"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

venerdì 14 marzo 2014

René Guénon, La crisi del mondo moderno. Cap. 9 - Qualche conclusione

René Guénon
La crisi del mondo moderno

Cap. 9 - Qualche conclusione

In questo studio, abbiamo voluto mostrare soprattutto come l’applicazione dei dati tradizionali permetta: di risolvere le questioni che attualmente si pongono nella maniera più immediata, di spiegare lo stato presente dell’umanità terrena e contemporaneamente di giudicare tutto ciò che costituisce propriamente la civiltà moderna in base alla verità e non secondo delle regole convenzionali o delle preferenze sentimentali.
D’altronde, non abbiamo avuto la pretesa di esaurire l’argomento, di trattarlo nei minimi particolari, né di svilupparlo completamente in tutti i suoi aspetti senza dimenticarne alcuno; del resto, i principi a cui ci ispiriamo costantemente ci obbligano a presentare delle vedute essenzialmente sintetiche e non analitiche come quelle del sapere «profano»; ma queste vedute, proprio perché sono sintetiche, si spingono assai lontano in direzione di una vera spiegazione, molto più di quanto accada per un’analisi qualunque, la quale non ha in realtà che un semplice valore descrittivo. In tutti i casi, riteniamo di aver detto abbastanza per permettere, a coloro che sono in grado di comprendere, di trarre da sé almeno una parte delle conseguenze contenute implicitamente in ciò che abbiamo esposto; e costoro si persuadano che questo lavoro sarà di ben altro profitto che una lettura che non lascerebbe alcun posto alla riflessione ed alla meditazione; per le quali invece noi abbiamo voluto fornire solo un punto di partenza appropriato, un appoggio sufficiente per elevarsi al di sopra della vana moltitudine delle opinioni individuali.
Ci restano da dire poche parole su ciò che potremmo chiamare la portata pratica di un tale studio; se ci fossimo attenuti alla pura dottrina metafisica, questa portata avremmo anche potuto trascurarla o disinteressarcene, dato che in rapporto alla metafisica pura ogni applicazione non è che contingenza ed accidente; ma, in questo caso, è proprio di applicazioni che si tratta. D’altronde, queste ultime, al di fuori di ogni punto di vista pratico, hanno una doppia ragion d’essere: esse sono le conseguenze legittime dei principi, il normale sviluppo di una dottrina che, essendo una ed universale, deve abbracciare tutti gli ordini della realtà, senza eccezioni; e, in pari tempo, esse sono anche, almeno per alcuni, un mezzo preparatorio per elevarsi ad una conoscenza superiore, così come abbiamo spiegato a proposito della «scienza sacra». Inoltre, quando si è nel dominio delle applicazioni, è permesso considerarle anche in se stesse e secondo il loro specifico valore, fermo restando che questo non deve mai condurre a perdere di vista il loro collegamento con i principi; giacché questo pericolo è assai reale, visto che è proprio da qui che deriva la degenerazione che ha dato vita alla «scienza profana»; mentre esso è inesistente per coloro che sanno che tutto deriva e dipende interamente dalla pura intellettualità e ciò che non deriva coscientemente da essa non può essere che illusorio.
Come abbiamo ormai ripetuto molto spesso, tutto deve iniziare con la conoscenza; e ciò che sembra essere il più lontano dall’ordine pratico si trova comunque ad essere il più efficace in questo stesso ordine, poiché si tratta di qualcosa senza il quale è impossibile compiere alcunché di realmente valido, se non una vana e superficiale agitazione; e ciò vale in questo come in qualsiasi altro caso.
Per tornare in particolare alla questione in argomento, possiamo dunque dire che, se tutti gli uomini comprendessero che cos’è veramente il mondo moderno, ben presto questo cesserebbe d’esistere, poiché la sua esistenza, al pari di quella dell’ignoranza e di tutto ciò che è limitazione, è puramente negativa; essa sussiste solamente in forza della negazione della verità tradizionale e sopra-umana. In tal modo, questo cambiamento si produrrebbe senza alcuna catastrofe, cosa questa che sembra quasi impossibile per tutt’altra via; abbiamo dunque torto quando affermiamo che una tale conoscenza è suscettibile di conseguenze pratiche veramente incalcolabili? Per altro verso, però, appare sfortunatamente molto difficile ammettere che tutti possano giungere a questa conoscenza, dalla quale la maggior parte degli uomini è certamente più lontana di quanto sia mai accaduto; vero è che una cosa del genere non è per niente necessaria, poiché basta un’élite poco numerosa, ma costituita assai saldamente, per dare una direzione alla massa, che obbedirebbe alle sue suggestioni senza neanche avere la minima idea della sua esistenza e dei suoi mezzi d’azione; ora, la effettiva costituzione di una tale élite è ancora possibile in Occidente?
