I segreti signoriali presso il maestro e il discepolo*
Dio ha detto[1]:
“Non affidate agli insensati i beni che Dio vi ha donato per permettervi di sussistere…”[2].
Questi versetti sono un mezzo a un tempo di educazione, di conoscenza e di direzione per coloro che sono ben guidati. Sappi che l’insensato, per la gente comune, è colui che dilapida i beni e li dispensa in modo sconsiderato; non sapendo bene come amministrarli, egli non li distribuisce come conviene.
Per l’élite, l’insensato è colui che dilapida i segreti divini e le conoscenze signoriali. O li divulga là dove non dovrebbe.E non affidandoli a coloro che ne sono degni, li rovina. In effetti, vi sono scienze dell’unicità che non bisogna assolutamente divulgare; al contrario, è un segreto tra Dio e il suo servitore fino alla morte. Vi sono due tipi di beni: il bene che le anime desiderano perché ne sono attratte, ossia il bene sensibile, quello della gente comune che permette alle anime di sussistere e senza il quale esse non sussisterebbero; e il bene che gli spiriti desiderano perché lui li attiri a sé, ossia il bene soprasensibile, quello dell’élite.
“…che Dio vi ha donato per permettervi di sussistere”.
Cioè, come sostegno e vita per i vostri spiriti. Dato che non vi è sussistenza e vita per lo spirito se non nella scienza signoriale. Quanto a colui che entra nella via, non vi è niente di più nefasto né di più sollecito nel procurare la sua rovina che la divulgazione dei segreti assoluti dell’unicità che Dio ha confidato alle Sue genti e alle altre, se non al suo shaykh. I maestri non hanno mai smesso di mettere in guardia contro ciò. Perché, quando Dio rivela al novizio qualche segreto dell’unicità, vedendo gli ignoranti fuorviarsi dal cammino della verità, quest’ultimo prova della compassione nei loro confronti, volendo loro bene, egli ha pietà di loro e questo lo porta a svelare qualche segreto della divinità. Allora, egli è distrutto e rovinato. Se il novizio è di coloro a cui le prove hanno donato esperienza e che le scienze hanno istruito, egli dirà come ha detto il primo[3]:
È esistito ciò di cui io non ricordo più!
Pensa al bene e non cercare di saperlo
Uno dei perfetti ha detto, a proposito della Parola di Dio: “La voce più sgradevole è quella dell’asino”[4], che si tratta del postulante che parla delle realtà prima di conoscerle.
Bene allora, il proposito e l’interdizione menzionata nel versetto (all’inizio) si rivolgono ai maestri che hanno dei discepoli e dei postulanti. È possibile che siano stati deposti i segreti là dove non c’era bisogno, annunciandoli a coloro che non ne sono degni; tuttavia, è permesso annunciarli a coloro che ne sono degni. In effetti, annunciare i segreti signoriali a coloro che non ne sono degni procura due inconvenienti: il primo riguarda colui che li rivela e il secondo, chi li ascolta. Chi li divulga sarà forse accusato di miscredenza e ateismo; forse anche si arriverà a ucciderlo; forse, infine, ciò procurerà dei torti ai suoi amici e alla sua famiglia. Quanto a colui che ascolta questi segreti, forse sarà tentato o pieno di confusione o ancora, comprendendo male la cosa, si smarrirà. I maestri della via hanno scritto molte cose per condannare e interdire questo. Vediamo, ai nostri giorni, dei postulanti che, avendo inteso qualche segreto divino e qualche realtà (esoterica) da parte del loro maestro, si mettono a parlarne nelle assemblee pubbliche. Essi fanno prova di una insolenza e di una impudenza abominevoli, violando il dominio sublime della divinità e mantenendo dei propositi di cui ignorano il fondamento e di cui non gustano il sapore. Pensiamo anche, ma la scienza è presso Dio, che i loro maestri non abbiano attinto questi segreti che nei libri o presso altre persone, senza averne essi stessi gustato e conosciuto la realtà! Perché, se ne avessero conosciuto la realtà, essi se ne sarebbero presi cura e li avrebbero centellinati, come l’oro e gli affari del mondo dei quali essi conoscono bene la natura. Che Dio sia soddisfatto del nostro maestro, il grande conoscitore di Dio, Ahmad al-Rifâ’î[5], quando dice:
Colui che cerca di informarsi dei segreti di Laylâ[6],
l’ho rinviato da Laylâ, con i ciechi, nell’incertezza.
