"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

domenica 21 gennaio 2018

René Guénon Considerazioni sull'Iniziazione - XIII - Del segreto iniziatico

René Guénon
Considerazioni sull'Iniziazione

XIII - Del segreto iniziatico

Anche se abbiamo appena finito di indicare qual è la natura essenziale del segreto iniziatico[1], dobbiamo aggiungere ulteriori precisazioni in proposito, allo scopo di distinguere quest’ultimo, senza possibilità di equivoci, da tutti gli altri generi di segreti più o meno esteriori che si incontrano nelle molteplici organizzazioni che, per questa ragione, sono dette «segrete» nel senso più generale. 
Abbiamo detto, infatti, che questa denominazione per noi significa soltanto che organizzazioni simili possiedono un segreto, qualunque ne sia la natura, e anche che, secondo il fine che esse si propongono, questo segreto può naturalmente vertere sulle cose più diverse e assumere le forme più svariate; in tutti i casi, qualunque segreto che non sia quello propriamente iniziatico ha sempre un carattere convenzionale; con questo intendiamo dire che è tale soltanto in virtù di una convenzione più o meno espressa, e non per la natura stessa delle cose. Al contrario, il segreto iniziatico è tale perché non può non esserlo, consistendo esclusivamente nell’«inesprimibile»; così, se le organizzazioni iniziatiche sono segrete, in esse tale carattere non ha più nulla di artificiale e non ha origine in nessuna decisione più o meno arbitraria da parte di chicchessia. Questo punto è perciò particolarmente importante per ben distinguere, da un lato. le organizzazioni iniziatiche da tutte le altre organizzazioni segrete, qualunque esse siano, e dall’altro, nelle stesse organizzazioni iniziatiche, ciò che costituisce l’essenziale da tutto quel che può venire a sovrapporvisi accidentalmente; perciò dobbiamo ora dedicarci a svilupparne un po’ le conseguenze.
La prima di esse, da noi già indicata in precedenza, è che, mentre ogni segreto di tipo esteriore può sempre essere tradito, solo il segreto iniziatico non potrà mai esserlo in nessuna maniera, perché, in se stesso e in qualche modo per definizione, è inaccessibile e inafferrabile da parte dei profani e non può da essi venir penetrato, non potendo la sua conoscenza essere se non la conseguenza dell’iniziazione stessa. In effetti, questo segreto è di tal natura che le parole non possono esprimerlo; è questa la ragione per cui, come spiegheremo più completamente in seguito, l’insegnamento iniziatico può far uso soltanto di riti e di simboli, i quali suggeriscono piuttosto che non esprimano nel senso ordinario della parola. A esser rigorosi, quel che si trasmette con l’iniziazione non è il segreto in sé, giacché esso è incomunicabile, ma l’influenza spirituale che ha come veicolo i riti, e rende possibile il lavoro interiore per mezzo del quale, prendendo i simboli come base e come supporto, ciascuno afferrerà tale segreto e lo penetrerà più o meno completamente, più o meno profondamente, secondo la misura delle proprie possibilità di comprensione e di realizzazione.
Checché si possa pensare delle altre organizzazioni segrete, non si può perciò, in ogni caso, rimproverare alle organizzazioni iniziatiche di avere questo carattere, poiché il loro segreto non è qualcosa che esse nascondano volontariamente per ragioni qualsiasi, legittime o no, e sempre più o meno soggette a discussione e a giudizio come tutto quel che procede dal punto di vista profano, bensì qualcosa che non è in potere di nessuno, anche se lo volesse, svelare e comunicare ad altri. Quanto al fatto che queste organizzazioni sono «chiuse», vale a dire non ammettono indistintamente tutti, esso si spiega semplicemente con la prima delle condizioni dell’iniziazione che abbiamo esposte in precedenza, cioè in ragione della necessità che si possiedano certe «qualificazioni» particolari, in assenza delle quali non si potrebbe trarre nessun beneficio reale dal ricollegamento a un’organizzazione del genere. Per di più, quando una simile organizzazione diventa troppo «aperta» e insufficientemente rigorosa sotto questo riguardo, essa corre il rischio di degenerare a causa dell’incomprensione di coloro che ammette in tal modo sconsideratamente, i quali non mancheranno di introdurre ogni sorta di vedute profane e di far deviare la sua attività verso scopi che non hanno niente in comune con la sfera iniziatica, come si vede anche troppo bene in ciò che ai nostri giorni ancora permane in quanto a organizzazioni del genere nel mondo occidentale.
Per cui, ed è una seconda conseguenza di ciò che abbiamo enunciato all’inizio, il segreto iniziatico in se stesso e il carattere «chiuso» delle organizzazioni che lo detengono (o, per parlare più esattamente, che detengono i mezzi servendosi dei quali è possibile averne l’accesso per coloro che sono «qualificati») sono due cose totalmente distinte e non devono assolutamente essere confuse. Per ciò che riguarda il primo, sarebbe disconoscerne completamente l’essenza e la portata invocare ragioni di «prudenza» come talvolta si fa; quanto al secondo, invece, il quale d’altronde riguarda la natura degli uomini in generale e non quella dell’organizzazione iniziatica, si può fino a un certo punto parlare di «prudenza», nel senso che, in tal modo, quest’organizzazione si difende, non contro «indiscrezioni» impossibili per quel che concerne la sua natura essenziale, ma contro quel pericolo di degenerazione di cui parlavamo