René Guénon
Considerazioni sull'Iniziazione
XIV - Sulle qualificazioni iniziatiche
Dobbiamo ora ritornare ad argomenti riguardanti quella che
fra le condizioni dell’iniziazione è la prima, o preventiva, vale a dire a
quelle che sono indicate con il nome di «qualificazioni» iniziatiche; a dire il
vero, questo argomento è fra quelli che è quasi impossibile aver la pretesa di
trattare in modo completo, ma potremo almeno apportarvi qui qualche
chiarimento.
Prima di tutto, deve essere ben chiaro che le qualificazioni si riferiscono alla sfera dell’individualità; in effetti, se ci fosse soltanto da tener conto della personalità o del «Sé», sotto questo riguardo non ci sarebbe da fare nessuna differenza fra gli esseri e tutti sarebbero ugualmente qualificati, senza motivo per fare la minima eccezione; sennonché la questione si presenta in modo totalmente diverso per il fatto che l’individualità deve necessariamente essere assunta come supporto della realizzazione iniziatica; di conseguenza occorre che possieda le attitudini richieste per assolvere a questo compito, e ciò non sempre si verifica. Sotto questo profilo l’individualità non è, se si vuole, che lo strumento dell’essere vero; ma se questo strumento presenta certi difetti, esso può essere più o meno completamente inutilizzabile, o esserlo anche del tutto per lo scopo in questione.
Prima di tutto, deve essere ben chiaro che le qualificazioni si riferiscono alla sfera dell’individualità; in effetti, se ci fosse soltanto da tener conto della personalità o del «Sé», sotto questo riguardo non ci sarebbe da fare nessuna differenza fra gli esseri e tutti sarebbero ugualmente qualificati, senza motivo per fare la minima eccezione; sennonché la questione si presenta in modo totalmente diverso per il fatto che l’individualità deve necessariamente essere assunta come supporto della realizzazione iniziatica; di conseguenza occorre che possieda le attitudini richieste per assolvere a questo compito, e ciò non sempre si verifica. Sotto questo profilo l’individualità non è, se si vuole, che lo strumento dell’essere vero; ma se questo strumento presenta certi difetti, esso può essere più o meno completamente inutilizzabile, o esserlo anche del tutto per lo scopo in questione.
Né si
tratta di cosa che debba stupire, se soltanto si riflette sul fatto che, anche
nell’ambito delle attività profane (o almeno divenute tali nelle condizioni
dell’epoca attuale), quel che è possibile per alcuni non lo è per altri, e che,
per esempio, l’esercizio di questo o quel mestiere esige determinate attitudini
particolari, insieme mentali e corporee. La differenza essenziale è che in
questo caso si tratta di un’attività che si situa interamente nella sfera individuale
e non ne va al di là in nessun modo e sotto nessun riguardo, mentre per ciò che
concerne l’iniziazione il risultato da raggiungere è, al contrario, di là dai
confini dell’individualità; sennonché, diciamolo ancora una volta, quest’ultima
deve non di meno essere presa come punto di partenza, e questa è una condizione
alla quale è impossibile sottrarsi.
Si può aggiungere questo: l’essere che intraprende il lavoro
di realizzazione iniziatica deve necessariamente partire da un certo stato di
manifestazione, quello in cui è attualmente situato, che comporta tutto un
insieme di condizioni determinate: da un lato, le condizioni che sono inerenti
a tale stato e in modo generale lo definiscono, e dall’altro quelle che, nello
stesso stato, sono particolari di ciascuna individualità e la differenziano da
tutte le altre. È evidente che sono le ultime che devono essere considerate per
quanto riguarda le qualificazioni, giacché si tratta di qualcosa che, per
definizione, non è comune a tutti gli individui, ma caratterizza propriamente
quelli soli che appartengono, per lo meno virtualmente, all’élite intesa nel senso in cui noi
abbiamo già frequentemente usato la parola in altre occasioni.
