La crisi del mondo moderno
Cap. 9 - Qualche conclusione
In questo studio, abbiamo voluto mostrare soprattutto come l’applicazione dei dati tradizionali permetta: di risolvere le questioni che attualmente si pongono nella maniera più immediata, di spiegare lo stato presente dell’umanità terrena e contemporaneamente di giudicare tutto ciò che costituisce propriamente la civiltà moderna in base alla verità e non secondo delle regole convenzionali o delle preferenze sentimentali.
D’altronde, non abbiamo avuto la pretesa di esaurire l’argomento, di trattarlo nei minimi particolari, né di svilupparlo completamente in tutti i suoi aspetti senza dimenticarne alcuno; del resto, i principi a cui ci ispiriamo costantemente ci obbligano a presentare delle vedute essenzialmente sintetiche e non analitiche come quelle del sapere «profano»; ma queste vedute, proprio perché sono sintetiche, si spingono assai lontano in direzione di una vera spiegazione, molto più di quanto accada per un’analisi qualunque, la quale non ha in realtà che un semplice valore descrittivo. In tutti i casi, riteniamo di aver detto abbastanza per permettere, a coloro che sono in grado di comprendere, di trarre da sé almeno una parte delle conseguenze contenute implicitamente in ciò che abbiamo esposto; e costoro si persuadano che questo lavoro sarà di ben altro profitto che una lettura che non lascerebbe alcun posto alla riflessione ed alla meditazione; per le quali invece noi abbiamo voluto fornire solo un punto di partenza appropriato, un appoggio sufficiente per elevarsi al di sopra della vana moltitudine delle opinioni individuali.
Ci restano da dire poche parole su ciò che potremmo chiamare
la portata pratica di un tale studio; se ci fossimo attenuti alla pura dottrina
metafisica, questa portata avremmo anche potuto trascurarla o
disinteressarcene, dato che in rapporto alla metafisica pura ogni applicazione
non è che contingenza ed accidente; ma, in questo caso, è proprio di
applicazioni che si tratta. D’altronde, queste ultime, al di fuori di ogni
punto di vista pratico, hanno una doppia ragion d’essere: esse sono le
conseguenze legittime dei principi, il normale sviluppo di una dottrina che,
essendo una ed universale, deve abbracciare tutti gli ordini della realtà,
senza eccezioni; e, in pari tempo, esse sono anche, almeno per alcuni, un mezzo
preparatorio per elevarsi ad una conoscenza superiore, così come abbiamo
spiegato a proposito della «scienza sacra». Inoltre, quando si è nel dominio
delle applicazioni, è permesso considerarle anche in se stesse e secondo il
loro specifico valore, fermo restando che questo non deve mai condurre a
perdere di vista il loro collegamento con i principi; giacché questo pericolo è
assai reale, visto che è proprio da qui che deriva la degenerazione che ha dato
vita alla «scienza profana»; mentre esso è inesistente per coloro che sanno che
tutto deriva e dipende interamente dalla pura intellettualità e ciò che non
deriva coscientemente da essa non può essere che illusorio.
Come abbiamo ormai ripetuto molto spesso, tutto deve
iniziare con la conoscenza; e ciò che sembra essere il più lontano dall’ordine
pratico si trova comunque ad essere il più efficace in questo stesso ordine,
poiché si tratta di qualcosa senza il quale è impossibile compiere alcunché di
realmente valido, se non una vana e superficiale agitazione; e ciò vale in
questo come in qualsiasi altro caso.
Per tornare in particolare alla questione in argomento,
possiamo dunque dire che, se tutti gli uomini comprendessero che cos’è
veramente il mondo moderno, ben presto questo cesserebbe d’esistere, poiché la
sua esistenza, al pari di quella dell’ignoranza e di tutto ciò che è
limitazione, è puramente negativa; essa sussiste solamente in forza della
negazione della verità tradizionale e sopra-umana. In tal modo, questo
cambiamento si produrrebbe senza alcuna catastrofe, cosa questa che sembra
quasi impossibile per tutt’altra via; abbiamo dunque torto quando affermiamo
che una tale conoscenza è suscettibile di conseguenze pratiche veramente incalcolabili?
