"…la dottrina è infallibile, è a causa del fatto che essa è un’espressione della verità, la quale, in se stessa, è assolutamente indipendente dagli individui che la ricevono e che la comprendono. La garanzia della dottrina risiede in definitiva nel suo carattere «non-umano»". René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. "Sull’infallibilità tradizionale"

martedì 29 aprile 2014

René Guénon, Il Re del Mondo. X - Nomi e rappresentazioni simboliche dei centri spirituali

René Guénon
Il Re del Mondo

X - Nomi e rappresentazioni simboliche dei centri spirituali

Potremmo citare, per quanto riguarda la «contrada suprema», molte altre tradizioni concordanti; in particolare, per designarla, vi è un altro nome, probabilmente ancora più antico di Paradêsha: è il nome Tula, da cui i Greci derivarono Thule; e, come abbiamo visto, quella Thule era verosimilmente identica alla primitiva «isola dei quattro Signori».
Bisogna notare, del resto, che il nome Tula fu dato a regioni molto diverse, poiché ancora oggi lo si ritrova sia in Russia sia in America centrale; è probabile che ciascuna di queste regioni sia stata, in epoca più o meno lontana, sede di un potere spirituale che era una sorta di emanazione di quello della Tula primordiale. Si sa che la Tula messicana deve la sua origine ai Toltechi; questi, si dice, venivano dall’Aztlan, la «terra in mezzo alle acque», la quale, evidentemente, altro non è che l’Atlantide, e avevano portato il nome Tula dal loro paese di origine; il centro cui diedero quel nome dovette probabilmente sostituire, in una certa misura, quello del continente scomparso[1]. Ma, d’altra parte, bisogna distinguere la Tula atlantidea dalla Tula iperborea, ed è quest’ultima che, in realtà, rappresenta il centro primo e supremo per l’insieme del Manvantara attuale; essa fu l’«isola sacra» per eccellenza e, come dicevamo prima, la sua ubicazione era, in origine, veramente Polare. Tutte le altre «isole sacre» che sono designate ovunque da nomi di significato identico, non furono che sue immagini; così è anche per il centro spirituale della tradizione atlantidea, che regge solo un ciclo storico secondario, subordinato al Manvantara[2].
La parola Tulâ, in sanscrito, significa «bilancia» e designa propriamente il segno zodiacale di questo nome: ma, secondo una tradizione cinese, la Bilancia Celeste era in origine l’Orsa Maggiore[3]. Questa osservazione è della massima importanza perché il simbolismo che si riferisce all’Orsa Maggiore è naturalmente legato nel modo più stretto a quello del Polo[4]; non possiamo dilungarci qui su tale argomento che richiederebbe di essere trattato in uno studio particolare[5]. Sarebbe da esaminare anche il rapporto che può sussistere fra la Bilancia polare e la Bilancia zodiacale; quest’ultima, del resto, è considerata come il «segno del Giudizio», e ciò che abbiamo detto prima della bilancia quale attributo della Giustizia, a proposito di Melki-Tsedeq, può far capire come il suo nome sia servito a designare il centro spirituale supremo.
Tula è chiamata anche l’«isola bianca» e, come abbiamo detto, il bianco rappresenta l’autorità spirituale; nelle tradizioni americane, Aztlan ha per simbolo una montagna bianca, ma questa raffigurazione era attribuita, in origine, alla Tula iperborea e alla «montagna polare». In India, l’«isola bianca» (Shwêta-dwîpa), che si situa generalmente nelle lontane regioni del Nord[6], è considerata come il «soggiorno dei Beati», il che la identifica chiaramente con la «Terra dei Viventi»[7]. Vi è tuttavia un’eccezione, in apparenza: le tradizioni celtiche parlano soprattutto dell’«isola verde» come «isola dei Santi» o «isola dei Beati»[8]; ma al centro di quest’isola s’innalza la «montagna bianca», che non può essere, si dice, sommersa da alcun diluvio[9], e la cui cima è di colore purpureo[10]. Questa «montagna del Sole», come è anche chiamata, corrisponde al Mêru: anch’esso «montagna bianca», è circondato da una fascia verde, essendo situato in mezzo al mare[11], e sulla sua cima brilla il triangolo di luce.
Alla designazione di centri spirituali come l’«isola bianca» (designazione che, ricordiamo, è stata attribuita anche a centri secondari, e non unicamente al centro supremo al quale si applicava in primo luogo), bisogna collegare i nomi di luoghi, contrade o città che similmente esprimono l’idea di bianchezza. Ne esiste un numero cospicuo, da Albione all’Albania, passando da Alba Longa, la città madre di Roma, e dalle altre città antiche che hanno portato il medesimo nome[12]; presso i Greci, il nome della città di Argo ha lo stesso significato[13]; ma la ragione di questi fatti risulterà più chiara da quanto diremo più avanti.
C’è ancora un’osservazione da fare sulla rappresentazione del centro spirituale come isola che per altro racchiude la «montagna sacra»: infatti, anche se una simile localizzazione ha potuto esistere effettivamente (benché non tutte le «Terre Sante» siano isole), essa deve avere anche un significato simbolico. I fatti storici stessi, e soprattutto quelli della storia sacra, traducono, a loro modo, verità di ordine superiore, in ragione della legge di corrispondenza che è il fondamento stesso del simbolismo e che unisce tutti i mondi nell’armonia totale e universale. L’idea che evoca la rappresentazione di cui si tratta qui è essenzialmente quella di «stabilità», che abbiamo appunto indicata come caratteristica del Polo: l’isola rimane immobile in mezzo all’agitazione incessante dei flutti, la quale è un’immagine dell’agitazione del mondo esterno; e, per giungere alla «Montagna della Salvezza», al «Santuario della Pace»[14], bisogna aver attraversato il «mare delle passioni».