Essi dicono: Raccontaci, perché tu sei il suo guardiano e il suo confidente!
Ma, non ho niente da raccontare loro come guardiano e confidente.
Che Dio mi preservi dal tradimento. Quando ci si confida con un ipocrita, egli tradisce; ma quando ci si confida a un credente, egli si rivela essere qualcuno di fidato[7].
I maestri della via non scrivono su queste realtà (esoteriche); e non comunicano i segreti dell’unicità e non tolgono qualche velo della signoria divina, che per i loro amici e coloro che seguono la loro via e di cui conoscono l’attitudine e la fermezza nel seguire il Corano e la tradizione. Essi non scrivono per le persone comuni che sono rozze e grossolane e non parlano mai di questo nelle assemblee pubbliche, come succede oggi, quando i maestri ignoranti si intrattengono sulle realtà (esoteriche) con molta leggerezza, cosicché coloro che sono ancora più ignoranti tra essi le afferrino al volo e le facciano circolare ovunque senza comprenderle. Così si smarriscono loro e smarriscono gli altri. Coloro che scrivono su queste realtà mirano all’interesse delle persone della loro via e non si indirizzano a coloro ai quali queste cose sarebbero nefaste e che abbandonerebbero la religione come una freccia attraversa e abbandona la preda, lasciando dietro lei il sangue e gli escrementi. Queste sono le genti del buon consiglio per i servitori di Dio che vogliono loro bene, sapendo che le predisposizioni sono diverse e che le capacità di comprensione sono differenti. Loro scopo è di essere utili ed esporre ciò che nuoce non è nei loro propositi.
“Date loro la sussistenza prelevata su questi beni”. Ossia, fate loro gustare la dolcezza di questi beni e abbeverateli del loro nettare.
“Date loro di che vestirsi”. Cioè dei vestiti spirituali e degli abiti sublimi, ma “l’abito del timore di Dio è il migliore”[8]; e ciò, affinché desiderino affrancarsi dalla vostra tutela, per disporsi a gioire di questi beni direttamente, contrariamente al tempo in cui erano ancora sotto il vostro sguardo e la vostra protezione.
“…e rivolgete loro delle parole appropriate”. Dite loro quel che sono disposti a comprendere, perché questo non confonda il loro spirito e non introduca ambiguità nella loro fede. Siate dei buoni dottori, insegnate alle persone le scienze minori prima delle scienze superiori. Servitevi di allusioni, di segni e di esempi finché il loro spirito si familiarizzi; non confrontateli con la realtà pura, sarebbero distrutti.
“Provate gli orfani”. L’orfano è colui che impara a conoscere dal suo maestro, grazie al discernimento delle luci, la sua predisposizione e la sua disponibilità essenziale. Grazie a lui, l’orfano diventa un uomo che è, come si dice, una perla unica, ossia, preziosa e di gran valore. Tutti coloro per cui il loro padre, la ragione universale, ha accumulato un tesoro nelle loro predisposizioni, nascondendolo sotto il muro del loro corpo,[9] sono degli orfani, cioè, delle persone favorite rispetto alle altre. Ecco perché il reale ha applicato il nome di orfano al suo Inviato (saws). In effetti, la sua riserva è immensa e il suo tesoro è assai prezioso. “Provate gli orfani”, altrimenti detto, esaminateli di tanto in tanto per mezzo di allusioni e approfittando del concorso delle circostanze, per accertarsi se crescono spiritualmente.