Per altro verso, però, appare sfortunatamente molto difficile ammettere che
tutti possano giungere a questa conoscenza, dalla quale la maggior parte degli
uomini è certamente più lontana di quanto sia mai accaduto; vero è che una cosa
del genere non è per niente necessaria, poiché basta un’élite poco numerosa, ma
costituita assai saldamente, per dare una direzione alla massa, che obbedirebbe
alle sue suggestioni senza neanche avere la minima idea della sua esistenza e
dei suoi mezzi d’azione; ora, la effettiva costituzione di una tale élite è
ancora possibile in Occidente?
Non è nostra intenzione ritornare su quello che abbiamo
detto in altra sede circa il ruolo dell’élite intellettuale nelle diverse
circostanze che è possibile intravedere come probabili in un avvenire più o
meno imminente; per cui ci limiteremo alle seguenti considerazioni. Quale che
sia il modo con cui si compie il cambiamento che costituisce quello che si può
chiamare il passaggio da un mondo ad un altro, si tratti di cicli più estesi o
meno estesi e indipendentemente dal fatto che si presentino o meno le apparenze
di una brusca rottura, questo cambiamento non implica mai una discontinuità
assoluta, poiché vi è una concatenazione causale che collega tutti i cicli fra
loro. L’élite di cui parliamo, se riuscisse a costituirsi ancora in tempo,
potrebbe preparare il cambiamento in maniera tale che esso si produca nelle
condizioni più favorevoli, di modo che il disordine che l’accompagna
inevitabilmente potrebbe essere in qualche modo ridotto al minimo; ma, anche se
non fosse così, essa avrebbe sempre da assolvere un altro compito, ancora più
importante, quello di contribuire alla conservazione di ciò che deve
sopravvivere al mondo attuale e deve servire all’edificazione del mondo futuro.
È evidente che per preparare la risalita non bisogna per forza attendere che la
discesa sia finita, visto che si sa che questa risalita avrà luogo
necessariamente, perfino se non si potesse evitare che la discesa sfoci in
qualche cataclisma; così stando le cose, in tutti i casi il lavoro effettuato
non andrebbe perduto: non potrebbe esserlo né per quanto riguarda i benefici
che l’élite ne trarrebbe per se stessa né per quanto attiene ai risultati
relativi all’intera umanità.
Ora, ecco in che modo è opportuno considerare le cose: nelle
civiltà orientali l’élite esiste ancora e, pur ammettendo che andrà via via
riducendosi a fronte dell’invasione moderna, continuerà ad esistere fino alla
fine, perché è necessario che sia così allo scopo di conservare il deposito
della tradizione che non potrebbe perire ed allo scopo di assicurare la
trasmissione di tutto ciò che dev’essere conservato. In Occidente, invece,
l’élite oggi non esiste più; ci si può dunque chiedere se essa si riformerà
prima della fine della nostra epoca, il che equivale col chiedersi se il mondo
occidentale, malgrado la sua deviazione, avrà una parte in questa conservazione
ed in questa trasmissione; se non si verificherà una tale eventualità si avrà
di conseguenza la sparizione totale della sua civiltà, poiché questa non
conterrà più alcun elemento utilizzabile per l’avvenire, visto che sarà sparita
ogni traccia dello spirito tradizionale. La questione, così posta, può non
avere che un’importanza molto secondaria in ordine al risultato finale; tuttavia
essa presenta ugualmente un certo interesse da un punto di vista relativo,
punto di vista che noi dobbiamo prendere in considerazione dal momento che
abbiamo deciso di tener conto delle particolari condizioni del periodo in cui
viviamo. In linea di principio, ci si potrebbe accontentare di rilevare che
questo mondo occidentale è, malgrado tutto, una parte dell’insieme da cui
sembra essersi staccato a partire dall’inizio dei tempi moderni, e che,
nell’ultima integrazione del ciclo, tutte le parti in qualche modo devono
ritrovarsi; ma ciò non implica necessariamente una restaurazione preliminare
della tradizione occidentale, poiché questa può benissimo conservarsi, alla sua
stessa fonte, allo stato di possibilità permanente e indipendentemente dalla
forma speciale che ha rivestito in un dato momento. Peraltro, qui ci limitiamo
a delle semplici indicazioni, poiché, per comprendere a pieno tale questione,
occorrerebbe far intervenire la considerazione dei rapporti esistenti fra la
tradizione primordiale e le tradizioni subordinate, cosa che non possiamo
pensare di fare in questa sede. Comunque, una eventualità siffatta corrisponde
al caso più sfavorevole per il mondo occidentale preso di per sé, ed il suo
stato attuale può far temere che si tratti proprio del caso che si realizzerà
effettivamente; tuttavia, noi abbiamo detto che vi sono dei segni che
permettono di pensare che la speranza di una soluzione migliore non è ancora
andata perduta definitivamente.