A questo punto occorre capire bene che l’individualità deve
essere assunta quale di fatto è, con tutti gli elementi che la costituiscono, e
che possono esserci delle qualificazioni che riguardano ciascuno di tali
elementi, ivi compreso lo stesso elemento corporeo, il quale non deve essere
affatto considerato, da questo punto di vista, come qualcosa di indifferente o
di trascurabile. Non sarebbe forse il caso di insistere tanto su questo
argomento se non ci si trovasse di fronte alla concezione grossolanamente
semplificata che gli Occidentali moderni si fanno dell’essere umano; non
soltanto l’individualità umana costituisce per essi l’intero essere, ma per di
più tale individualità è ridotta a due parti, che si suppongono completamente
separate l’una dall’altra, di cui l’una è il corpo e l’altra qualcosa di
piuttosto mal definito, che viene indifferentemente chiamato con i nomi più
diversi e talvolta meno appropriati. Ora, la realtà è tutta un’altra: i
molteplici elementi dell’individualità, quale che sia il modo in cui li si
vorrà classificare, non sono per nulla isolati gli uni dagli altri, ma
costituiscono un insieme nel quale non può esserci eterogeneità radicale e
irriducibile; essi tutti, e il corpo come gli altri, sono allo stesso titolo
manifestazioni o espressioni dell’essere nelle diverse modalità della sfera
individuale. Tra queste modalità ci sono corrispondenze tali che ciò che
avviene in una di esse ha normalmente una ripercussione nelle altre; ne risulta
che da un lato lo stato del corpo può influire in modo favorevole o sfavorevole
sulle altre modalità, e dall’altro, non essendo meno vero l’inverso (anzi
essendolo ancora di più, giacché la modalità corporea è quella che ha le
possibilità più ristrette), che esso può fornire segni che traducono in modo
sensibile lo stato di quelle[1]; è chiaro che queste due considerazioni complementari hanno entrambe la loro
importanza dal punto di vista delle qualificazioni iniziatiche. Si tratterebbe
di cose perfettamente evidenti se la nozione specificamente occidentale e
moderna di «materia», il dualismo cartesiano e le concezioni più o meno
«meccanicistiche» non avessero reso le considerazioni di questo genere così
oscure per la maggior parte dei nostri contemporanei[2]; sono queste circostanze contingenti quelle che obbligano ad attardarsi su
considerazioni tanto elementari, mentre in altre condizioni sarebbe sufficiente
enunciarle in poche parole senza dover aggiungere la minima spiegazione.
È ovvio che la qualificazione essenziale, quella che prevale
su tutte le altre, è una questione di «orizzonte intellettuale» più o meno
ampio; sennonché può accadere che le possibilità di carattere intellettuale,
pur esistendo virtualmente in una individualità, siano, a causa degli elementi
inferiori di quest’ultima (elementi insieme di ordine psichico e corporeo),
impedite nel loro sviluppo sia temporaneamente sia anche definitivamente. È
questa la ragione prima di quelle che potrebbero essere chiamate le
qualificazioni secondarie; ma c’è ancora una seconda ragione, che discende
immediatamente da quanto abbiamo appena detto, ed è che in tali elementi, i
quali sono i più accessibili all’osservazione, si possono trovare i segni di
determinate limitazioni intellettuali; in quest’ultimo caso le qualificazioni
secondarie diventano in qualche modo degli equivalenti simbolici della stessa
qualificazione fondamentale.
Nel primo caso, invece, può accadere che esse non abbiano
sempre un’eguale importanza: possono infatti esistere ostacoli che si oppongono
a qualsiasi iniziazione, anche semplicemente virtuale, o soltanto a
un’iniziazione effettiva, o ancora al passaggio a gradi più o meno elevati, o
infine unicamente all’esercizio di determinate funzioni in un’organizzazione
iniziatica (giacché si può essere idonei a ricevere un’influenza spirituale
senza essere con ciò necessariamente atti a trasmetterla); ed occorre anche
aggiungere che esistono impedimenti speciali che possono riguardare solamente
certe forme di iniziazione.
Per quanto riguarda quest’ultimo punto, tutto sommato è
sufficiente ricordare che le diversità dei modi d’iniziazione, sia da una forma
tradizionale all’altra, sia all’interno di una stessa forma tradizionale, ha
precisamente lo scopo di corrispondere alla diversità delle attitudini
individuali; essa non avrebbe evidentemente nessuna ragione d’essere se un
unico modo potesse ugualmente convenire a tutti coloro che, in maniera
generale, sono qualificati per ricevere l’iniziazione. Poiché così non è, ogni
organizzazione iniziatica dovrà avere la propria «tecnica» particolare, e
naturalmente potrà accettare soltanto coloro che saranno in grado di conformarvisi
e di trarne un beneficio effettivo, il che presuppone ‑ per quanto riguarda le
qualificazioni ‑ l’applicazione di tutto un insieme di regole speciali, che
valgono unicamente per l’organizzazione in questione e non escludono affatto,
per coloro che saranno in tal modo eliminati, la possibilità di trovare da
un’altra parte un’iniziazione equivalente, purché possiedano le qualificazioni
generali che sono rigorosamente indispensabili per tutti i casi. Uno degli
esempi più evidenti che si possano fornire a tale proposito, è il fatto che
esistono forme d’iniziazione esclusivamente maschili, mentre ce ne sono altre
nelle quali le donne possono essere ammesse al pari degli uomini[3]; si può dire quindi che si tratta di una qualificazione che è richiesta in un
caso e non nell’altro, e che tale differenza deriva dalle particolari modalità
d’iniziazione in questione; d’altronde, su questo argomento ritorneremo in
seguito, giacché abbiamo avuto occasione di constatare che il fatto è
generalmente molto mal compreso nella nostra epoca.