or ora; né si tratta della ragione principale, giacché quest’ultima altro non è che la perfetta inutilità di ammettere individualità per le quali l’iniziazione non sarebbe mai altro che «lettera morta», vale a dire una formalità vuota e senza nessun effetto reale, in quanto tali individualità sono in qualche modo impermeabili all’influenza spirituale. Quanto alla «prudenza» nei confronti del mondo esterno, come si intende il più delle volte, essa può soltanto costituire una considerazione affatto accessoria, quand’anche sia certamente legittima in presenza di un ambiente più o meno coscientemente ostile, tenuto conto che l’incomprensione profana di rado si ferma a una sorta di indifferenza, ma si tramuta anche troppo facilmente in un’ostilità le cui manifestazioni costituiscono un pericolo che non ha certamente niente di illusorio; ciò non ha tuttavia la capacità di incidere sull’organizzazione iniziatica in sé, la quale, in quanto tale. è, come abbiamo detto, veramente «inafferrabile». Per cui, sotto questo aspetto, le precauzioni si imporranno in misura tanto maggiore quanto più l’organizzazione sarà maggiormente «esteriorizzata», dunque meno puramente iniziatica; d’altronde, è evidente che è soltanto in questo caso che essa può giungere a trovarsi in contatto diretto con il mondo profano, il quale, altrimenti, potrebbe soltanto ignorarla in modo puro e semplice. Non parleremo qui di un genere diverso di pericolo, che può aver origine dall’esistenza di quella che abbiamo chiamato la «contro-iniziazione», e al quale del resto non potrebbero ovviare semplici misure esteriori di «prudenza»; queste ultime sono valide solo contro il mondo profano, le cui reazioni, ripetiamo, sono da temere soltanto in quanto l’organizzazione ha assunto una forma esteriore analoga a quelle di una «società» o è stata più o meno completamente coinvolta in un’azione che si esercita al di fuori del dominio iniziatico, tutte cose il cui carattere può essere considerato soltanto del tutto accidentale e contingente[2].
Arriviamo così a estrarre un’ulteriore conseguenza della natura del segreto iniziatico: può accadere infatti, che, oltre a questo segreto che è il solo a esserle essenziale, un’organizzazione iniziatica possieda anche secondariamente, e senza per questo perdere assolutamente il suo carattere proprio, altri segreti che non sono dello stesso ordine, ma di un genere più o meno esteriore e contingente; e sono questi segreti puramente accessori che, essendo necessariamente gli unici ad apparire agli occhi dell’osservatore esterno, saranno capaci di provocare confusioni diverse. Tali segreti possono provenire dalla «contaminazione» di cui abbiamo parlato, intendendo con ciò la sovrapposizione di fini che non hanno nulla di iniziatico, e ai quali può esser data del resto un’importanza più o meno grande, tenuto conto che, in questo tipo di degenerazione, tutti i gradi sono evidentemente possibili; ma non sempre le cose stanno così, e può anche essere che simili segreti si riferiscano ad applicazioni contingenti, ma legittime, della stessa dottrina iniziatica, applicazioni che sarà stato giudicato opportuno «riservare» per ragioni che possono essere molto diverse, e andrebbero identificate in ciascun caso particolare. I segreti a cui stiamo alludendo sono, in modo più particolare, quelli che concernono le scienze e le arti tradizionali; quel che nel modo più generale si può dire al proposito, è che tali scienze e arti non potendo essere veramente capite al di fuori dell’iniziazione in cui hanno il loro principio, la loro «volgarizzazione» potrebbe avere solo degli inconvenienti, perché comporterebbe inevitabilmente una deformazione o addirittura uno snaturamento, del genere di quello che, precisamente, ha dato origine alle scienze e alle arti profane, come in altre occasioni ci è stato dato di esporre.
In questa categoria di segreti accessori e non essenziali, è da porre un altro genere di segreto che esiste in maniera molto generale nelle organizzazioni iniziatiche, ed è quello che provoca più abitualmente, nei profani, l’equivoco su cui abbiamo attirato l’attenzione: questo segreto è quello che verte, vuoi sull’insieme dei riti e dei simboli in uso in tale organizzazione, vuoi, ancora più in particolare, e in genere in modo più rigoroso, su certe parole e certi segni da essa usati come «mezzi di riconoscimento», per permettere al suoi membri di distinguersi dai profani. Va da sé che qualunque segreto di questa natura ha un valore soltanto convenzionale e del tutto relativo, e per la ragione stessa che concerne delle forme esteriori, può sempre essere scoperto o tradito, cosa che rischierà del resto, in maniera del tutto naturale, di avvenire tanto più facilmente quanto più si tratterà di un’organizzazione meno rigorosamente «chiusa»; per cui si deve insistere sul fatto che non solo questo segreto non deve essere in nessun modo confuso con il vero segreto iniziatico, salvo che da coloro che non hanno la minima idea della natura di quest’ultimo, ma che non ha neppure nulla di essenziale, cosicché la sua presenza o la sua assenza non possono essere invocate per definire un’organizzazione in quanto in possesso di un carattere iniziatico o come priva di esso. Di fatto, la stessa cosa, o qualcosa di equivalente, esiste anche nella maggior parte delle altre organizzazioni segrete, quali esse siano, e senza nulla di iniziatico, anche se le ragioni ne saranno allora differenti: si potrà