Esiste oggi, in Occidente, un numero più grande di quel che
si crede di uomini che incominciano a prendere coscienza di ciò che manca alla
loro civiltà; e se costoro si limitano a delle imprecise aspirazioni e a delle
ricerche molto spesso sterili, ed accade persino che siano completamente
fuorviati, ciò è dovuto al fatto che mancano loro dei dati reali che nulla può
sostituire e che non esiste alcuna organizzazione che possa fornire loro la
necessaria direzione dottrinale. Beninteso, non ci riferiamo a coloro che sono
riusciti a trovare questa direzione presso le tradizioni orientali e che, per
ciò stesso, sono intellettualmente al di fuori del mondo occidentale; costoro,
infatti, che peraltro possono essere annoverati solo fra i casi eccezionali,
non potrebbero minimamente far parte integrante di una élite occidentale; in
realtà essi sono un prolungamento delle élite orientali e potrebbero divenire
un elemento di collegamento fra queste ultime e l’élite occidentale, il giorno
in cui questa riuscisse a costituirsi; ma tale élite, in qualche modo per
definizione, può essere solo costituita tramite un’iniziativa specificamente
occidentale, ed è in questo che risiede tutta la difficoltà. Questa iniziativa
può realizzarsi solo in due modi: o l’Occidente trova i mezzi in se stesso per
operare un ritorno diretto alla sua tradizione, ritorno che equivarrebbe ad un
risveglio spontaneo delle possibilità latenti; o alcuni elementi occidentali
compiono questo lavoro di restaurazione con l’aiuto di una certa conoscenza
delle dottrine orientali, conoscenza che tuttavia non potrà essere per loro
assolutamente immediata, visto che devono rimanere degli occidentali; ma che
potrà essere ottenuta per una sorta di influenza di secondo grado, esercitata
attraverso degli intermediari come quelli di cui abbiamo appena parlato. La
prima di queste due ipotesi è assai poco verosimile, poiché essa implica che in
Occidente esista almeno un posto in cui lo spirito tradizionale si sia
conservato integralmente, e noi abbiamo detto che, nonostante certe
affermazioni, questa esistenza ci sembra estremamente dubbia; ne consegue che è
la seconda ipotesi che merita di essere presa in considerazione.
In tal caso, anche se non si tratta di una necessità
assoluta, sarebbe opportuno che questa élite in formazione prendesse come punto
d’appoggio una organizzazione occidentale avente già un’esistenza effettiva;
ora sembra proprio che in Occidente non sia rimasta che una sola organizzazione
che possiede un carattere tradizionale e che conserva una dottrina suscettibile
di fornire al lavoro in questione una base appropriata: ed è la Chiesa
cattolica. Senza nulla cambiare della forma religiosa sotto la quale essa si
presenta al di fuori, basterebbe restituire alla dottrina cattolica il
significato profondo che essa ha realmente, ma di cui i suoi rappresentanti
attuali sembrano non avere più coscienza, come sembra che non abbiano più
coscienza della sua unità essenziale con le altre forme tradizionali; e
d’altronde le due cose sono inseparabili. Si otterrebbe così la realizzazione
del Cattolicesimo nel vero senso della parola, visto che etimologicamente
questo termine esprime l’idea di «universalità», cosa che dimenticano un po’
troppo coloro che vorrebbero farne solo la denominazione esclusiva di una forma
speciale e puramente occidentale senza alcun effettivo legame con le altre
tradizioni; e si può dire che, nello stato attuale delle cose, il Cattolicesimo
ha solo un’esistenza virtuale, poiché non vi si ritrova la coscienza
dell’universalità; ma è parimenti vero che l’esistenza di una organizzazione
che porta un tal nome è indice di una base possibile per una restaurazione
dello spirito tradizionale nella sua completa accezione, tanto più che, nel
Medio Evo, essa è già servita al mondo occidentale da supporto per questo
stesso spirito. In definitiva, si tratterebbe solo di una ricostituzione di ciò
che è già esistito prima della deviazione moderna, con gli adattamenti
necessari alle condizioni di un’altra epoca; e se certuni si meraviglieranno o
protesteranno contro una simile idea, è perché essi stessi, a loro insaputa e
forse loro malgrado, sono imbevuti dello spirito moderno al punto tale da aver
completamente perduto il senso di una tradizione di cui conservano solo
l’involucro. Sarebbe importante sapere se il formalismo della «lettera», che è sempre
una delle varietà del «materialismo» come lo abbiamo definito prima, ha
definitivamente soffocato la spiritualità, o se quest’ultima si è solo oscurata
momentaneamente e può risvegliarsi ancora all’interno della stessa
organizzazione esistente; ma solo gli avvenimenti che seguiranno potranno
permettere di rendersene conto.