Dove esiste un’organizzazione sociale tradizionale, anche
nella sfera esteriore, ognuno, trovandosi situato nel posto che conviene alla
sua natura individuale, deve per questo fatto stesso poter trovare anche più
facilmente ‑ se è qualificato ‑ la modalità di iniziazione che corrisponde alle
sue possibilità. Conseguentemente, se per esempio si esamina sotto questo punto
di vista l’organizzazione delle caste, l’iniziazione degli Kshatriya non potrà essere identica a quella dei Brâhmani[4], e via di seguito; in modo ancor più particolare, una certa forma di iniziazione
può essere legata all’esercizio di un determinato mestiere, il che può avere
tutto il suo valore effettivo soltanto se il mestiere che ogni individuo
esercita è veramente quello a cui egli è destinato in virtù delle attitudini
inerenti alla sua stessa natura, per modo che tali attitudini faranno in pari
tempo parte integrante delle qualificazioni particolari che richiede la
corrispondente forma di iniziazione.
Al contrario, dove più nulla è organizzato secondo regole
tradizionali e normali ‑ che è il caso del mondo occidentale moderno ‑ il
risultato è una confusione che coinvolge tutti i campi, e provoca
inevitabilmente molteplici complicazioni e difficoltà per quanto riguarda la
precisa determinazione delle qualificazioni iniziatiche, giacché il posto
dell’individuo nella società ha allora soltanto più una relazione lontanissima
con la sua natura, e addirittura, molto spesso, sono unicamente gli aspetti più
esteriori e meno importanti di quest’ultima a essere presi in considerazione,
vale a dire quelli che non hanno realmente nessun valore, neppure secondario,
dal punto di vista iniziatico. Una ulteriore causa di difficoltà che viene ad
aggiungersi a quella da noi appena indicata ‑ e che del resto le è in una certa
misura connessa ‑ è la scomparsa delle scienze tradizionali: poiché i dati di
alcune di esse possono fornire il mezzo per riconoscere la vera natura di un
individuo, quando vengano a mancare non è mai possibile, con qualsiasi altro
mezzo, supplirvi completamente e con esattezza perfetta; qualunque cosa si
faccia in proposito, ci sarà sempre una parte più o meno grande di «empirismo»
che potrà dar luogo a molti errori. È questa, del resto, una delle ragioni
principali della degenerazione di certe organizzazioni iniziatiche:
l’ammissione di elementi non qualificati, sia essa dovuta a pura e semplice
ignoranza delle regole che dovrebbero eliminarli, o all’impossibilità di
applicarle in modo sicuro, è di fatto uno dei fattori che contribuiscono
maggiormente a questa tendenza a degenerare, e può anche, se si generalizza,
portare infine alla completa rovina di tale organizzazione.
Dopo queste considerazioni di carattere generale, per meglio
precisare il significato reale che occorre attribuire alle qualificazioni
secondarie dovremmo presentare esempi ben definiti delle condizioni richieste
per l’accesso a questa o quella organizzazione iniziatica, e metterne in
evidenza, in ciascun caso, il senso e la portata vera; sennonché un’esposizione
del genere, quando sia rivolta a Occidentali, è resa molto difficile dal fatto
che costoro, anche nel caso più favorevole, conoscono soltanto un numero
estremamente ristretto di forme iniziatiche, e riferimenti a tutte le altre
rischierebbero di rimanere quasi totalmente incompresi. Inoltre, tutto quello
che permane in Occidente delle antiche organizzazioni di questo genere è molto
impoverito sotto ogni aspetto, ed è facile rendersene conto in modo più
particolare per quanto concerne la questione stessa di cui si tratta al
presente: se certe qualificazioni sono ancora richieste è molto più per la
forza dell’abitudine che per una comprensione qualsiasi della loro ragion
d’essere; e in queste condizioni non è il caso di stupirsi se accade talvolta
che membri di tali organizzazioni protestino contro la conservazione delle
qualificazioni, nelle quali la loro ignoranza vede soltanto una sorta di
vestigio storico, il residuo di uno stato di cose scomparso da tempo, in una
parola un «anacronismo» puro e semplice. Tuttavia, poiché si è pur costretti ad
assumere come punto di partenza quello che si ha più immediatamente a propria
disposizione, anche questo può fornire l’occasione per alcune indicazioni, le
quali nonostante tutto non sono prive di interesse, e, anche se ai nostri occhi
hanno soltanto il carattere di semplici «illustrazioni», non per questo sono
meno capaci di dar luogo a riflessioni di applicazione più ampia di quanto
potrebbe sembrare a un primo approccio.