Non è nostra intenzione ritornare su quello che abbiamo detto in altra sede circa il ruolo dell’élite intellettuale nelle diverse circostanze che è possibile intravedere come probabili in un avvenire più o meno imminente; per cui ci limiteremo alle seguenti considerazioni. Quale che sia il modo con cui si compie il cambiamento che costituisce quello che si può chiamare il passaggio da un mondo ad un altro, si tratti di cicli più estesi o meno estesi e indipendentemente dal fatto che si presentino o meno le apparenze di una brusca rottura, questo cambiamento non implica mai una discontinuità assoluta, poiché vi è una concatenazione causale che collega tutti i cicli fra loro. L’élite di cui parliamo, se riuscisse a costituirsi ancora in tempo, potrebbe preparare il cambiamento in maniera tale che esso si produca nelle condizioni più favorevoli, di modo che il disordine che l’accompagna inevitabilmente potrebbe essere in qualche modo ridotto al minimo; ma, anche se non fosse così, essa avrebbe sempre da assolvere un altro compito, ancora più importante, quello di contribuire alla conservazione di ciò che deve sopravvivere al mondo attuale e deve servire all’edificazione del mondo futuro. È evidente che per preparare la risalita non bisogna per forza attendere che la discesa sia finita, visto che si sa che questa risalita avrà luogo necessariamente, perfino se non si potesse evitare che la discesa sfoci in qualche cataclisma; così stando le cose, in tutti i casi il lavoro effettuato non andrebbe perduto: non potrebbe esserlo né per quanto riguarda i benefici che l’élite ne trarrebbe per se stessa né per quanto attiene ai risultati relativi all’intera umanità.
Ora, ecco in che modo è opportuno considerare le cose: nelle civiltà orientali l’élite esiste ancora e, pur ammettendo che andrà via via riducendosi a fronte dell’invasione moderna, continuerà ad esistere fino alla fine, perché è necessario che sia così allo scopo di conservare il deposito della tradizione che non potrebbe perire ed allo scopo di assicurare la trasmissione di tutto ciò che dev’essere conservato. In Occidente, invece, l’élite oggi non esiste più; ci si può dunque chiedere se essa si riformerà prima della fine della nostra epoca, il che equivale col chiedersi se il mondo occidentale, malgrado la sua deviazione, avrà una parte in questa conservazione ed in questa trasmissione; se non si verificherà una tale eventualità si avrà di conseguenza la sparizione totale della sua civiltà, poiché questa non conterrà più alcun elemento utilizzabile per l’avvenire, visto che sarà sparita ogni traccia dello spirito tradizionale. La questione, così posta, può non avere che un’importanza molto secondaria in ordine al risultato finale; tuttavia essa presenta ugualmente un certo interesse da un punto di vista relativo, punto di vista che noi dobbiamo prendere in considerazione dal momento che abbiamo deciso di tener conto delle particolari condizioni del periodo in cui viviamo. In linea di principio, ci si potrebbe accontentare di rilevare che questo mondo occidentale è, malgrado tutto, una parte dell’insieme da cui sembra essersi staccato a partire dall’inizio dei tempi moderni, e che, nell’ultima integrazione del ciclo, tutte le parti in qualche modo devono ritrovarsi; ma ciò non implica necessariamente una restaurazione preliminare della tradizione occidentale, poiché questa può benissimo conservarsi, alla sua stessa fonte, allo stato di possibilità permanente e indipendentemente dalla forma speciale che ha rivestito in un dato momento. Peraltro, qui ci limitiamo a delle semplici indicazioni, poiché, per comprendere a pieno tale questione, occorrerebbe far intervenire la considerazione dei rapporti esistenti fra la tradizione primordiale e le tradizioni subordinate, cosa che non possiamo pensare di fare in questa sede. Comunque, una eventualità siffatta corrisponde al caso più sfavorevole per il mondo occidentale preso di per sé, ed il suo stato attuale può far temere che si tratti proprio del caso che si realizzerà effettivamente; tuttavia, noi abbiamo detto che vi sono dei segni che permettono di pensare che la speranza di una soluzione migliore non è ancora andata perduta definitivamente.