D’altronde, è anche possibile che questi stessi avvenimenti,
presto o tardi, impongano ai dirigenti della Chiesa cattolica, come una
necessità ineluttabile, ciò di cui essi non comprenderanno direttamente
l’importanza dal punto di vista dell’intellettualità pura; e sarebbe
sicuramente spiacevole se, per indurli a riflettere, occorressero delle
circostanze talmente contingenti come quelle derivanti dal dominio politico,
considerate al di fuori di ogni principio superiore; tuttavia, bisogna pur
ammettere che l’occasione di uno sviluppo delle possibilità latenti dev’essere
offerta a ciascuno dai mezzi che sono più alla portata della sua comprensione
attuale. È questo il motivo che ci induce ad affermare che: di fronte
all’aggravarsi di un disordine che si generalizza sempre più, è il caso di
appellarsi a tutte le forze spirituali che ancora esercitano un’azione nel
mondo esteriore, sia in Occidente che in Oriente; e da parte occidentale noi
non vediamo altri che la Chiesa cattolica. Se, in tal modo, questa potesse
entrare in contatto con i rappresentanti delle tradizioni orientali, potremmo
solo felicitarci per questo primo risultato, che potrebbe rappresentare proprio
il punto di partenza per ciò che noi abbiamo in vista, poiché indubbiamente ci
si renderebbe subito conto che un’intesa semplicemente esteriore e
«diplomatica» è illusoria e non può condurre alle conseguenze volute, di modo
che occorrerebbe giungere esattamente a ciò con cui si sarebbe dovuto
normalmente cominciare, vale a dire alla considerazione dell’accordo sui
principi, accordo la cui condizione necessaria e sufficiente è che i
rappresentanti dell’Occidente riprendano veramente coscienza di questi
principi, come è sempre stato per quelli dell’Oriente. La vera intesa, lo
ripetiamo ancora una volta, può effettuarsi solo dall’alto e dall’interno e
quindi nel dominio che si può chiamare indifferentemente intellettuale o
spirituale, visto che per noi questi due termini hanno in fondo lo stesso
significato; in un secondo momento, partendo da lì, l’intesa verrebbe a
stabilirsi necessariamente anche in tutti gli altri domini, esattamente come
quando posto un principio non resta che dedurre, o piuttosto «esplicitare»,
tutte le conseguenze che in esso sono implicite. In questo senso è possibile
che si presenti un solo ostacolo: quello del proselitismo occidentale, il quale
non si decide ad ammettere che talvolta si devono avere degli «alleati» che non
siano dei «sudditi»; o, per essere più esatti, quello del difetto di
comprensione di cui questo proselitismo non è che uno degli effetti; sarà
superato questo ostacolo? Se la risposta sarà no, l’élite, per costituirsi,
potrà solo contare sullo sforzo di coloro che sono qualificati per la loro
capacità intellettuale, al di fuori di ogni ambiente definito, e naturalmente
potrà contare anche sull’aiuto dell’Oriente; il suo lavoro sarà reso più
difficile e la sua azione non si potrà esercitare che a più lunga scadenza,
poiché dovrà creare da sé tutti gli strumenti, invece di trovarseli pronti come
nell’altro caso; ma noi non pensiamo minimamente che queste difficoltà, per
grandi che possano essere, siano di natura tale da impedire che si compia ciò,
che in un modo o nell’altro, dev’essere compiuto.
Riteniamo dunque opportuno affermare anche che, nel mondo
occidentale, vi sono oggi degli indizi certi di un movimento che è ancora
impreciso, ma che può e deve anzi sfociare normalmente nella ricostituzione di
una élite intellettuale, a meno che non sopraggiunga rapidamente un cataclisma
che gli impedisca di svilupparsi fino in fondo. Vi è appena bisogno di dire che
la Chiesa, in relazione al suo ruolo futuro, avrebbe tutto l’interesse a
precedere in qualche modo un tale movimento, piuttosto che lasciare che le cose
si compiano senza di essa e piuttosto che essere costretta a seguirlo
tardivamente per mantenere un’influenza che minaccerebbe di sfuggirle.