* L'illustrazione mostra al-Haram ash-Sharif (il «Nobile Santuario» ovvero la «spianata sacra delle Moschee» di Gerusalemme) della dove sono visibili al-Masjid al-Aqsa (in alto: il nome traducibile come «la moschea ultima» o «la moschea lontana») e la pianta ottagonale della Qubba as-sakhra (in basso: «Cupola della Roccia»). L'immagine è tratta da un manoscritto del XVIII secolo della relazione di viaggio di Nassiri Khosrau.


[1] Il segno ideografico di Aztlan o di Tula era l’airone bianco; l’airone e la cicogna hanno in Occidente il medesimo ruolo che ha l’ibis in Oriente, e questi tre uccelli figurano tra gli emblemi del Cristo; l’ibis, per gli Egizi, era uno dei simboli di Thoth, cioè della saggezza. 
[2] Molta difficoltà nella determinazione precisa del punto di congiunzione della tradizione atlantica con quella iperborea, proviene da certe sostituzioni di nomi che possono dar luogo a confusioni molteplici; la questione tuttavia non è del tutto insolubile. 
[3] L’Orsa Maggiore sarebbe chiamata anche «Bilancia di Giada», essendo la giada un simbolo di perfezione. Presso altri popoli l’Orsa Maggiore e l’Orsa Minore sono state assimilate ai due piatti di una bilancia. ‑ Tale bilancia simbolica ha qualche rapporto con quella di cui si parla nel Siphra di-Tseniutha (il «Libro del Mistero», sezione dello Zohar): quest’ultima è «sospesa in un luogo che non è», ossia nel «non manifestato», rappresentato, per il nostro mondo, dal punto polare; si può dire, d’altra parte, che l’equilibrio di questo mondo poggia effettivamente sul Polo. 
[4] In India, l’Orsa Maggiore è il sapta-riksha, cioè la dimora simbolica dei sette Rishi; questo per la tradizione iperborea, mentre nella tradizione atlantica l’Orsa Maggiore viene sostituita dalle Pleiadi, anch’esse formate da sette stelle; per i Greci, le Pleiadi erano figlie di Atlante e, come tali, chiamate anche Atlantidi. 
[5] È anche curioso notare che, in relazione a quanto detto sopra circa l’assimilazione fonetica tra Mêru e mêros, presso gli antichi Egizi l’Orsa Maggiore era detta la costellazione della Coscia. 
[6] Lo Shwêta-dwîpa è una delle diciotto suddivisioni del Jambu-dwîpa. 
[7] Questo ricorda anche le «Isole Fortunate» dell’antichità occidentale; esse però erano situate a Ovest (il «giardino delle Esperidi»: hesper in greco, vesper in latino indicano la sera, cioè l’Occidente), il che suggerisce una tradizione di origine atlantica e può anche far pensare al «Cielo Occidentale» della tradizione tibetana. 
[8] Il nome di «Isola dei Santi», come quello di «Isola verde», è stato attribuito all’Irlanda e anche all’Inghilterra. ‑Segnaliamo anche il nome dell’isola Heligoland che ha lo stesso significato. 