Nel mondo occidentale, in quanto a organizzazioni
iniziatiche che possano rivendicare una filiazione tradizionale autentica
(condizione al di fuori della quale ‑ è il caso di ricordare ancora una volta ‑
si può trattare soltanto di «pseudo-iniziazione»), non esistono più che il
Compagnonaggio e la Massoneria, vale a dire due forme iniziatiche fondate
essenzialmente sull’esercizio di un mestiere, per lo meno alla loro origine, e
di conseguenza caratterizzate da metodi particolari, simbolici e rituali, in
diretto rapporto con tale mestiere[5]. Sennonché a questo proposito vi è da fare una distinzione: nel Compagnonaggio
il legame originario con il mestiere si è sempre conservato mentre nella
Massoneria esso è di fatto scomparso; di qui, in quest’ultimo caso, il pericolo
di un disconoscimento più completo della necessità di certe condizioni,
peraltro inerenti alla forma iniziatica stessa di cui è questione. In effetti
nell’altro caso è evidente che almeno le condizioni volute perché il mestiere
sia effettivamente esercitato, e anzi perché sia esercitato nel modo più
adeguato possibile, non potranno mai essere perdute di vista, quand’anche sia
preso in considerazione soltanto questo e niente di più, vale a dire anche se
non se ne veda che la ragione esteriore e si dimentichi la loro ragione più profonda
e propriamente iniziatica. Al contrario, laddove tale ragione profonda è non
meno dimenticata e non esiste più la stessa ragione esteriore, è tutto sommato
abbastanza naturale (il che non vuole però affatto dire legittimo) che si
giunga a pensare che la conservazione di simili condizioni non si impone in
nessuna maniera, e a considerarle soltanto come restrizioni imbarazzanti, o
addirittura ingiuste (è questo un tipo di considerazioni di cui nella nostra
epoca si fa abuso, conseguenza dell’«ugualitarismo» distruttivo della nozione
dell’élite), applicate a un
reclutamento che la mania del «proselitismo» e la superstizione democratica del
«gran numero» ‑ caratteristiche propriamente tipiche del moderno modo di
pensare occidentale ‑ vorrebbero fosse il più grande possibile, ciò che è di
fatto una delle cause più sicure e più irrimediabili di degenerazione per
un’organizzazione iniziatica.
In fondo quel che si dimentica in un caso di questo genere è
semplicemente questo: se il rituale iniziatico assume come «supporto» il
mestiere, di modo che ne è per così dire derivato in virtù di una trasposizione
appropriata (e indubbiamente, all’origine, bisognerebbe considerare le cose
piuttosto in senso inverso, giacché dal punto di vista tradizionale il mestiere
si presenta veramente soltanto come un’applicazione contingente dei principi ai
quali l’iniziazione si ricollega in modo diretto), la messa in pratica di tale
rituale, per essere realmente e pienamente valida esigerà condizioni fra le
quali si ritroveranno quelle dell’esercizio vero e proprio del mestiere,
applicandosi parimenti a esse la stessa trasposizione, e questo in virtù delle
corrispondenze esistenti fra le differenti modalità dell’essere; appare in tal
modo evidente che, come abbiamo indicato in precedenza, chiunque sia in maniera
generale qualificato per l’iniziazione non con ciò è indifferentemente
qualificato per qualsiasi forma di iniziazione. Dobbiamo aggiungere che il
disconoscimento di questo punto fondamentale, poiché comporta la riduzione del tutto
profana delle qualificazioni a semplici regole corporative, appare ‑ per lo
meno per quanto riguarda la Massoneria ‑ legato piuttosto strettamente a un
equivoco portante sul significato vero della parola «operativo», equivoco sul
quale dovremo spiegarci in seguito con i dovuti sviluppi, poiché dà luogo a