Non c’è bisogno di porsi da un punto di vista molto elevato
e difficilmente accessibile per comprendere che, in definitiva, sarebbe proprio
la Chiesa a trarre i maggiori benefici nell’assumere un comportamento che, ben
lungi dall’esigere il minimo compromesso dottrinale, le permetterebbe invece di
sbarazzarsi di ogni infiltrazione dello spirito moderno, per di più, senza
dover modificare alcunché all’esterno. Sarebbe abbastanza paradossale vedere
realizzato il Cattolicesimo integrale senza il concorso della Chiesa cattolica,
la quale allora si verrebbe forse a trovare nella singolare condizione di dover
accettare di essere difesa, dagli attacchi più terribili da essa mai subiti, da
degli uomini che i suoi dirigenti, o almeno coloro che questi lasciano parlare
in loro nome, avrebbero inizialmente cercato di screditare gettando su di essi
i sospetti più infondati; e da parte nostra ci rammaricheremmo se questo
accadesse; ma se si vuole che le cose non giungano a tal punto, per coloro che
hanno le più gravi responsabilità in forza della loro posizione è tempo di
agire in piena conoscenza di causa e di non permettere più che dei tentativi
che possono avere delle conseguenze della più alta importanza rischino di
trovarsi impediti dall’incomprensione o dalla malevolenza di alcune
individualità più o meno subalterne; cosa che è già accaduta e che mostra,
ancora una volta, a qual punto il disordine regni oggi dappertutto.
Prevediamo facilmente che non deriverà alcuna gratitudine da
questi nostri avvertimenti, che noi esprimiamo in piena indipendenza ed in modo
del tutto disinteressato; poco importa: noi continueremo comunque a dire ciò
che dev’essere detto, quando si renderà necessario e nella forma che
giudicheremo la più idonea per le circostanze. Queste nostre considerazioni
sono il compendio delle conclusioni a cui siamo stati condotti da certe «esperienze»
molto recenti, intraprese, naturalmente, su un piano puramente intellettuale;
esperienze sulle quali, almeno per il momento, non scenderemo in particolari, i
quali, in fondo, sarebbero poco interessanti; ma possiamo affermare che, in ciò
che precede, non vi è una sola parola da noi scritta senza prima aver
riflettuto a lungo. È bene che si sappia che sarebbe perfettamente inutile
cercare di opporre a tutto questo delle arguzie filosofiche che vogliamo
ignorare; noi parliamo seriamente di cose serie, non abbiamo tempo da perdere
in discussioni verbali che per noi non hanno alcun interesse, ed intendiamo
rimanere del tutto estranei ad ogni polemica, ad ogni diatriba di scuola o di
partito, esattamente come rifiutiamo assolutamente che ci si applichi una
qualunque etichetta occidentale, poiché non ve n’è nessuna che ci si addica; le
cose stanno così, anche se questo potrà piacere o dispiacere a certuni, e
niente potrà far cambiare questo nostro atteggiamento.
Ci resta adesso da rivolgere un avvertimento anche a coloro
che, per la loro idoneità ad una comprensione superiore, se non per il grado di
conoscenza effettivamente raggiunto, sembrano destinati a diventare elementi di
questa possibile élite. Non c’è dubbio che lo spirito moderno, che è veramente
«diabolico» in tutti i sensi, si sforza con ogni mezzo per impedire che questi
elementi, oggi isolati e dispersi, riescano ad acquisire quella coesione
necessaria per esercitare un’azione reale sulla mentalità generale; ne consegue
che coloro che hanno già preso coscienza, più o meno completamente, dello scopo
verso il quale devono tendere i loro sforzi, non devono lasciarsi fuorviare
dalle difficoltà, quali che siano, che si ergono davanti a loro. Coloro che non
sono ancora giunti al punto a partire dal quale una infallibile direzione non
permette più di scostarsi dalla retta via, hanno sempre da temere le deviazioni
più gravi; è dunque necessaria la più grande prudenza, e diciamo volentieri che
questa dev’essere spinta fino alla diffidenza, poiché l’«avversario», che fino
a questo punto non è definitivamente vinto, sa assumere le forme più diverse e
talvolta le più inattese. Accade che coloro che credono di essere sfuggiti al
«materialismo» moderno vengano assorbiti da delle cose che, mentre sembrano opporsi
ad esso, in realtà sono poi dello stesso ordine; e vista la conformazione