[9] Abbiamo già segnalato le tradizioni similari concernenti il Paradiso terrestre. ‑ Anche nell’esoterismo islamico, l’«isola verde» (el-jezirah el-khadrah) e la «montagna bianca» (el-jabal el-abiod) sono ben conosciute, anche se all’esterno se ne parla poco. 
[10] Si ritrovano qui i tre colori ermetici: verde, bianco, rosso, di cui abbiamo parlato ne L’Ésotérisme de Dante. 
[11] A volte si tratta, del resto, di una cintura dai colori dell’arcobaleno, che si può paragonare alla sciarpa di Iris; Saint-Yves vi allude nella sua Mission de l’Inde, e ne parla anche Anna Katharina Emmerich nelle sue visioni. ‑ Rinviamo a quanto detto prima sul simbolismo dell’arcobaleno e sui sette dwîpa. 
[12] Il latino albus, «bianco», è da accostare all’ebraico laban, che ha lo stesso significato e il cui femminile Lebanah designa la Luna; in latino Luna significa sia «bianca» sia «luminosa», idee collegate fra loro. 
[13] Non c’è che una differenza di accentazione fra l’aggettivo argos, «bianco», e il nome della città; quest’ultimo è neutro, e lo stesso nome al maschile è quello dell’eroe Argos. Si può pensare anche alla nave Argò (che si dice fosse stata costruita da Argos e il cui albero era fatto con una quercia della foresta di Dodona); in tal caso la parola può anche significare «rapido», essendo la rapidità considerata un attributo della luce (e specialmente del lampo), ma il significato principale è «bianchezza» e, subito dopo, «luminosità». ‑ Dallo stesso nome deriva il nome dell’argento, metallo bianco che corrisponde astrologicamente alla Luna: il latino argentum e il greco arguros hanno evidentemente una radice identica. 
[14] «Lo Yogî, avendo attraversato il mare delle passioni, è unito alla Tranquillità e possiede il Sé nella sua pienezza» dice Shankarâchârya (Atmâ-Bodha). Le passioni designano qui tutte le modificazioni contingenti e transitorie che costituiscono la «corrente delle forme»: si tratta del dominio delle «acque inferiori», secondo il simbolismo comune a tutte le tradizioni. È per questo che la conquista della «Grande Pace» è rappresentata spesso come una navigazione (questa è una delle ragioni per cui la barca, nel simbolismo cattolico, rappresenta la Chiesa); a volte sotto forma di una guerra, e la Bhagavad-Gîtâ può essere interpretata in questo senso; sotto questo punto di vista si potrebbe sviluppare la teoria della «guerra santa» (jihâd) nella dottrina islamica. ‑ Aggiungiamo che il «camminare sulle acque» simboleggia il dominio sul mondo delle forme e del mutamento: Vishnu è detto Nârâyana, «Colui che cammina sulle acque», e, nel Vangelo, si vede il Cristo camminare sulle acque.

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