Esiste oggi, in Occidente, un numero più grande di quel che si crede di uomini che incominciano a prendere coscienza di ciò che manca alla loro civiltà; e se costoro si limitano a delle imprecise aspirazioni e a delle ricerche molto spesso sterili, ed accade persino che siano completamente fuorviati, ciò è dovuto al fatto che mancano loro dei dati reali che nulla può sostituire e che non esiste alcuna organizzazione che possa fornire loro la necessaria direzione dottrinale. Beninteso, non ci riferiamo a coloro che sono riusciti a trovare questa direzione presso le tradizioni orientali e che, per ciò stesso, sono intellettualmente al di fuori del mondo occidentale; costoro, infatti, che peraltro possono essere annoverati solo fra i casi eccezionali, non potrebbero minimamente far parte integrante di una élite occidentale; in realtà essi sono un prolungamento delle élite orientali e potrebbero divenire un elemento di collegamento fra queste ultime e l’élite occidentale, il giorno in cui questa riuscisse a costituirsi; ma tale élite, in qualche modo per definizione, può essere solo costituita tramite un’iniziativa specificamente occidentale, ed è in questo che risiede tutta la difficoltà. Questa iniziativa può realizzarsi solo in due modi: o l’Occidente trova i mezzi in se stesso per operare un ritorno diretto alla sua tradizione, ritorno che equivarrebbe ad un risveglio spontaneo delle possibilità latenti; o alcuni elementi occidentali compiono questo lavoro di restaurazione con l’aiuto di una certa conoscenza delle dottrine orientali, conoscenza che tuttavia non potrà essere per loro assolutamente immediata, visto che devono rimanere degli occidentali; ma che potrà essere ottenuta per una sorta di influenza di secondo grado, esercitata attraverso degli intermediari come quelli di cui abbiamo appena parlato. La prima di queste due ipotesi è assai poco verosimile, poiché essa implica che in Occidente esista almeno un posto in cui lo spirito tradizionale si sia conservato integralmente, e noi abbiamo detto che, nonostante certe affermazioni, questa esistenza ci sembra estremamente dubbia; ne consegue che è la seconda ipotesi che merita di essere presa in considerazione.
In tal caso, anche se non si tratta di una necessità assoluta, sarebbe opportuno che questa élite in formazione prendesse come punto d’appoggio una organizzazione occidentale avente già un’esistenza effettiva; ora sembra proprio che in Occidente non sia rimasta che una sola organizzazione che possiede un carattere tradizionale e che conserva una dottrina suscettibile di fornire al lavoro in questione una base appropriata: ed è la Chiesa cattolica. Senza nulla cambiare della forma religiosa sotto la quale essa si presenta al di fuori, basterebbe restituire alla dottrina cattolica il significato profondo che essa ha realmente, ma di cui i suoi rappresentanti attuali sembrano non avere più coscienza, come sembra che non abbiano più coscienza della sua unità essenziale con le altre forme tradizionali; e d’altronde le due cose sono inseparabili. Si otterrebbe così la realizzazione del Cattolicesimo nel vero senso della parola, visto che etimologicamente questo termine esprime l’idea di «universalità», cosa che dimenticano un po’ troppo coloro che vorrebbero farne solo la denominazione esclusiva di una forma speciale e puramente occidentale senza alcun effettivo legame con le altre tradizioni; e si può dire che, nello stato attuale delle cose, il Cattolicesimo ha solo un’esistenza virtuale, poiché non vi si ritrova la coscienza dell’universalità; ma è parimenti vero che l’esistenza di una organizzazione che porta un tal nome è indice di una base possibile per una restaurazione dello spirito tradizionale nella sua completa accezione, tanto più che, nel Medio Evo, essa è già servita al mondo occidentale da supporto per questo stesso spirito. In definitiva, si tratterebbe solo di una ricostituzione di ciò che è già esistito prima della deviazione moderna, con gli adattamenti necessari alle condizioni di un’altra epoca; e se certuni si meraviglieranno o protesteranno contro una simile idea, è perché essi stessi, a loro insaputa e forse loro malgrado, sono imbevuti dello spirito moderno al punto tale da aver completamente perduto il senso di una tradizione di cui conservano solo l’involucro. Sarebbe importante sapere se il formalismo della «lettera», che è sempre una delle varietà del «materialismo» come lo abbiamo definito prima, ha definitivamente soffocato la spiritualità, o se quest’ultima si è solo oscurata momentaneamente e può risvegliarsi ancora all’interno della stessa organizzazione esistente; ma solo gli avvenimenti che seguiranno potranno permettere di rendersene conto.