mentale degli Occidentali, a questo proposito è opportuno metterli in guardia
in modo particolare nei confronti dell’attrazione che possono esercitare su di
loro i «fenomeni» più o meno straordinari; è da qui che derivano in gran parte
tutti gli errori «neo-spiritualisti», ed è prevedibile che questo pericolo si
aggravi ulteriormente, poiché le forze oscure che alimentano il disordine
attuale trovano in ciò uno dei loro più potenti mezzi d’azione. È anche
probabile che non si sia più tanto lontani dall’epoca alla quale si riferisce
la seguente predizione evangelica, da noi ricordata già altrove: «… perché
sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e portenti per
ingannare, se fosse possibile, anche gli eletti.». Gli «eletti», come
indica la stessa parola, sono coloro che fanno parte dell’«élite» intesa nella
pienezza del suo vero significato; d’altronde, lo diciamo con l’occasione, è
per questo che noi teniamo a questo termine «élite», nonostante l’abuso che se
ne è fatto nel mondo «profano»; e questi eletti non possono essere ingannati,
in virtù della «realizzazione» interiore alla quale sono pervenuti; ma non è lo
stesso per coloro che, avendo in sé solo delle possibilità di conoscenza, sono
propriamente solo dei «chiamati»; ed è per questo che il Vangelo dice che vi
sono «molti chiamati, ma pochi eletti».
Noi entriamo in un tempo in cui diverrà particolarmente
difficile «distinguere il grano dal loglio», ed effettuare realmente ciò che i
teologi chiamano il «discernimento degli spiriti», a causa delle manifestazioni
disordinate che via via si intensificheranno e si moltiplicheranno ed anche a
causa della mancanza di vera conoscenza in coloro la cui funzione normale
dovrebbe essere quella di guidare gli altri e che invece oggi sono troppo
spesso delle «guide cieche». Si vedrà allora se, in simili circostanze, le
sottigliezze dialettiche saranno di una qualche utilità, e se basterà una
«filosofia», foss’anche la migliore possibile, per arrestare lo scatenamento
delle «potenze infernali»; ed anche questa è una di quelle illusioni dalla
quale certuni devono difendersi, poiché vi è troppa gente che, ignorando che
cos’è la pura intellettualità, immagina che una conoscenza semplicemente
filosofica sia capace di rimediare a tutto e di operare il raddrizzamento della
mentalità contemporanea, quando invece una conoscenza del genere, perfino nei
casi più favorevoli, è appena l’ombra della conoscenza vera; e ve ne sono anche
di quelli che credono di trovare nella stessa scienza moderna un mezzo per
elevarsi verso delle verità superiori, quando invece questa scienza è
precisamente fondata sulla negazione di queste verità. Tutte queste illusioni
sono altrettante cause di fuorviamento, e in tal guisa tanti sforzi sono
effettuati in pura perdita: è così che molti di quelli che vorrebbero
sinceramente reagire contro lo spirito moderno vengono ridotti all’impotenza,
perché, non avendo saputo trovare i principi essenziali senza i quali ogni
azione è assolutamente vana, si sono lasciati trascinare entro dei vicoli
ciechi da cui non è più possibile uscire.
Coloro che riusciranno a vincere tutti questi ostacoli e a
trionfare dell’ostilità di un ambiente opposto ad ogni spiritualità, saranno
indubbiamente poco numerosi; ma, ancora una volta, non è il numero che importa,
poiché stiamo parlando di un dominio le cui leggi sono del tutto diverse da
quelle della materia. Non è dunque il caso di disperare; e se non vi fosse
neanche la speranza di giungere ad un risultato sensibile prima che il mondo
moderno piombi in qualche catastrofe, questa non sarebbe comunque una ragione
valida per non intraprendere un’opera la cui portata si estende ben al di là
dell’epoca attuale. Coloro che fossero tentati di cedere allo scoraggiamento,
devono pensare che niente di ciò che è compiuto in quest’ordine potrà mai
andare perduto, e che il disordine, l’errore e l’oscurità non possono averla
vinta che in apparenza ed in maniera del tutto momentanea, poiché tutti gli
squilibri parziali e transitori devono necessariamente concorrere al grande
equilibrio totale e niente potrebbe infine prevalere contro la potenza della
verità; la loro divisa deve essere quella adottata altre volte da certe
organizzazioni iniziatiche dell’Occidente: Vincit omnia Veritas.
Nessun commento:
Posta un commento