Del rinnovamento della creazione in ogni istante
(Al-Futûhâtu-l-Makkiyyah cap. 334)
(Al-Futûhâtu-l-Makkiyyah cap. 334)
Sappi che l'idea di un «rinnovamento dell’annientato» [tajdîd al-ma’dûm]
non è applicabile che all’«annientamento relativo» (ma’dûm idâfî) per
esempio, l’«annientamento» di Zayd nella casa presso la quale ritorna dopo
essere stato assente significa semplicemente che non era presente (ma’dûm)
perché si trovava (wujûd) al mercato.
L'Onnipotente ha detto su questo
soggetto: «Non giunse loro alcun Monito nuovo (muhdath), da parte del
loro Signore» (Cor 21:2) perché un
tale richiamo non è «nuovo» che per loro, e non nella sua essenza[‘aynu-Hu].
La questione si pone piuttosto per gli elementi accidentali (a’râd):
sono essi stessi che ritornano dopo
essere scomparsi o si tratta unicamente di elementi simili? La ragione umana [an-nadhar
al-‘aqlî] può ammettere la possibilità di una tale «ritorno». Prendiamo
l'esempio di un movimento: colui che l’esercita può fermarsi in modo che
l’oggetto in movimento s’immobilizzi. Può accadere, quindi, che questo stesso
oggetto venga rimesso in moto e che questo secondo movimento sia considerato
(dalla ragione) come l’«essenza» (vale a dire, «ripresa») del «primo»[1] nuovamente portato
all’esistenza da Dio [awjadahâ-l-Haqq] dopo la sua cessazione, o dopo
il tempo della sua cessazione, creandolo (al bisogno) in un altro supporto
«motore». La ragione può considerare che vi è qui un «rinnovamento» (tajdîd)
dell'esistenza di questo movimento e che questo è qualificato dall’esistenza ad
una o più riprese; ma non può essere così per lo svelamento intuitivo per la
ragione dell’ampiezza (inerente alla Onnipotenza) divina (ittisâ’)[2]. Nulla è mai «ripetuto»
veramente; tutto è una «nuova creazione»[3], non un
rinnovamento. Quando si applica il termine «rinnovamento» a ciò che è in realtà
«nuova», la forza della somiglianza (della creazione «nuova» con la creazione «prima»)
rende difficile distinguere e separare uno e l’altro. Immaginiamo allora che
questo sia possibile per la ragione umana, che si tratti dell'essenza di ciò che è stato «annientato»
e che Dio ne avesse rinnovato l'esistenza [jaddada-l-Haqq ‘alayhi-l-wujûd].
Eppure, noi chiamiamo (in arabo) notte e giorno i «due nuovi» (al-jadîdân)
e non i due che sono stati «rinnovati»,
perché il sabato non è domenica; e non è sabato della settimana successiva, né
del mese, né dell'anno prossimo. L'unità contenuta nel numero undici, composto
da dieci e uno, non è l'unità che appare all'inizio della serie di numeri
interi, così comels decina complementare non è quella che figura alla sua fine.
Quando appare il numero composto, si tratta di un’unità
«simile» alla prima unità e di una decina «simile» alla prima decina. Il numero
composto mostra una realtà essenziale (haqîqa) unica che è in questo
caso la «qualità di undici»[4]. Analogamente,
l'unità nei numeri venti e uno, renta e uno e altri numeri composti non è la
stessa di un numero e l’altro, non è la
semplice unità combinata con l’ordine di decine. Gli numeri undici, venti
e uni, cento uno, mille uno - e qualsiasi numero a cui si aggiunge l’unità in
questo modo - non sono numeri composti da due elementi, ma sono un’essenza
unica, una realtà principiale unica. Comprendi bene questo, perché si tratta di
una senza utile nel dominio metafisico (al-ilâhiyyât), soprattutto
quando si tratta di nomi e di attributi [as-sifât]
che riguardano l'Essenza [adh-dhât], perché ciò che si comprende sono
tale aspetto non è la stessa cosa cje si comprende sotto altro aspetto (anche
se si tratta di un’Essenza unica). Da questo si può capire «Chi» si rivela (in
realtà) a te in ogni manifestazione teofanica. È per questo che certi Iniziati
detentori del «gusto spirituale» [at-tâ’ifah min ahli-l-adhwâq]
dichiarano che «Allah non si manifesta [tajallâ]
in una forma unica, né due volte (in successione), né a due persone differenti (contemporaneamente)»
perché «Egli è ciascun giorno…» tra i giorni dei Suoi respiri che sono i più
corti di tutti i giorni[5]
(occupato) in qualche opera» (Cor. 55:29 ); o piuttosto Egli è nelle Sue opere
stesse, a dispetto della loro molteplicità. Chi conosce l’«ampiezza» (sa't) di Allah conosce anche
l'estensione della Sua misericordia. Non la sottommette ad alcuna restrizione; non
riduce la sua applicazione a tale essere esistenziato a detrimento di un altro[6].
[Ibn 'Arabi, Futûhât cap. 334 Fî ma’rifat manzil
tajdîd al-ma’dûm wa huwa mina-l-hadrah al-musawiyah, «Della conoscenza della
Dimora del «rinnovamento dell’annientato» che fa parte della presenza di Mosé».
Estratto corrispondente al primo paragrafo, dopo la poesia introduttiva,
tradotto e annotato da Charles-André Gilis nel Cap.II di Qâf et les
mystères du Coran Glorieux, p. 20-23. Ciò che è in parentesi quadre [...]
non è parte della traduzione originale ma a cura del blog: http://esprit-universel.over-blog.com/]
[1] Per esempio se è prodotto per realizzare lo stesso
scopo.
[2] Parola della stessa radice di wâsi’.
[3] Khalq jadîd (espressione coranica).
[4] Per questo numero non esiste termine simile a quelli
della dualità per il numero 2 e la triplicità per il numero 3.
[5] Allusione alla dottrina della «respirazione del
Misericordioso» (nafas ar-Rahmân).
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