D’altronde, è anche possibile che questi stessi avvenimenti, presto o tardi, impongano ai dirigenti della Chiesa cattolica, come una necessità ineluttabile, ciò di cui essi non comprenderanno direttamente l’importanza dal punto di vista dell’intellettualità pura; e sarebbe sicuramente spiacevole se, per indurli a riflettere, occorressero delle circostanze talmente contingenti come quelle derivanti dal dominio politico, considerate al di fuori di ogni principio superiore; tuttavia, bisogna pur ammettere che l’occasione di uno sviluppo delle possibilità latenti dev’essere offerta a ciascuno dai mezzi che sono più alla portata della sua comprensione attuale. È questo il motivo che ci induce ad affermare che: di fronte all’aggravarsi di un disordine che si generalizza sempre più, è il caso di appellarsi a tutte le forze spirituali che ancora esercitano un’azione nel mondo esteriore, sia in Occidente che in Oriente; e da parte occidentale noi non vediamo altri che la Chiesa cattolica. Se, in tal modo, questa potesse entrare in contatto con i rappresentanti delle tradizioni orientali, potremmo solo felicitarci per questo primo risultato, che potrebbe rappresentare proprio il punto di partenza per ciò che noi abbiamo in vista, poiché indubbiamente ci si renderebbe subito conto che un’intesa semplicemente esteriore e «diplomatica» è illusoria e non può condurre alle conseguenze volute, di modo che occorrerebbe giungere esattamente a ciò con cui si sarebbe dovuto normalmente cominciare, vale a dire alla considerazione dell’accordo sui principi, accordo la cui condizione necessaria e sufficiente è che i rappresentanti dell’Occidente riprendano veramente coscienza di questi principi, come è sempre stato per quelli dell’Oriente. La vera intesa, lo ripetiamo ancora una volta, può effettuarsi solo dall’alto e dall’interno e quindi nel dominio che si può chiamare indifferentemente intellettuale o spirituale, visto che per noi questi due termini hanno in fondo lo stesso significato; in un secondo momento, partendo da lì, l’intesa verrebbe a stabilirsi necessariamente anche in tutti gli altri domini, esattamente come quando posto un principio non resta che dedurre, o piuttosto «esplicitare», tutte le conseguenze che in esso sono implicite. In questo senso è possibile che si presenti un solo ostacolo: quello del proselitismo occidentale, il quale non si decide ad ammettere che talvolta si devono avere degli «alleati» che non siano dei «sudditi»; o, per essere più esatti, quello del difetto di comprensione di cui questo proselitismo non è che uno degli effetti; sarà superato questo ostacolo? Se la risposta sarà no, l’élite, per costituirsi, potrà solo contare sullo sforzo di coloro che sono qualificati per la loro capacità intellettuale, al di fuori di ogni ambiente definito, e naturalmente potrà contare anche sull’aiuto dell’Oriente; il suo lavoro sarà reso più difficile e la sua azione non si potrà esercitare che a più lunga scadenza, poiché dovrà creare da sé tutti gli strumenti, invece di trovarseli pronti come nell’altro caso; ma noi non pensiamo minimamente che queste difficoltà, per grandi che possano essere, siano di natura tale da impedire che si compia ciò, che in un modo o nell’altro, dev’essere compiuto.
Riteniamo dunque opportuno affermare anche che, nel mondo occidentale, vi sono oggi degli indizi certi di un movimento che è ancora impreciso, ma che può e deve anzi sfociare normalmente nella ricostituzione di una élite intellettuale, a meno che non sopraggiunga rapidamente un cataclisma che gli impedisca di svilupparsi fino in fondo. Vi è appena bisogno di dire che la Chiesa, in relazione al suo ruolo futuro, avrebbe tutto l’interesse a precedere in qualche modo un tale movimento, piuttosto che lasciare che le cose si compiano senza di essa e piuttosto che essere costretta a seguirlo tardivamente per mantenere un’influenza che minaccerebbe di sfuggirle.
