Ibn ‘Arabî
Il mondo nel suo insieme è intelligente, vivente e parlante*
Dio - sia
Egli esaltato - ha detto: “Non vi è nulla (lett. di cosa, shay’) che non Gli rivolga una lode particolare”[1];
or bene, «cosa» (shay’) è di natura
indeterminata; e solo un essere vivente dotato di intelligenza e che conosce
Colui che loda può rivolgere una lode[2].
L’hadîth ci riferisce che “le pietre
(yâbis, “il secco”) e la vegetazione (rabt, “l’umido) testimonieranno a favore del muezzin fino a dove
arriverà a udirsi la sua voce”[3]
e le leggi e le profezie riportano molte cose di questo ordine.
E noi aggiungiamo, per parte nostra, accanto alla fede negli insegnamenti (profetici), l’intuizione[4]: abbiamo inteso noi stessi, con le nostre orecchie, delle pietre lodare Dio[5] con una lode chiara e rivolgersi a noi da conoscenti della Maestà divina, cosa che non è stata percepita mai da nessuno.
E noi aggiungiamo, per parte nostra, accanto alla fede negli insegnamenti (profetici), l’intuizione[4]: abbiamo inteso noi stessi, con le nostre orecchie, delle pietre lodare Dio[5] con una lode chiara e rivolgersi a noi da conoscenti della Maestà divina, cosa che non è stata percepita mai da nessuno.
Ciascuna
specie, in seno alla creazione, è una comunità a pieno titolo che Dio ha «naturato»
per rendere a Lui un culto secondo le modalità che le sono proprie e che Lui ha
ispirato nella loro interiorità[6].
Il loro inviato, che è uno di loro, è per essi un annuncio che Dio ispira loro
secondo una modalità particolare secondo cui sono stati naturalmente conformati[7]. Tale è il caso della scienza che hanno alcuni
animali delle forme geometriche che confondono anche l’architetto più abile, o
ancora della scienza che, in generale, li indirizza verso le erbe e i numerosi
alimenti che sono loro di giovamento ed evita loro ciò che gli è nocivo; tutto
ciò fa parte della loro natura. Accade la stessa cosa coi vegetali e coi
minerali[8],
sennonché Dio ha velato la nostra vista e il nostro udito riguardo al loro modo
di esprimersi (letteralmente, di parlare).
Il Profeta
non ha forse detto: “L’Ora non si leverà finché la coscia dell’uomo non lo avrà
informato di ciò che ha fatto la sua famiglia”[9]
trasformando così gli ignoranti in saggi. Ciò a condizione che vi aggiungano
fede quale sostituzione della scienza delle «convulsioni» (ikhtilâj)[10],
ovverosia quella degli auguri[11].
Seppure questa scienza sia autentica ed evidenzi dei segreti divini, non
corrisponde a quanto si proponeva il Legislatore. L’Inviato - su di lui la
Grazia e la Pace - godeva del disvelamento più perfetto e vedeva quello che noi
non riusciamo a vedere![12]
Aveva tuttavia richiamato la nostra attenzione su una verità di cui gli uomini
di Dio hanno potuto verificare l’autenticità avendola messa in pratica: “Se non
parlate troppo e non turbate il vostro cuore, avrete la visione di ciò che io
vedo e la comprensione di quello che io ascolto”[13].
Il grado di perfezione a lui riservato in tutte le cose è ciò che in modo
particolare mette in risalto la servitù: Lui era il servo per eccellenza. La
sua personalità non era commista di alcuna volontà (di esercitare una qualche)
signoria nei confronti di chicchessia ed è precisamente in ragione di ciò che è
stato rivestito della Signoria a prova della sua ininterrotta onorabilità[14].
Secondo (la nostra Signora) ’Â’isha, “L’Inviato si ricordava di Dio in ogni
momento”[15]. Noi
stessi abbiamo ricevuto una parte importante di questa eredità, che si
manifesta nelle parole dell’uomo o nella sua coscienza, anche se alle volte i suoi
atti sembrerebbero provare il contrario a dispetto della sua reale permanenza
in questa stazione. E questo può anche ingenerare confusione in chi non ha la
conoscenza degli stati spirituali. Ci siamo prefissi di esporre in questo
capitolo ciò che è strettamente necessario “E Dio dice la verità ed è Lui che
conduce sulla (buona) Via”[16].
