale, parti che, anche quando si oppongano, nondimeno concorrono al procedere dell’insieme; ciascuna delle organizzazioni svolge a ogni buon conto il ruolo al quale è destinata in un piano che la supera; e questa considerazione può applicarsi anche alla sfera exoterica, nella quale, in simili condizioni, gli elementi che contendono gli uni contro gli altri obbediscono nondimeno tutti, quand’anche inconsciamente e involontariamente, a una direzione unica della quale non sospettano neppure l’esistenza[3].
Le considerazioni da noi esposte fanno altresì capire come, in seno a una stessa organizzazione, possa esistere in qualche modo una doppia gerarchia, e ciò più in particolare nel caso in cui i capi apparenti non siano coscienti del ricollegamento a un centro spirituale; ci potrà così essere, al di fuori della gerarchia visibile che essi costituiscono, un’altra gerarchia invisibile, i cui membri, senza ricoprire nessuna funzione «ufficiale», saranno tuttavia quelli che assicureranno realmente, con la loro sola presenza, il legame effettivo con tale centro. Questi rappresentanti dei centri spirituali, nelle organizzazioni relativamente esteriori, non hanno evidentemente da farsi riconoscere come tali, e possono assumere l’apparenza che meglio si addice all’azione «di presenza» che tocca loro esercitare, sia essa quella di semplici membri dell’organizzazione se devono ricoprire in quest’ultima un ruolo fisso e permanente, oppure, se si tratta di un’influenza momentanea o che debba trasferirsi in punti diversi, quella di quei misteriosi «viaggiatori» di cui la storia ha conservato più di un esempio, e il cui atteggiamento esteriore è spesso scelto nel modo più adatto per sviare i ricercatori, sia che si tratti di colpire l’attenzione per ragioni particolari, sia, al contrario, di passare completamente inosservati[4]. Si può dedurre da ciò anche cosa fossero veramente coloro che, senza che appartenessero essi stessi a nessuna organizzazione conosciuta (intendiamo dire a un’organizzazione rivestita di forme esteriormente identificabili), presiedettero in certi casi alla formazione di organizzazioni di quest’ultimo tipo, o, in seguito, le ispirarono e le diressero invisibilmente; fu questo in particolare, per un certo periodo[5], il ruolo dei Rosa-Croce nel mondo occidentale, ed è questo il vero significato di quel che la Massoneria del secolo XVIII denominò con la dizione di «Superiori Incogniti».
Tutto questo permette di intravedere certe possibilità di azione dei centri spirituali, anche al di fuori dei mezzi che possono considerarsi normali, e ciò soprattutto quando le circostanze siano esse stesse anormali, intendiamo dire in condizioni che non permettano più di servirsi di vie più dirette e aventi una regolarità più apparente. È per queste ragioni che ‑ senza neppur parlare di un intervento immediato del centro supremo, intervento che è possibile sempre e dappertutto ‑, un centro spirituale, quale esso sia, può agire al di fuori della sua zona d’influenza normale, sia a favore di individui particolarmente «qualificati», ma che si trovino isolati in un ambiente in cui l’oscurazione sia giunta a un punto tale che quasi più nulla di tradizionale vi permanga e nel quale l’iniziazione non possa più esservi ottenuta, sia in vista di un fine più generale ‑ e più eccezionale ‑ come quello che consista nel ricomporre una «catena» iniziatica accidentalmente interrotta. Un’azione di questo genere può prodursi in modo più specifico in un periodo, o in una civiltà, in cui la spiritualità sia quasi completamente perduta, e in cui di conseguenza le cose d’ordine iniziatico siano più nascoste che in qualsiasi altro caso; non ci si dovrà perciò stupire se le modalità di essa sono estremamente difficili da definire, e questo a tanto maggior ragione in quanto le condizioni ordinarie di luogo, e talvolta anche di tempo, diventano in tale situazione per così dire inesistenti. Non ci dilungheremo oltre sull’argomento; ciò che è essenziale ritenerne è questo: quand’anche avvenga che un individuo apparentemente isolato pervenga a un’iniziazione reale, tale iniziazione non potrà mai essere spontanea se non in apparenza, e, di fatto, essa comporterà sempre il ricollegamento, attraverso un mezzo qualsiasi, a un centro avente un’esistenza effettiva[6]; al di fuori di un simile ricollegamento, in nessun caso può trattarsi di iniziazione.
Per tornare ora all’esame dei casi normali, dobbiamo dire ancora quel che segue al fine di evitare qualsiasi equivoco in merito a quanto abbiamo esposto: quando abbiamo accennato a certe opposizioni non intendevamo assolutamente riferirci alle vie molteplici che possono essere rappresentate da altrettante organizzazioni iniziatiche particolari, sia in corrispondenza con forme tradizionali diverse, sia in una stessa forma tradizionale. Tale molteplicità si rende necessaria a causa dell’esistenza stessa delle differenze di natura fra gli individui, acciocché ciascuno di essi possa trovare ciò che ‑ essendogli conforme ‑ gli permetterà di sviluppare le sue possibilità proprie; se lo scopo è uguale per tutti, i punti di partenza sono indefinitamente diversificati, e paragonabili alla molteplicità dei punti di una circonferenza, dalla quale partono altrettanti raggi che confluiscono tutti nell’unico centro, e sono in tal modo l’immagine delle vie delle quali è qui questione. In tutto ciò non vi è traccia di opposizione, ma ‑ al contrario ‑ una perfetta armonia; in realtà, non può esserci opposizione se non quando certe organizzazioni siano, a motivo delle circostanze contingenti, chiamate a rappresentare una parte in qualche modo accidentale, esteriore nei confronti dello scopo essenziale dell’iniziazione, e tale da non influire in nessun modo su di esso.