considerazioni di portata iniziatica del tutto generale. Conseguentemente, se
l’iniziazione massonica esclude in particolare le donne (il che non significa
affatto, come abbiamo già detto, che queste ultime siano inadatte per qualsiasi
iniziazione), e nello stesso tempo gli uomini che sono afflitti da determinate
infermità, non è semplicemente per il fatto che anticamente coloro che vi erano
ammessi dovevano essere in grado di trasportare carichi o di arrampicarsi su
impalcature, come qualcuno afferma con sconcertante ingenuità; la ragione ne è
che per coloro che sono in tal modo esclusi da essa, l’iniziazione massonica in
quanto tale non potrebbe essere valida, cosicché gli effetti ne risulterebbero nulli
per difetto di qualificazione. Innanzi tutto si può dire, a questo proposito,
che il legame con un mestiere, se ha cessato di esistere per quel che si
riferisce all’esercizio esteriore di quest’ultimo, ciò nondimeno continua a
sussistere in un modo più essenziale, in quanto tale legame permane
necessariamente inscritto nella forma stessa di simile iniziazione; se ne fosse
eliminato, non si tratterebbe più di iniziazione massonica, ma di qualcosa di
totalmente diverso; e poiché sarebbe impossibile sostituire legittimamente
un’altra filiazione tradizionale a quella che di fatto esiste, in realtà non ci
sarebbe più in queste condizioni nessuna iniziazione. È questa la ragione per
cui, laddove permanga ancora, in mancanza di una comprensione più effettiva, almeno
una certa coscienza più o meno oscura del valore proprio delle forme rituali,
si persiste a considerare le condizioni di cui trattiamo in questa sede come
costituenti parte integrante dei landmarks
(il termine inglese, in questa accezione «tecnica», non ha equivalenti esatti
né in francese né in italiano), i quali non possono essere modificati in
nessuna circostanza, e la cui soppressione o negligenza rischierebbe di avere
come conseguenza una vera nullità iniziatica [6].
Ora, vi è da aggiungere ancora qualcosa: se si esamina da
vicino la lista dei difetti corporali che sono considerati impedimenti per
l’iniziazione, si constaterà che fra di essi ce ne sono che non sembrano molto
gravi da un punto di vista esteriore, e che in tutti i casi non sono tali da
potersi opporre a che un uomo eserciti il mestiere di costruttore[7]. Ciò significa che questa è ancora soltanto una spiegazione parziale, anche se
esatta in tutta la misura in cui è applicabile, e che oltre alle condizioni
richieste dal mestiere, l’iniziazione ne esige altre che non hanno più nulla a
che vedere col mestiere stesso, ma sono unicamente in relazione con le modalità
del lavoro rituale, visto però non soltanto nella sua «materialità» ‑ se così
si può dire ‑ ma soprattutto in quanto inteso a produrre risultati effettivi
per l’essere che lo compie. Questo apparirà tanto più chiaramente quanto più,
fra le diverse formulazioni dei landmarks
(giacché, quantunque non scritti in linea di principio, questi ultimi sono
tuttavia stati spesso oggetto di enumerazioni più o meno particolareggiate), ci
si riferirà a quelle più antiche, vale a dire a un’epoca in cui le cose di cui
stiamo trattando erano ancora conosciute in modo che non era semplicemente
teorico o «speculativo», ma realmente «operativo», nel senso vero al quale
alludevamo prima. Facendo questo esame ci si potrà anche accorgere di una cosa
che sicuramente sembrerebbe oggi del tutto straordinaria a certa gente se fosse
capace di rendersene conto, ed è che gli impedimenti all’iniziazione, nella Massoneria,
coincidono quasi totalmente con quelli che nella Chiesa cattolica sono gli
impedimenti all’ordinazione [8].