“…fino a che abbiano raggiunto l’età di sposarsi”, ossia, il momento in cui il loro matrimonio può produrre un frutto, nel senso che esca ciò che essi hanno in loro allo stato di potenza e di predisposizione, per diventare atto e manifestazione. Allora, essi sono pronti a sposarsi e a ricevere in essi il seme. In effetti, il maestro si situa al rango dell’attività e il postulante, a quello della ricettività e della passività; poiché il maestro gioca il ruolo dell’uomo, e il postulante, quello della sposa.
“Se scoprite in essi un giudizio sano”. Ovvero, se percepite, grazie al discernimento delle luci, che hanno un giudizio sano e che hanno raggiunto la maturità, allora possono attingere nel loro tesoro. Ciò che significa che sono diventati capaci di ricevere i segreti dell’unicità e di accoglierli con un’anima pura e un cuore pacificato e fermo nel rispetto degli ordini e delle interdizioni della Legge, nella fedeltà al Libro e alla tradizione; e non con un cuore incline all’errore e un’anima deviata che ricerca ciò che è equivoco o che interpreta uscendo dal senso corretto, per arrivare alla fine a cambiare il testo stabilito.[10]
“Restituite i beni che appartengono loro”. Ossia i segreti dell’unicità e delle conoscenze divine. Non vi è allora più permesso di trattenere lontano da essi checchessia potrebbe loro essere utile e che potrebbe fare crescere i loro stati spirituali, ad eccezione di quel che non è assolutamente permesso.
Per l’élite, l’insensato è colui che dilapida i segreti divini e le conoscenze signoriali. O li divulga là dove non dovrebbe.E non affidandoli a coloro che ne sono degni, li rovina. In effetti, vi sono scienze dell’unicità che non bisogna assolutamente divulgare; al contrario, è un segreto tra Dio e il suo servitore fino alla morte. Vi sono due tipi di beni: il bene che le anime desiderano perché ne sono attratte, ossia il bene sensibile, quello della gente comune che permette alle anime di sussistere e senza il quale esse non sussisterebbero; e il bene che gli spiriti desiderano perché lui li attiri a sé, ossia il bene soprasensibile, quello dell’élite.
“…che Dio vi ha donato per permettervi di sussistere”.
Cioè, come sostegno e vita per i vostri spiriti. Dato che non vi è sussistenza e vita per lo spirito se non nella scienza signoriale. Quanto a colui che entra nella via, non vi è niente di più nefasto né di più sollecito nel procurare la sua rovina che la divulgazione dei segreti assoluti dell’unicità che Dio ha confidato alle Sue genti e alle altre, se non al suo shaykh. I maestri non hanno mai smesso di mettere in guardia contro ciò. Perché, quando Dio rivela al novizio qualche segreto dell’unicità, vedendo gli ignoranti fuorviarsi dal cammino della verità, quest’ultimo prova della compassione nei loro confronti, volendo loro bene, egli ha pietà di loro e questo lo porta a svelare qualche segreto della divinità. Allora, egli è distrutto e rovinato. Se il novizio è di coloro a cui le prove hanno donato esperienza e che le scienze hanno istruito, egli dirà come ha detto il primo[3]:
È esistito ciò di cui io non ricordo più!
Pensa al bene e non cercare di saperlo
Uno dei perfetti ha detto, a proposito della Parola di Dio: “La voce più sgradevole è quella dell’asino”[4], che si tratta del postulante che parla delle realtà prima di conoscerle.