Non c’è bisogno di porsi da un punto di vista molto elevato e difficilmente accessibile per comprendere che, in definitiva, sarebbe proprio la Chiesa a trarre i maggiori benefici nell’assumere un comportamento che, ben lungi dall’esigere il minimo compromesso dottrinale, le permetterebbe invece di sbarazzarsi di ogni infiltrazione dello spirito moderno, per di più, senza dover modificare alcunché all’esterno. Sarebbe abbastanza paradossale vedere realizzato il Cattolicesimo integrale senza il concorso della Chiesa cattolica, la quale allora si verrebbe forse a trovare nella singolare condizione di dover accettare di essere difesa, dagli attacchi più terribili da essa mai subiti, da degli uomini che i suoi dirigenti, o almeno coloro che questi lasciano parlare in loro nome, avrebbero inizialmente cercato di screditare gettando su di essi i sospetti più infondati; e da parte nostra ci rammaricheremmo se questo accadesse; ma se si vuole che le cose non giungano a tal punto, per coloro che hanno le più gravi responsabilità in forza della loro posizione è tempo di agire in piena conoscenza di causa e di non permettere più che dei tentativi che possono avere delle conseguenze della più alta importanza rischino di trovarsi impediti dall’incomprensione o dalla malevolenza di alcune individualità più o meno subalterne; cosa che è già accaduta e che mostra, ancora una volta, a qual punto il disordine regni oggi dappertutto.
Prevediamo facilmente che non deriverà alcuna gratitudine da questi nostri avvertimenti, che noi esprimiamo in piena indipendenza ed in modo del tutto disinteressato; poco importa: noi continueremo comunque a dire ciò che dev’essere detto, quando si renderà necessario e nella forma che giudicheremo la più idonea per le circostanze. Queste nostre considerazioni sono il compendio delle conclusioni a cui siamo stati condotti da certe «esperienze» molto recenti, intraprese, naturalmente, su un piano puramente intellettuale; esperienze sulle quali, almeno per il momento, non scenderemo in particolari, i quali, in fondo, sarebbero poco interessanti; ma possiamo affermare che, in ciò che precede, non vi è una sola parola da noi scritta senza prima aver riflettuto a lungo. È bene che si sappia che sarebbe perfettamente inutile cercare di opporre a tutto questo delle arguzie filosofiche che vogliamo ignorare; noi parliamo seriamente di cose serie, non abbiamo tempo da perdere in discussioni verbali che per noi non hanno alcun interesse, ed intendiamo rimanere del tutto estranei ad ogni polemica, ad ogni diatriba di scuola o di partito, esattamente come rifiutiamo assolutamente che ci si applichi una qualunque etichetta occidentale, poiché non ve n’è nessuna che ci si addica; le cose stanno così, anche se questo potrà piacere o dispiacere a certuni, e niente potrà far cambiare questo nostro atteggiamento.
Ci resta adesso da rivolgere un avvertimento anche a coloro che, per la loro idoneità ad una comprensione superiore, se non per il grado di conoscenza effettivamente raggiunto, sembrano destinati a diventare elementi di questa possibile élite. Non c’è dubbio che lo spirito moderno, che è veramente «diabolico» in tutti i sensi, si sforza con ogni mezzo per impedire che questi elementi, oggi isolati e dispersi, riescano ad acquisire quella coesione necessaria per esercitare un’azione reale sulla mentalità generale; ne consegue che coloro che hanno già preso coscienza, più o meno completamente, dello scopo verso il quale devono tendere i loro sforzi, non devono lasciarsi fuorviare dalle difficoltà, quali che siano, che si ergono davanti a loro. Coloro che non sono ancora giunti al punto a partire dal quale una infallibile direzione non permette più di scostarsi dalla retta via, hanno sempre da temere le deviazioni più gravi; è dunque necessaria la più grande prudenza, e diciamo volentieri che questa dev’essere spinta fino alla diffidenza, poiché l’«avversario», che fino a questo punto non è definitivamente vinto, sa assumere le forme più diverse e talvolta le più inattese. Accade che coloro che credono di essere sfuggiti al «materialismo» moderno vengano assorbiti da delle cose che, mentre sembrano opporsi ad esso, in realtà sono poi dello stesso ordine; e vista la conformazione mentale degli Occidentali, a questo proposito