*Ibn ‘Arabî, Futûhât,
chap.12. Traduzione di A. Penot in Les révélations de la Mecque,
Entrelacs 2009, p.242-243. Le note sono di questo blog e sono essenzialmente
delle traslitterazioni tratte dal testo arabo dell’edizione Dâr Sâder,
Beyrouth/1424H, VOlume I, p.184]. Testo Francese tratto da http://esprit-universel.over-blog.com/ibn-%E2%80%98arab%C3%AE-le-monde-dans-son-ensemble-est-intelligent-vivant-et-parlant
[1] Cor.17:44 “wa in
min shay’in illâ yusabbihu bi-hamdihi”.
[2] Lâ yusabbih illâ hayy
‘âqil ‘âlim bi-masbihih.
[3] Al-mu’azzin yashhadu lahu
madâ sawtihi min ratbin wa yâbis.
[4] Al-kashf, il
disvelamento. Lo Cheikh al-Akbar afferma inoltre (Futûhât, chap.6):
“Questa affermazione è il frutto di un’intuizione (kashf) e non di una
deduzione conseguente l’esame di un testo e di ciò che implica. Colui che non
vuole una conferma non ha che da seguire la via degli uomini e impegnarsi con
assiduità nella pratica del dhikr e
dell’isolamento (khalwa, «solitudine»)
e Dio gli farà conoscere tutto questo de
visu (‘aynan). Egli saprà allora che (il
comune tra) gli uominiè troppo sprofondato nella
cecità per cogliere queste realtà!
[5] Tadhkuru-Llâh ru’yah ‘ayn, litt. « pratiquer
le souvenir d’Allâh, vision essentielle».
[6] Fa-kulli jins min
khalqi-Llâh ummatun mina-l-umâm fatarahum Allâh ‘alâ ‘ibâdatin takhussuhum
awhâ bi-hâ ilayhim fî nufusihim.
[7] Fa-rusûluhum min
dhawatihim i’lâm mina-Llâh bi-ilhâm khâss jabalahum ‘alayh.
[8] Al-musammâ jamâdan wa nabâtan, “ciò che è definito minerale e
vegetale”. Lo Cheikh al-Akbar afferma per di più (Futûhât, chap.6) che
sono i filosofi che sostengono che “non sono dotati di intelligenza e si
attengono alle informazioni fornite dai loro sensi. Ora la realtà secondo noi è
ben diversa; così come hanno riferito che una pietra, una spalla di pecora, un
tronco di palma, o un animale domestico si sono rivolti a un Profeta, essi
pretendono che Dio abbia creato in questi esseri la vita e la scienza nel
preciso momento in cui hanno parlato.. Per noi il segreto della vita è diffuso
in tutto l’universo e nel momento in cui il muezzin (fa la chiamata per la
preghiera), tutto ciò che è secco o umido testimonia in suo favore; ora, solo
ciò che è dotato di intelligenza ha la capacità di testimoniare” (Cfr. Les
révélations de la Mecque, p. 188-189)
[9] Lâ taqûmu as-sâ’ah hattâ
tukallim ar-rajul fakhdhahu bi-mâ fa’alahu ahlahu.
[10] Nota del traduttore: “potrebbe
essere che si tratti di un’allusione al fatto
che gli antichi romani ritenevano di poter leggere la sorte nelle viscere ancora
palpitanti degli uccelli sacrificati”.
[11] ‘Ilm
az-zajr.
[12] Ibn ‘Arabî ha scritto yarâ mâ lâ
tarâ, “vedeva ciò che tu non vedi”
e non “ vedeva ciò che noi non vediamo”.
[13] Law
lâ tazyîdun fî hadithikum wa tamrîjun fî qulûbikum la-ra’aytum mâ arâ wa
la-sami’tum mâ asma’u.
[14] Fa-kâna
‘abdan sarfan lam yaqum bi-dhâtihi rabbâniyah ‘alâ ahad wa hiya llati
awjabat lahu as-siyâdah wa hiya ad-dalîl ‘alâ sharafihi ‘alâ ad-dawâm.
[15] Kâna
rasûlu-Llâhi salla-Llâhu ‘alayhi wa sallam yadhkuru-Llâha ‘alâ kulli ahyânihi.
[16] Cor.33,
4 : wa-Llâhu yaqûlu-l-haqq wa huwa yahdî as-sabîl.
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