trattare, vuoi di imitare le organizzazioni iniziatiche nelle loro apparenze più esteriori, com’è il caso per le organizzazioni da noi chiamate pseudo-iniziatiche, o addirittura per certi raggruppamenti di fantasia che non meritano neppure tale nome, vuoi semplicemente di garantirsi il più possibile contro le indiscrezioni, nel senso più banale della parola, come accade soprattutto per le associazioni di scopo politico, cosa che si capisce senza la minima difficoltà. D’altra parte, l’esistenza di un segreto di questo tipo, per le organizzazioni iniziatiche non ha nulla di necessario; e ha anzi in esse un’importanza tanto meno grande quanto più puro e più elevato è il loro carattere, perché esse sono allora tanto più svincolate da ogni forma esteriore e da tutto quel che non è veramente essenziale. Accade perciò questo, che può sembrare paradossale a prima vista, ma è invece in fondo logicissimo: l’uso dei «mezzi di riconoscimento» da parte di un’organizzazione è una conseguenza del suo carattere «chiuso»; ma precisamente in quelle che sono più «chiuse» di tutte tali mezzi si riducono fino a scomparire talvolta completamente, perché allora non ce n’è più bisogno, essendo la loro utilità direttamente legata a un certo grado di «esteriorità» dell’organizzazione che vi ricorre, e raggiungendo essa in qualche modo il suo massimo quando quest’ultima rivesta un aspetto «semi-profano», del quale la forma «societaria» è l’esempio più tipico, giacché è in questo caso che le sue occasioni di contatto con il mondo esteriore sono le più estese e molteplici, e perché, di conseguenza, è più importante per essa distinguersi da quest’ultimo con mezzi che siano anche loro di ordine esteriore.
L’esistenza di un segreto di questo genere, esteriore e secondario, si giustifica del resto nelle organizzazioni iniziatiche più diffuse anche con altre ragioni; alcuni gli attribuiscono soprattutto un ruolo «pedagogico», se così è permesso esprimersi; in altre parole, la «disciplina del segreto» costituirebbe una specie di «allenamento» o di esercizio che rientra nei metodi propri a queste organizzazioni; e in essa si potrebbe vedere in certo qual modo, sotto questo profilo, quasi una forma attenuata e ridotta della «disciplina del silenzio» che era in uso in certe scuole esoteriche antiche, in particolare presso i Pitagorici[3]. Questo punto di vista è certamente giusto, a condizione che non sia esclusivo; e occorre notare che, sotto questo riguardo, il valore del segreto è totalmente indipendente da quello delle cose su cui verte; il segreto che si mantiene sulle cose più insignificanti avrà, in quanto «disciplina», esattamente la stessa efficacia di un segreto realmente importante di per se stesso. Questa dovrebbe essere una risposta sufficiente per i profani che, a tal proposito, accusano le organizzazioni iniziatiche di «puerilità», non comprendendo inoltre che le parole o i segni sui quali è imposto il segreto, hanno un valore simbolico proprio; se essi sono incapaci di accedere a considerazioni di quest’ultimo tipo, quella che abbiamo indicata per lo meno è alla loro portata e non richiede sicuramente uno sforzo di comprensione troppo grande.
Ma, in realtà, esiste una ragione più profonda, fondata precisamente su quel carattere simbolico che abbiamo appena menzionato, la quale fa sì che quelli che si chiamano «mezzi di riconoscimento» non siano solo questo, ma allo stesso tempo anche qualcosa di più: si tratta in verità di simboli come tutti gli altri, il cui significato deve essere meditato e approfondito alla stessa stregua, e che fanno così parte integrale dell’insegnamento iniziatico. La stessa cosa si deve dire di tutte le forme usate dalle organizzazioni iniziatiche, e, più generalmente ancora, da tutte quelle che hanno un carattere tradizionale (ivi comprese le forme religiose): esse sono sempre, in fondo, tutt’altra cosa che quel che sembrano essere dal di fuori, ed è proprio questo che le distingue essenzialmente dalle forme profane, nelle quali tutto si riduce all’apparenza esteriore, che non ricopre nessuna realtà di ordine diverso. Da questo punto di vista, il segreto di cui si tratta è esso stesso un simbolo, il simbolo del vero segreto iniziatico, il che evidentemente è ben più di un semplice mezzo «pedagogico»[4]; ma, beninteso, in questo caso, come del resto in tutti gli altri, il simbolo non deve essere in nessun modo confuso con ciò che è simboleggiato, ed è questa la confusione che commette l’ignoranza profana, la quale non sa vedere quel che c’è dietro le apparenze, e non concepisce neppure che si tratti di qualcosa di diverso da quel che cade sotto i sensi, il che equivale praticamente alla negazione pura e semplice di ogni simbolismo.
E per finire indicheremo un’ultima considerazione che potrebbe dar luogo ad altri sviluppi ancora: il segreto di tipo esteriore, nelle organizzazioni iniziatiche in cui esiste, fa parte integrante del rituale, poiché ciò che ne è l’oggetto è comunicato, sotto l’obbligo corrispondente del silenzio, nel corso stesso dell’iniziazione a ciascun grado o come conclusione di quest’ultima. Tale segreto costituisce perciò, non soltanto un simbolo come abbiamo detto or ora, ma un vero e proprio rito, con tutta la virtù propria che è inerente a quest’ultimo in quanto tale; e del resto, a dire il vero, il rito e il simbolo sono, in qualsiasi caso, strettamente legati dalla loro stessa natura, come dovremo spiegare più diffusamente nel seguito.