Bene allora, il proposito e l’interdizione menzionata nel versetto (all’inizio) si rivolgono ai maestri che hanno dei discepoli e dei postulanti. È possibile che siano stati deposti i segreti là dove non c’era bisogno, annunciandoli a coloro che non ne sono degni; tuttavia, è permesso annunciarli a coloro che ne sono degni. In effetti, annunciare i segreti signoriali a coloro che non ne sono degni procura due inconvenienti: il primo riguarda colui che li rivela e il secondo, chi li ascolta. Chi li divulga sarà forse accusato di miscredenza e ateismo; forse anche si arriverà a ucciderlo; forse, infine, ciò procurerà dei torti ai suoi amici e alla sua famiglia. Quanto a colui che ascolta questi segreti, forse sarà tentato o pieno di confusione o ancora, comprendendo male la cosa, si smarrirà. I maestri della via hanno scritto molte cose per condannare e interdire questo. Vediamo, ai nostri giorni, dei postulanti che, avendo inteso qualche segreto divino e qualche realtà (esoterica) da parte del loro maestro, si mettono a parlarne nelle assemblee pubbliche. Essi fanno prova di una insolenza e di una impudenza abominevoli, violando il dominio sublime della divinità e mantenendo dei propositi di cui ignorano il fondamento e di cui non gustano il sapore. Pensiamo anche, ma la scienza è presso Dio, che i loro maestri non abbiano attinto questi segreti che nei libri o presso altre persone, senza averne essi stessi gustato e conosciuto la realtà! Perché, se ne avessero conosciuto la realtà, essi se ne sarebbero presi cura e li avrebbero centellinati, come l’oro e gli affari del mondo dei quali essi conoscono bene la natura. Che Dio sia soddisfatto del nostro maestro, il grande conoscitore di Dio, Ahmad al-Rifâ’î[5], quando dice:
Colui che cerca di informarsi dei segreti di Laylâ[6],
l’ho rinviato da Laylâ, con i ciechi, nell’incertezza.
Essi dicono: Raccontaci, perché tu sei il suo guardiano e il suo confidente!
Ma, non ho niente da raccontare loro come guardiano e confidente.
Che Dio mi preservi dal tradimento. Quando ci si confida con un ipocrita, egli tradisce; ma quando ci si confida a un credente, egli si rivela essere qualcuno di fidato[7].
I maestri della via non scrivono su queste realtà (esoteriche); e non comunicano i segreti dell’unicità e non tolgono qualche velo della signoria divina, che per i loro amici e coloro che seguono la loro via e di cui conoscono l’attitudine e la fermezza nel seguire il Corano e la tradizione. Essi non scrivono per le persone comuni che sono rozze e grossolane e non parlano mai di questo nelle assemblee pubbliche, come succede oggi, quando i maestri ignoranti si intrattengono sulle realtà (esoteriche) con molta leggerezza, cosicché coloro che sono ancora più ignoranti tra essi le afferrino al volo e le facciano circolare ovunque senza comprenderle. Così si smarriscono loro e smarriscono gli altri. Coloro che scrivono su queste realtà mirano all’interesse delle persone della loro via e non si indirizzano a coloro ai quali queste cose sarebbero nefaste e che abbandonerebbero la religione come una freccia attraversa e abbandona la preda, lasciando dietro lei il sangue e gli escrementi. Queste sono le genti del buon consiglio per i servitori di Dio che vogliono loro bene, sapendo che le predisposizioni sono diverse e che le capacità di comprensione sono differenti. Loro scopo è di essere utili ed esporre ciò che nuoce non è nei loro propositi.
“Date loro la sussistenza prelevata su questi beni”. Ossia, fate loro gustare la dolcezza di questi beni e abbeverateli del loro nettare.
“Date loro di che vestirsi”. Cioè dei vestiti spirituali e degli abiti sublimi, ma “l’abito del timore di Dio è il migliore”[8]; e ciò, affinché desiderino affrancarsi dalla vostra tutela, per disporsi a gioire di questi beni direttamente, contrariamente al tempo in cui erano ancora sotto il vostro sguardo e la vostra protezione.
“…e rivolgete loro delle parole appropriate”. Dite loro quel che sono disposti a comprendere, perché questo non confonda il loro spirito e non introduca ambiguità nella loro fede. Siate dei buoni dottori, insegnate alle persone le scienze minori prima delle scienze superiori. Servitevi di allusioni, di segni e di esempi finché il loro spirito si familiarizzi; non confrontateli con la realtà pura, sarebbero distrutti.
