René Guénon
Il Re del Mondo
VIII - Il
centro supremo nascosto durante il «Kali-Yuga»
L’Agarttha, si
dice, non fu sempre sotterranea, né lo rimarrà per sempre; verrà un tempo in
cui, secondo le parole riportate da Ossendowski, «i popoli di Agharti usciranno dalle loro caverne e
appariranno sulla superficie della terra»[1].
Prima della sua scomparsa dal mondo visibile, il centro portava un altro nome perché, a quell’epoca, quello di Agarttha, che significa «imprendibile» o «inaccessibile» (e anche «inviolabile», poiché è il «soggiorno della Pace», Salem), non sarebbe stato adatto; Ossendowski precisa che il centro è divenuto sotterraneo «più di seimila anni fa», data che corrisponde con sufficiente approssimazione all’inizio del Kali-Yuga o «età nera», l’«età del ferro» degli antichi Occidentali, l’ultimo dei quattro periodi nei quali si divide il Manvantara[2]; la sua ricomparsa deve coincidere con la fine di tale periodo.
Prima della sua scomparsa dal mondo visibile, il centro portava un altro nome perché, a quell’epoca, quello di Agarttha, che significa «imprendibile» o «inaccessibile» (e anche «inviolabile», poiché è il «soggiorno della Pace», Salem), non sarebbe stato adatto; Ossendowski precisa che il centro è divenuto sotterraneo «più di seimila anni fa», data che corrisponde con sufficiente approssimazione all’inizio del Kali-Yuga o «età nera», l’«età del ferro» degli antichi Occidentali, l’ultimo dei quattro periodi nei quali si divide il Manvantara[2]; la sua ricomparsa deve coincidere con la fine di tale periodo.
Abbiamo detto prima che tutte le tradizioni alludono a
qualcosa di perduto o di nascosto, che viene rappresentato con simboli diversi;
se preso in senso lato, cioè concernente l’umanità terrestre nel suo insieme,
questo si riferisce appunto alle condizioni del Kali-Yuga. Il periodo attuale è dunque un periodo di oscuramento e
di confusione[3]; le sue condizioni sono
tali che, finché persistono, la conoscenza iniziatica deve necessariamente
rimanere nascosta; da qui il carattere dei «Misteri» dell’antichità detta
«storica» (la quale non risale neppure all’inizio di tale periodo)[4] e
delle organizzazioni segrete di tutti i popoli: organizzazioni che conferiscono
una iniziazione effettiva là dove sussiste ancora una vera dottrina
tradizionale, ma non ne offrono che l’ombra quando lo spirito di tale dottrina
ha cessato dì vivificare i simboli, che ne sono soltanto la rappresentazione
esteriore, e questo perché, per ragioni diverse, ogni legame cosciente col
centro spirituale del mondo si è ormai spezzato; tale è il significato più
specifico della perdita della tradizione, quello concernente in particolare
determinati centri secondari che cessano di essere in rapporto diretto ed
effettivo col centro supremo.
Si dovrebbe parlare, dunque, di qualcosa di nascosto, piuttosto che veramente perduto, perché non per tutti è perduto e vi è chi lo possiede ancora integralmente; se è così, altri hanno sempre la possibilità di ritrovarlo, purché sappiano cercarlo come si conviene, qualora cioè la loro intenzione sia diretta in modo che, attraverso le vibrazioni armoniche che risveglia secondo la legge delle «azioni e reazioni concordanti»[5], essa possa mettersi in comunicazione spirituale effettiva con il centro supremo[6]. Questo modo di dirigere l’intenzione ha, del resto, la sua rappresentazione simbolica in tutte le forme tradizionali; intendiamo parlare dell’orientamento rituale: essa, di fatto, è propriamente un dirigersi verso un centro spirituale che, in ogni caso, è sempre un’immagine del vero «Centro del Mondo»[7].