Quest’ultimo punto è anch’esso uno fra quelli che per essere
ben capiti abbisognano di qualche commento, giacché si potrebbe a prima vista
essere tentati di supporre che si sia in presenza di una certa confusione tra
cose di carattere differente, tanto più che abbiamo sovente insistito sulla
distinzione essenziale esistente tra le due sfere iniziatica e religiosa, e che
di conseguenza si deve ritrovare anche tra i riti che si riferiscono all’una e
all’altra rispettivamente. Tuttavia non è necessario riflettere molto a lungo
per capire che ci devono essere delle leggi generali che condizionano il
compimento dei riti, di qualunque specie questi siano, poiché tutto sommato si
tratta sempre della messa in opera di determinate influenze spirituali, anche
se il fine è naturalmente differente a seconda dei casi. Da un altro punto di
vista si potrebbe anche obiettare che nel caso dell’ordinazione si tratta
propriamente dell’attitudine ad adempiere determinate funzioni[9], mentre per quanto riguarda l’iniziazione, le qualificazioni richieste per
riceverla sono distinte da quelle che possono essere necessarie per esercitare
inoltre una funzione in un’organizzazione iniziatica (funzione concernente
principalmente la trasmissione dell’influenza spirituale); ed è esatto che
perché la similitudine sia veramente applicabile non è dal punto di vista delle
funzioni che bisogna porsi. Quel che occorre tener presente è che in
un’organizzazione religiosa come quella del Cattolicesimo, soltanto il prete
compie attivamente i riti, mentre i laici vi partecipano in modo unicamente
«ricettivo»; al contrario, l’attività in campo rituale costituisce sempre, e
senza nessuna eccezione, un elemento essenziale di qualsiasi metodo iniziatico,
cosicché tale metodo implica necessariamente la possibilità di esercitare
simile attività. È dunque in definitiva il compimento attivo dei riti a
richiedere, al di fuori della qualificazione propriamente intellettuale,
determinate qualificazioni secondarie, variabili in parte in funzione del
carattere speciale che i riti rivestono in questa o in quella forma iniziatica,
ma fra le quali l’assenza di certi difetti corporali ha sempre una parte importante,
sia perché tali difetti costituiscono un ostacolo al compimento dei riti
stessi, sia in quanto sono il segno esteriore di difetti corrispondenti negli
elementi sottili dell’essere. È soprattutto questa la conclusione che vogliamo
arrivare a estrarre da tutte le considerazioni precedenti; e in fondo quel che
sembra riferirsi qui più specialmente a un caso particolare ‑ quello
dell’iniziazione massonica ‑ è stato per noi soltanto il mezzo più comodo per
esporre queste cose, che ci rimane ancora da rendere più precise con l’aiuto di
alcuni esempi definiti di impedimenti dovuti a difetti corporali o a difetti
psichici manifestati in modo sensibile dai precedenti.
Se esaminiamo le infermità o i semplici difetti corporali in
quanto segni esteriori di certe imperfezioni di carattere psichico, converrà
fare una distinzione tra i difetti che l’essere presenta a partire dalla
nascita, o che si sviluppano naturalmente in lui, nel corso dell’esistenza,
come conseguenza di una certa predisposizione, e quelli che sono semplicemente
il risultato di qualche incidente. È evidente infatti che i primi traducono
qualcosa che può essere considerato più strettamente inerente alla natura
propria dell’essere, e che di conseguenza è più grave dal punto di vista dal
quale ci poniamo, quantunque ‑ poiché nulla può accadere a un essere che non
corrisponda realmente a qualche elemento più o meno essenziale della sua natura
‑ le stesse infermità di origine apparentemente accidentale non possano essere
considerate totalmente indifferenti sotto questo riguardo. D’altro canto, se si
considerano gli stessi difetti come ostacoli diretti nei confronti del
compimento dei riti o della loro azione effettiva sull’essere, la distinzione
da noi appena indicata non ha più ragione di intervenire; tuttavia deve essere
ben chiaro che certi difetti che non costituiscono un tal genere di ostacolo
sono nondimeno ‑ per la prima ragione ‑ impedimenti per l’iniziazione, e anche
talvolta impedimenti di carattere più assoluto, poiché mettono in evidenza una
«deficienza» interiore che rende l’essere inadatto per qualsiasi iniziazione,
mentre possono esserci infermità che ostacolano soltanto l’efficacia dei metodi
«tecnici» specifici di questa o quella forma iniziatica.
Qualcuno potrà stupirsi nel sentirci dire che le infermità
accidentali hanno anch’esse una corrispondenza nella natura propria dell’essere
che ne è colpito; tuttavia si tratta in fondo soltanto di una conseguenza
diretta di quelli che sono realmente i rapporti dell’essere con l’ambiente nel
quale esso si manifesta: tutte le relazioni tra gli esseri manifestati in uno
stesso mondo, o ‑ il che significa la stessa cosa ‑ tutte le loro azioni e
reazioni reciproche, non possono essere reali se non in quanto sono
l’espressione di qualcosa che appartiene alla natura di ognuno di essi. In
altri termini, tutto quel che un essere subisce, alla stessa stregua di tutto
ciò che fa, poiché costituisce una «modificazione» di se stesso, deve
necessariamente corrispondere a qualcuna delle possibilità che sono nella sua
natura, di modo che non può esserci niente che sia puramente accidentale, se si
intende questa parola nel senso di «estrinseco», come comunemente si fa. In
questo campo tutta la differenza è perciò soltanto una differenza di gradi: ci
sono modificazioni che rappresentano qualcosa di più importante o di più
profondo che non altre; sotto questo rispetto esistono dunque in qualche modo
dei valori gerarchici da osservare fra le diverse possibilità della sfera
individuale; ma, per parlare rigorosamente, nulla è indifferente o privo di
significato, dal momento che in fondo un essere può ricevere dall’esterno solo
delle «occasioni» per la realizzazione in modo manifesto delle virtualità che
porta fin dall’inizio in se stesso.
