"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

martedì 16 giugno 2015

René Guénon, Introduzione generale allo studio delle dottrine indù - III. Le dottrine indù - 15. Considerazioni complementari sull’insieme della dottrina

René Guénon
Introduzione generale allo studio delle dottrine indù

III. Le dottrine indù
15. Considerazioni complementari sull’insieme della dottrina

In questa trattazione, che abbiamo voluto il più sintetica possibile, ci siamo costantemente prefissi di mostrare, unitamente ai caratteri distintivi dei sei darshana, come ognuno di essi si ricolleghi alla metafisica, che è il centro comune a partire dal quale si sviluppano, in direzioni diverse, tutti i rami della dottrina; così facendo, del resto, ci si offriva l’occasione di precisare un certo numero di punti importanti quanto alla concezione d’assieme della dottrina.
A tal proposito occorre avere ben chiaro che, se il Vêdânta è considerato l’ultimo dei darshana perché rappresenta il compimento di ogni conoscenza, esso resta nondimeno, nella sua essenza, il principio da cui tutto il resto discende e non è che la specificazione o l’applicazione.
Una conoscenza che non discendesse così dalla metafisica mancherebbe letteralmente di principio, e di conseguenza non avrebbe più alcun carattere tradizionale; in ciò consiste la differenza capitale fra la conoscenza scientifica, nel senso dato alla parola in Occidente, e quel che in India vi corrisponde in modo assai meno inesatto. È chiaro che il punto di vista della cosmologia non corrisponde per nulla a quello della fisica moderna, e anche che il punto di vista della logica tradizionale non corrisponde a quello della logica filosofica considerata, per esempio, alla maniera di Stuart Mill; abbiamo già sottolineato queste distinzioni. La cosmologia, anche entro i confini del Vaishêshika, non è una scienza sperimentale come la fisica attuale; grazie al suo riallacciarsi ai principi essa è, come gli altri rami dottrinali, molto più deduttiva che induttiva; la fisica cartesiana, invero, era del pari deduttiva, ma aveva il torto di fondarsi, quanto ai principi, su una semplice ipotesi filosofica, e questo determinò il suo fallimento.
La differenza di metodo che abbiamo testé segnalato, e che traduce una differenza profonda di concezione, esiste anche per scienze che sono veramente sperimentali ma che, essendo ciò nonostante assai più deduttive di quanto non lo siano in Occidente, sfuggono a ogni empirismo; solo così queste scienze possono ambire a essere considerate conoscenze tradizionali, pur di importanza secondaria e di un ordine inferiore. Stiamo pensando soprattutto alla medicina intesa come un Upavêda; e quanto diciamo vale ugualmente per la medicina tradizionale dell’Estremo Oriente. Senza perdere nulla del suo carattere pratico, tale medicina è qualcosa di ben più esteso di quanto si è abituati a designare con questo nome; oltre alla patologia e alla terapeutica essa comprende in particolare molte considerazioni che in Occidente si includerebbero nella fisiologia o persino nella psicologia, ma che naturalmente sono trattate in modo del tutto differente. I risultati che una scienza siffatta ottiene nell’applicazione possono in molti casi sembrare straordinari a coloro che se ne fanno un’idea oltremodo inesatta; d’altronde è nostra opinione che sia estremamente difficile per un occidentale giungere a una conoscenza sufficiente in questo genere di studi, dove sono impiegati mezzi di investigazione totalmente diversi da quelli con cui ha familiarità.
Abbiamo appena detto che le conoscenze pratiche, anche quando si ricolleghino alla tradizione e in essa abbiano la loro origine, restano tuttavia conoscenze inferiori; la loro derivazione ne determina la subordinazione, ciò che è rigorosamente logico, e gli orientali del resto, i quali per temperamento e convinzione profonda trascurano le applicazioni immediate, non hanno mai pensato di trasferire nella sfera della conoscenza pura alcuna preoccupazione di interesse materiale o sentimentale, unico elemento che può alterare la gerarchizzazione naturale e normale delle conoscenze. È proprio questa causa di confusione intellettuale che, generalizzandosi nella mentalità di una razza o di un’epoca, conduce principalmente all’oblio della metafisica pura, a cui sostituisce illegittimamente punti di vista più o meno specifici, mentre dà origine a scienze che non si richiamano ad alcun principio tradizionale. Queste scienze sono legittime finché si mantengono entro confini giusti, ma non vanno prese per qualcosa di diverso da ciò che sono, vale a dire conoscenze analitiche, frammentarie e relative; e così la scienza occidentale, separandosi radicalmente dalla metafisica, con cui in effetti il suo punto di vista non permette alcun rapporto, perse necessariamente in portata quanto guadagnava in indipendenza, e il suo sviluppo verso applicazioni pratiche fu compensato da un inevitabile impoverimento speculativo.
Queste poche osservazioni completano quel che già abbiamo detto circa la profonda separazione fra i rispettivi punti di vista dell’Oriente e dell’Occidente: in Oriente la tradizione è davvero tutta la civiltà, poiché con le sue conseguenze abbraccia l’intero ciclo delle conoscenze vere, a qualunque ordine si riferiscano, e tutto l’insieme delle istituzioni sociali; tutto vi è incluso in germe fin dall’origine per il fatto stesso che essa stabilisce i principi universali dai quali ogni cosa deriva con le sue leggi e condizioni, e l’adattamento necessario a una qualunque epoca può consistere solo in un adeguato sviluppo, secondo uno spirito rigorosamente deduttivo e analogico, delle soluzioni e chiarimenti che più specificamente convengono alla mentalità di detta epoca. È chiaro, dunque, che l’influsso della tradizione ha una forza cui non si può sottrarsi, e ogni scisma, qualora abbia luogo, porta immediatamente alla costituzione di una pseudo-tradizione; quanto a rompere apertamente e definitivamente ogni legame tradizionale, nessuno ne ha il desiderio, non più che la possibilità. Ciò permette inoltre di capire la natura e i caratteri dell’insegnamento attraverso il quale si trasmette, congiuntamente ai principi, l’insieme delle discipline adatte ad assimilare e integrare ogni cosa nell’intellettualità di una civiltà.

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