Si dovrebbe parlare, dunque, di qualcosa di nascosto, piuttosto che veramente perduto, perché non per tutti è perduto e vi è chi lo possiede ancora integralmente; se è così, altri hanno sempre la possibilità di ritrovarlo, purché sappiano cercarlo come si conviene, qualora cioè la loro intenzione sia diretta in modo che, attraverso le vibrazioni armoniche che risveglia secondo la legge delle «azioni e reazioni concordanti»[5], essa possa mettersi in comunicazione spirituale effettiva con il centro supremo[6]. Questo modo di dirigere l’intenzione ha, del resto, la sua rappresentazione simbolica in tutte le forme tradizionali; intendiamo parlare dell’orientamento rituale: essa, di fatto, è propriamente un dirigersi verso un centro spirituale che, in ogni caso, è sempre un’immagine del vero «Centro del Mondo»[7].
Tuttavia, man mano che si procede nel Kali-Yuga, l’unione con questo centro, sempre più chiuso e
nascosto, diviene più difficile e nello stesso tempo divengono più rari i
centri secondari che lo rappresentano esteriormente[8];
sicché, quando questo periodo finirà, la tradizione dovrà essere di nuovo
manifestata nella sua integrità, poiché l’inizio di ogni Manvantara, coincidendo con la fine del precedente, implica
necessariamente, per l’umanità terrestre, il ritorno allo «stato primordiale»[9].
Attualmente in Europa ogni legame cosciente col centro per
mezzo di organizzazioni regolari è interrotto, e così è da molti secoli; tale
rottura, però, non è avvenuta tutt’a un tratto, ma in varie fasi successive[10]. La
prima di queste risale all’inizio del secolo XIV; ciò che abbiamo detto altrove
degli Ordini cavallereschi può far capire come uno dei loro compiti principali
fosse di assicurare una comunicazione fra l’Oriente e l’Occidente,
comunicazione di cui è possibile afferrare la vera portata se si osserva che il
centro di cui parliamo è sempre descritto, almeno per quanto concerne i tempi
«storici», come situato dalla parte dell’Oriente. Tuttavia, dopo la distruzione
dell’Ordine del Tempio, il Rosacrocianesimo, o quanto in seguito fu così
denominato, continuò a garantire il medesimo legame, benché in modo più
dissimulato[11]. Il Rinascimento e la
Riforma segnarono una nuova fase critica e, da ultimo, secondo quanto sembra
indicare Saint-Yves, la rottura completa avrebbe coinciso coi trattati di
Westfalia che, nel 1648, posero fine alla guerra dei Trent’Anni. Osserviamo che
molti autori hanno sostenuto che, poco dopo la guerra dei Trent’Anni, i veri
Rosacroce lasciarono l’Europa per ritirarsi in Asia; ricorderemo, a questo
proposito, che gli Adepti rosacrociani erano in numero di dodici, come i membri
del cerchio più interno dell’Agarttha,
conformemente alla costituzione comune ai tanti centri spirituali formatisi a
immagine di quel centro supremo.
Da quell’epoca in poi, il deposito della conoscenza iniziatica non è più
custodito realmente da nessuna organizzazione occidentale; così Swedenborg
dichiara che la «Parola perduta» va ormai cercata fra i saggi del Tibet e della
Tartaria; e, da parte sua, Anna Katharina Emmerich ha la visione di un luogo
misterioso cui dà il nome di «Montagna dei Profeti», situandolo nelle stesse
regioni. Aggiungiamo che proprio sulla base di informazioni frammentarie
raccolte su questo argomento, senza per altro coglierne il significato, la
Blavatsky concepì l’idea della «Grande Loggia Bianca», che potremmo definire
non tanto un’immagine quanto una semplice caricatura o una parodia immaginaria
dell’Agarttha[12].
[1] Con queste parole si conclude una profezia che il «Re del Mondo» avrebbe fatto nel 1890, quando apparve nel monastero di Narabanchi.