Può anche sembrare strano, per coloro che si fermano alle
apparenze, che certe infermità non molto gravi dal punto di vista esteriore
siano state sempre e dappertutto considerate un impedimento per l’iniziazione;
un caso tipico di questo genere è quello della balbuzie. In realtà basta riflettere
anche solo un po’ per rendersi conto che in tale caso si trovano precisamente e
l’una e l’altra delle due ragioni a cui abbiamo accennato; in effetti, in primo
luogo vi è il fatto che la «tecnica» rituale comporta quasi sempre la pronuncia
di determinate formule verbali, pronuncia che naturalmente deve essere prima di
tutto corretta per essere valida, ciò che la balbuzie non permette di ottenere
a coloro che ne sono afflitti. D’altra parte in tale infermità è il segno
manifesto di una certa «deritmia» dell’essere, se è permesso usare questa
parola; e d’altronde le due cose sono in questa occorrenza legate strettamente,
perché l’impiego stesso delle formule alle quali abbiamo accennato è
propriamente solo una delle applicazioni della «scienza» del ritmo al metodo
iniziatico, di modo che l’incapacità a pronunciarle correttamente dipende in
definitiva dalla «deritmia» interna dell’essere.
Tale «deritmia» è essa stessa soltanto un caso particolare
di disarmonia o di squilibrio nella costituzione dell’individuo; e si può dire
in via generale che tutte le anomalie corporali che sono il segno di uno
squilibrio più o meno accentuato, se non sono sempre necessariamente degli
impedimenti assoluti (giacché a tal proposito ci sono evidentemente molti gradi
da osservare), sono come minimo indici sfavorevoli in un candidato
all’iniziazione. Può d’altronde accadere che anomalie del genere ‑ le quali non
sono infermità vere e proprie ‑ non siano di natura tale da opporsi
all’esecuzione del lavoro rituale, ma che tuttavia, se raggiungono un grado di
gravità indicante uno squilibrio profondo e irrimediabile, siano di per sé
sufficienti a squalificare il candidato, secondo quanto abbiamo già spiegato in
precedenza. Di questo tipo sono, per esempio, le dissimmetrie ragguardevoli del
volto e delle membra; ma, beninteso, quando si tratti soltanto di dissimmetrie
molto leggere, esse non potranno neppure essere considerate come vere anomalie,
giacché di fatto non c’è senza dubbio nessuno che presenti in ogni punto una
simmetria corporea esatta. Quest’ultimo fatto può del resto essere interpretato
come un segno che, per lo meno nello stato attuale dell’umanità, nessun
individuo è perfettamente equilibrato sotto tutti gli aspetti; e in effetti la
realizzazione del perfetto equilibrio dell’individualità ‑ poiché comporta la
neutralizzazione completa di tutte le tendenze opposte che agiscono in essa, e
di conseguenza la fissazione nel suo proprio centro, unico punto in cui le
opposizioni cessano di manifestarsi ‑ equivale con ciò stesso in modo puro e
semplice alla restaurazione dello «stato primordiale». Si vede dunque che non è
il caso di esagerare, e che se ci sono individui qualificati per l’iniziazione,
essi lo sono nonostante un certo tipo di squilibrio relativo, il quale è inevitabile,
ma che proprio l’iniziazione potrà e dovrà attenuare se produce un risultato
effettivo, e addirittura far scomparire se arriva a spingersi fino al grado che
corrisponde alla perfezione delle possibilità individuali, vale a dire, come
spiegheremo ulteriormente più avanti, fino al termine dei «piccoli misteri» [10].