“Provate gli orfani”. L’orfano è colui che impara a conoscere dal suo maestro, grazie al discernimento delle luci, la sua predisposizione e la sua disponibilità essenziale. Grazie a lui, l’orfano diventa un uomo che è, come si dice, una perla unica, ossia, preziosa e di gran valore. Tutti coloro per cui il loro padre, la ragione universale, ha accumulato un tesoro nelle loro predisposizioni, nascondendolo sotto il muro del loro corpo,[9] sono degli orfani, cioè, delle persone favorite rispetto alle altre. Ecco perché il reale ha applicato il nome di orfano al suo Inviato (saws). In effetti, la sua riserva è immensa e il suo tesoro è assai prezioso. “Provate gli orfani”, altrimenti detto, esaminateli di tanto in tanto per mezzo di allusioni e approfittando del concorso delle circostanze, per accertarsi se crescono spiritualmente.
“…fino a che abbiano raggiunto l’età di sposarsi”, ossia, il momento in cui il loro matrimonio può produrre un frutto, nel senso che esca ciò che essi hanno in loro allo stato di potenza e di predisposizione, per diventare atto e manifestazione. Allora, essi sono pronti a sposarsi e a ricevere in essi il seme. In effetti, il maestro si situa al rango dell’attività e il postulante, a quello della ricettività e della passività; poiché il maestro gioca il ruolo dell’uomo, e il postulante, quello della sposa.
“Se scoprite in essi un giudizio sano”. Ovvero, se percepite, grazie al discernimento delle luci, che hanno un giudizio sano e che hanno raggiunto la maturità, allora possono attingere nel loro tesoro. Ciò che significa che sono diventati capaci di ricevere i segreti dell’unicità e di accoglierli con un’anima pura e un cuore pacificato e fermo nel rispetto degli ordini e delle interdizioni della Legge, nella fedeltà al Libro e alla tradizione; e non con un cuore incline all’errore e un’anima deviata che ricerca ciò che è equivoco o che interpreta uscendo dal senso corretto, per arrivare alla fine a cambiare il testo stabilito.[10]
“Restituite i beni che appartengono loro”. Ossia i segreti dell’unicità e delle conoscenze divine. Non vi è allora più permesso di trattenere lontano da essi checchessia potrebbe loro essere utile e che potrebbe fare crescere i loro stati spirituali, ad eccezione di quel che non è assolutamente permesso.
Mawqîf 158
[1] ‘Abd al-Kader, op. cit., pagg. 61-67.
[2] Corano 4, 5
[3] È difficile identificare chi sia il “primo” in questione.
[4] Corano 31, 19
[5] Shâfi’ite, fondatore della scuola dei dervisci rifâ’iyya (500/1106 o 512/1118 578/1182).
[6] Vedere Mawqîf 101, nota 5.
[7] Il senso preciso di addâ, non è in questo caso molto chiaro, è tradotto per opposizione a “tradisce”.
[8] Corano 7, 26
[9] Cfr. Corano 18, 77-82.
[10] Cfr. Corano 3, 7.
Non si dovrebbe discutere che la diffusione del sapere iniziatico corrompa questo sapere, ma lo corrompe nelle intelligenze prive di qualificazioni atte a valutarne le conseguenze, perché la dottrina in sé non può cambiare. D'altro canto il segreto iniziatico è salvaguardato dalla sua incomunicabilità, mentre tutto ciò che può essere detto o scritto... nell'intelligenza non qualificata entra ed esce, lasciando sovente al suo passaggio più danni che benefici per coloro che, ascoltando la scienza sacra, da questo ascolto vedranno soltanto le proprie responsabilità aumentare, senza avere alcuna reale comprensione in cambio. I maestri che hanno scritto della dottrina, divulgano la dottrina universale proprio in questa consapevolezza, nutrendo la speranza di poter aiutare chi sul sentiero rallenta, per annusare i fiori o pungersi con le spine.
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