[2] Il Manvantara o èra di un Manu, chiamato anche Mahâ-Yuga, comprende quattro Yuga o periodi secondari: Krita-Yuga (o Satya-Yuga), Trêta-Yuga, Dwâpara-Yuga e Kali-Yuga, i ali vanno identificati rispettivamente con l’«età dell’oro», l’«età dell’argento», l’«età del bronzo» e l’«età del ferro» dell’antichità greco-latina. Vi è, nella successione di questi periodi, una specie di materializzazione progressiva risultante dall’allontanamento dal Principio che accompagna necessariamente lo sviluppo della manifestazione ciclica, nel mondo corporeo, a partire dallo «stato primordiale».
[3] Nel simbolismo biblico l’inizio di questa età è rappresentato dalla Torre di Babele e dalla «confusione delle lingue». Si potrebbe pensare abbastanza logicamente che la caduta e il diluvio corrispondano alla fine delle prime due età; ma il punto di partenza della tradizione ebraica, in realtà, non coincide con l’inizio del Manvantara. Non bisogna dimenticare che le leggi cicliche sono applicabili, in gradi diversi, a periodi che non hanno la medesima estensione e che talvolta si sovrappongono; dal che derivano complicazioni che in un primo momento possono sembrare inestricabili e che non è effettivamente possibile risolvere se non considerando l’ordine di subordinazione gerarchica dei centri tradizionali corrispondenti.
[4] Non sembra che si sia mai osservato con adeguata nettezza in quali difficoltà si trovano gli storici che vogliano stabilire una cronologia certa per tutto ciò che è anteriore al secolo VI a.C.
[5] Questa espressione è presa dalla dottrina taoista; d’altra parte noi intendiamo qui la parola «intenzione» in un senso che è esattamente quello dell’arabo niyah, che viene abitualmente tradotto così; tale senso, del resto, è conforme alla etimologia latina (da in-tendere, tendere verso).
[6] Quanto abbiamo detto permette di interpretare in un senso estremamente preciso le parole del Vangelo: «Cercate e troverete; chiedete e riceverete; bussate e vi sarà aperto», ‑Sarà opportuno riferirsi qui alle indicazioni che abbiamo dato a proposito della «retta intenzione» e della «buona volontà»; si potrà così completare agevolmente la spiegazione della formula: Pax in terra hominibus bonæ voluntatis.
[7] Nell’Islam tale orientazione (qiblah) è come la materializzazione, se così si può dire, dell’intenzione (niyah). L’orientazione delle chiese cristiane è un altro caso particolare che si riferisce, essenzialmente alla medesima idea.
[8] Non si tratta, beninteso, che di una esteriorità relativa, poiché tali centri secondari, dopo l’inizio del Kali-Yuga sono a loro volta più o meno strettamente chiusi.
[9] Si tratta della manifestazione della Gerusalemme celeste la quale, in rapporto al ciclo che finisce, corrisponde al Paradiso terrestre in rapporto al ciclo che comincia, come abbiamo spiegato ne l’Ésotérisme de Dante.
[10] Similmente, da un punto di vista più ampio, vi sono per l’umanità dei gradi nell’allontanamento dal centro primordiale e a tali gradi corrisponde la distinzione dei vari Yuga.
[11] Anche su questo punto siamo obbligati a rinviare al nostro studio su L’Ésotérisme de Dante, dove abbiamo fornito tutte le indicazioni che permettono di giustificare tale asserzione.
[12] Coloro che capiranno le considerazioni qui esposte capiranno anche perché ci è impossibile prendere sul serio le molte organizzazioni pseudo-iniziatiche che sono apparse nell’Occidente contemporaneo: non ve n’è alcuna che, sottoposta a un esame rigoroso, possa dare la minima prova di «regolarità».
All'epoca attuale, queste considerazioni valgono anche per gran parte delle organizzazioni ti 'tipo iniziatico' 'orientali'
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