Dobbiamo ancora far notare che esistono certi difetti i
quali, senza essere tali da opporsi a un’iniziazione virtuale, possono
impedirle di diventare effettiva; è ovvio del resto che è soprattutto a questo
proposito che occorrerà tener conto delle differenze di metodo che esistono tra
le diverse forme iniziatiche; ma in ogni caso si dovranno tener presenti
condizioni di questo tipo quando si intenderà passare dallo «speculativo»
all’«operativo». Uno dei casi più generali di quest’ordine sarà in particolare
quello dei difetti che ‑ come talune deviazioni della colonna vertebrale ‑
nuocciono alla normale circolazione delle correnti sottili nell’organismo; è
appena il caso, infatti, di ricordare il ruolo importante che hanno queste
correnti nella maggior parte dei processi di realizzazione, a partire
dall’inizio vero e proprio e fintantoché non siano superate le possibilità
individuali. È il caso di aggiungere, per evitare qualsiasi malinteso in proposito,
che se la messa in azione di tali correnti è attuata in modo cosciente in certi
metodi[11], ce ne sono altri in cui così non avviene, ma nei quali tuttavia questa azione
esiste in modo non meno effettivo ed è in realtà non meno importante; un esame
approfondito di certe particolarità rituali, per esempio di taluni «segni di
riconoscimento» (i quali sono nello stesso tempo anche tutt’altro quando siano
veramente capiti) potrebbe fornire in proposito indicazioni chiarissime, anche
se certamente inattese per chi non è abituato a guardare le cose da questo
punto di vista, che è propriamente quello della «tecnica» iniziatica.
Poiché non vogliamo
dilungarci, ci accontenteremo di questi esempi. senza dubbio non molto
numerosi, ma scelti di proposito fra quelli che corrispondono ai casi più
caratteristici e più istruttivi, in maniera da far capire nel miglior modo
possibile ciò di cui si tratta veramente; tutto sommato sarebbe poco utile, se
non addirittura fastidioso, moltiplicarli indefinitamente. Se abbiamo insistito
tanto sull’aspetto corporale delle qualificazioni iniziatiche è perché esso è
certamente quello che rischia di apparire meno evidente agli occhi di molti,
quello che i nostri contemporanei sono generalmente più propensi a
disconoscere, e perciò quello sul quale ci sono più ragioni per attirare la
loro attenzione in modo particolare. E anche perché ci dava l’occasione di far
vedere nuovamente, con tutta l’incisività necessaria, quanto ciò che si
riferisce all’iniziazione sia lontano dalle semplici teorie più o meno vaghe
che vorrebbero scorgervi tante persone che, per un effetto troppo comune della
confusione moderna, hanno la pretesa di parlare di cose di cui non hanno la
minima conoscenza reale, ma che tanto più facilmente credono di poter «ricostruire»
secondo il capriccio della loro immaginazione; e, per finire, è particolarmente
facile rendersi conto, con l’aiuto di considerazioni «tecniche» di questo
genere, che l’iniziazione è una cosa del tutto diversa dal misticismo e che non
può veramente avere il minimo rapporto con esso.
[1] Di qui la scienza che, nella tradizione islamica, è indicata con il nome di ilm-ul-firâsh.
[2] Riguardo a tutte queste questioni, cfr. Il
Regno della Quantità e i Segni dei Tempi.
[3] Nell’antichità esistettero anzi forme iniziatiche esclusivamente femminili.
[4] Su questo argomento ritorneremo più avanti, trattando della questione
dell’iniziazione sacerdotale e dell’iniziazione regale.
[5] I principi sui quali si fondano i rapporti tra iniziazione e mestiere sono
stati da noi esposti nel Regno della
Quantità e i Segni dei Tempi, cap. VIII.
[6] Tali landmarks sono considerati
esistenti from time immemorial, il
che equivale a dire che è impossibile assegnar loro un’origine storica
definita.
[7] Volendo dare un esempio preciso in questa materia, non si vede infatti come
l’infermità della balbuzie potrebbe disturbare un costruttore nell’esercizio
del suo mestiere.
[8] In particolare questo si verifica per quella che nel secolo XVIII era chiamata
la regola della lettera B, vale a dire per gli impedimenti costituiti, sia
dall’una che dall’altra parte, da una, serie di infermità o di difetti
corporali i cui nomi in francese ‑ per una coincidenza piuttosto curiosa ‑
incominciano tutti con la lettera B.
[9] Come abbiamo fatto notare in precedenza, questo è d’altronde il solo caso in
cui possano essere richieste particolari qualificazioni in un’organizzazione
tradizionale di tipo exoterico.
[10] Abbiamo segnalato in altra sede, a proposito delle descrizioni dell’Anticristo ‑
e in particolare per ciò che riguarda le dissimmetrie corporee ‑, che talune
squalificazioni iniziatiche di questo genere possono al contrario costituire
delle qualificazioni agli occhi della «contro-iniziazione» (Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi,
cap. XXXIX).
[11] In particolare nel metodi «tantrici» ai quali ci siamo già riferiti in una nota
precedente.
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