Si potrebbe però credere, da certe apparenze ‑ e di fatto spesso si crede ‑, che esistano iniziazioni che siano, in quanto tali, opposte le une alle altre; ma si tratta di un errore, ed è assai facile comprendere perché nella realtà le cose non possano stare in questo modo. In effetti, poiché in principio non c’è che una Tradizione unica, dalla quale deriva ciascuna forma tradizionale ortodossa, parimenti non può esserci se non un’iniziazione unica nella sua essenza, benché sotto forme diverse e con modalità molteplici; dove manca la «regolarità», vale a dire dove non c’è ricollegamento a un centro tradizionale ortodosso, non si ha più a che fare con la vera iniziazione, ed è soltanto in modo abusivo che in un tale caso ci si potrà ancora servire di questo termine. Esprimendoci in questo modo non intendiamo riferirci soltanto alle organizzazioni pseudo-iniziatiche delle quali abbiamo già trattato in precedenza, le quali in verità non sono se non puramente nulla; quel che intendiamo dire è che esiste qualcos’altro, che presenta un carattere più serio, e che è precisamente quel che può conferire un’apparenza di ragione all’illusione che abbiamo segnalato poco fa: se sembra che ci siano delle iniziazioni opposte è perché, al di fuori della vera iniziazione, c’è quella che si può chiamare la «contro-iniziazione», a condizione che si precisi bene in qual senso esatto deve essere intesa una simile espressione, ed entro quali limiti qualcosa possa veramente opporsi all’iniziazione; ci siamo d’altronde già sufficientemente spiegati in altre occasioni su tale questione, perché non sia necessario che ritorniamo qui su di essa in modo specifico[7].



[1] Il Re del Mondo.
[2] È questo il solo significato vero e legittimo di tale parola, la quale in origine apparteneva esclusivamente alla terminologia iniziatica e più particolarmente rosacrociana; sennonché occorre nuovamente segnalare a tal proposito uno di quegli strani abusi di linguaggio che sono così numerosi nella nostra epoca: nell’uso comune si è giunti a far passare il termine «adepti» per un sinonimo di «aderenti», a tal punto che si attribuisce abitualmente questa dizione all’insieme dei membri di qualsiasi organizzazione, quand’anche si tratti dell’associazione più puramente profana che sia possibile immaginare!
[3] Secondo la tradizione islamica, tutti gli esseri sono naturalmente e necessariamente muslim, cioè soggetti alla Volontà divina, alla quale di fatto nulla può sottrarsi; la differenza fra tali esseri consiste nel fatto che mentre gli uni si conformano coscientemente e volontariamente all’ordine universale, gli altri lo ignorano, o pretendono addirittura di opporsi a esso (cfr. Le Symbolisme de la Croix, p. 187). Per capire appieno il rapporto che c’è tra ciò e quanto abbiamo appena detto, occorre osservare che i veri centri spirituali devono essere considerati come i rappresentanti della Volontà divina in questo mondo; talché coloro che sono a essi ricollegati in modo effettivo si possono considerare come i collaboratori coscienti della realizzazione di quello che l’iniziazione massonica denomina «piano del Grande Architetto dell’Universo»; quanto alle altre due categorie alle quali abbiamo accennato, i puri e semplici ignoranti sono i profani, fra i quali occorre beninteso annoverare gli «pseudo-iniziati» di tutti i generi, e coloro che hanno la pretesa illusoria di andar contro l’ordine prestabilito appartengono, in un modo o nell’altro, a quella che abbiamo chiamato la «contro-iniziazione».
[4] Come illustrazione dell’ultimo caso ‑ il quale sfugge necessariamente agli storici, ma che è indubbiamente il più frequente ‑ citeremo due soli esempi tipici, che sono ben noti nella tradizione taoista e dei quali si potrebbe trovare l’equivalente anche in Occidente: quello dei saltimbanchi e quello dei mercanti di cavalli.
[5] Benché sia difficile dare grandi precisazioni a tale proposito, si può stimare che questo periodo vada dal secolo XIV al secolo XVII; si può perciò dire che esso corrisponda alla prima parte dei tempi moderni, ed è facile, di conseguenza, capire che si trattava innanzi tutto di assicurare la conservazione di ciò che ‑ fra le conoscenze tradizionali del medioevo ‑ poteva esser salvato a onta delle nuove condizioni del mondo occidentale.
[6] Taluni misteriosi incidenti nella vita di Jacob Boehme ‑ ad esempio ‑ possono spiegarsi realmente soltanto in questo modo.
[7] Si veda: Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, cap. XXXVIII.

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