è opportuno metterli in guardia in modo particolare nei confronti dell’attrazione che possono esercitare su di loro i «fenomeni» più o meno straordinari; è da qui che derivano in gran parte tutti gli errori «neo-spiritualisti», ed è prevedibile che questo pericolo si aggravi ulteriormente, poiché le forze oscure che alimentano il disordine attuale trovano in ciò uno dei loro più potenti mezzi d’azione. È anche probabile che non si sia più tanto lontani dall’epoca alla quale si riferisce la seguente predizione evangelica, da noi ricordata già altrove: «… perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e portenti per ingannare, se fosse possibile, anche gli eletti.». Gli «eletti», come indica la stessa parola, sono coloro che fanno parte dell’«élite» intesa nella pienezza del suo vero significato; d’altronde, lo diciamo con l’occasione, è per questo che noi teniamo a questo termine «élite», nonostante l’abuso che se ne è fatto nel mondo «profano»; e questi eletti non possono essere ingannati, in virtù della «realizzazione» interiore alla quale sono pervenuti; ma non è lo stesso per coloro che, avendo in sé solo delle possibilità di conoscenza, sono propriamente solo dei «chiamati»; ed è per questo che il Vangelo dice che vi sono «molti chiamati, ma pochi eletti».
Noi entriamo in un tempo in cui diverrà particolarmente difficile «distinguere il grano dal loglio», ed effettuare realmente ciò che i teologi chiamano il «discernimento degli spiriti», a causa delle manifestazioni disordinate che via via si intensificheranno e si moltiplicheranno ed anche a causa della mancanza di vera conoscenza in coloro la cui funzione normale dovrebbe essere quella di guidare gli altri e che invece oggi sono troppo spesso delle «guide cieche». Si vedrà allora se, in simili circostanze, le sottigliezze dialettiche saranno di una qualche utilità, e se basterà una «filosofia», foss’anche la migliore possibile, per arrestare lo scatenamento delle «potenze infernali»; ed anche questa è una di quelle illusioni dalla quale certuni devono difendersi, poiché vi è troppa gente che, ignorando che cos’è la pura intellettualità, immagina che una conoscenza semplicemente filosofica sia capace di rimediare a tutto e di operare il raddrizzamento della mentalità contemporanea, quando invece una conoscenza del genere, perfino nei casi più favorevoli, è appena l’ombra della conoscenza vera; e ve ne sono anche di quelli che credono di trovare nella stessa scienza moderna un mezzo per elevarsi verso delle verità superiori, quando invece questa scienza è precisamente fondata sulla negazione di queste verità. Tutte queste illusioni sono altrettante cause di fuorviamento, e in tal guisa tanti sforzi sono effettuati in pura perdita: è così che molti di quelli che vorrebbero sinceramente reagire contro lo spirito moderno vengono ridotti all’impotenza, perché, non avendo saputo trovare i principi essenziali senza i quali ogni azione è assolutamente vana, si sono lasciati trascinare entro dei vicoli ciechi da cui non è più possibile uscire.
Coloro che riusciranno a vincere tutti questi ostacoli e a trionfare dell’ostilità di un ambiente opposto ad ogni spiritualità, saranno indubbiamente poco numerosi; ma, ancora una volta, non è il numero che importa, poiché stiamo parlando di un dominio le cui leggi sono del tutto diverse da quelle della materia. Non è dunque il caso di disperare; e se non vi fosse neanche la speranza di giungere ad un risultato sensibile prima che il mondo moderno piombi in qualche catastrofe, questa non sarebbe comunque una ragione valida per non intraprendere un’opera la cui portata si estende ben al di là dell’epoca attuale. Coloro che fossero tentati di cedere allo scoraggiamento, devono pensare che niente di ciò che è compiuto in quest’ordine potrà mai andare perduto, e che il disordine, l’errore e l’oscurità non possono averla vinta che in apparenza ed in maniera del tutto momentanea, poiché tutti gli squilibri parziali e transitori devono necessariamente concorrere al grande equilibrio totale e niente potrebbe infine prevalere contro la potenza della verità; la loro divisa deve essere quella adottata altre volte da certe organizzazioni iniziatiche dell’Occidente: Vincit omnia Veritas.

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