[1] Si veda inoltre Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, cap. XII.
[2] Ciò che diciamo qui si applica al mondo profano ridotto a se stesso, se così ci si può esprimere; ma è opportuno aggiungere che in certi casi esso può anche servire come strumento incosciente per un’azione esercitata dai rappresentanti della «contro-iniziazione».
[3] Disciplina secreti o disciplina arcani, si diceva anche nella Chiesa cristiana dei primi secoli, cosa che sembrano dimenticare certi nemici del «segreto»; ma è da notare che, in latino, la parola disciplina ha molto spesso il senso di «insegnamento», senso che del resto è quello etimologico, e anche, per derivazione, quello di «scienza» o di «dottrina», mentre quel che in francese è denominato «disciplina» ha soltanto un valore di mezzo preparatorio in vista di un fine che può essere conoscitivo come qui, ma che può anche essere tutto diverso, ad esempio semplicemente «morale»; è proprio in quest’ultimo modo che, di fatto, lo si intende più comunemente nel mondo profano.
[4] Se si volesse entrare un poco nei particolari a tale proposito, si potrebbe notare per esempio che le «parole sacre» che non devono mai essere pronunciate sono un simbolo particolarmente esplicito dell’«ineffabile» o dell’«inesprimibile»; si sa d’altronde che qualcosa di simile si ritrova perfino nell’exoterismo, ad esempio per il Tetragramma nella tradizione ebraica. Nello stesso ordine di idee si potrebbe anche far vedere che certi segni sono in rapporto con la «localizzazione», nell’essere umano, dei «centri» sottili il cui «risveglio» costituisce, secondo certi metodi (in particolare i metodi «tantrici» nella tradizione indù), uno dei mezzi di acquisizione della conoscenza iniziatica effettiva.

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