Il Re del Mondo
IX - L’«Omphalos»
e i betili
Stando a quel che riferisce Ossendowski, il «Re del Mondo»,
in tempi lontani, apparve più volte in India e nel Siam «benedicendo il popolo
con una mela d’oro sormontata da un agnello»; questo particolare assume tutta
la sua importanza se lo si accosta a quanto dice Saint-Yves del «Ciclo
dell’Agnello e dell’Ariete»[1].
D’altra parte, e questo è ancora più notevole, nella simbolica cristiana esistono innumerevoli rappresentazioni dell’Agnello su una montagna dalla quale scendono quattro fiumi che sono evidentemente identici ai quattro fiumi del Paradiso terrestre[2]. Abbiamo detto prima che l’Agarttha, anteriormente all’inizio del Kali-Yuga, portava un altro nome; tale nome era Paradêsha, che in sanscrito significa «Contrada suprema», e ciò si adatta bene al centro spirituale per eccellenza, designato anche come il «Cuore del Mondo»; da questa parola i Caldei hanno tratto Pardes e gli Occidentali Paradiso. Tale è il significato originario di quest’ultima parola, e questo deve permettere di capire pienamente perché dicevamo prima che si tratta sempre, in una forma o nell’altra, di ciò che la Cabbala ebraica chiama Pardes.
D’altra parte, e questo è ancora più notevole, nella simbolica cristiana esistono innumerevoli rappresentazioni dell’Agnello su una montagna dalla quale scendono quattro fiumi che sono evidentemente identici ai quattro fiumi del Paradiso terrestre[2]. Abbiamo detto prima che l’Agarttha, anteriormente all’inizio del Kali-Yuga, portava un altro nome; tale nome era Paradêsha, che in sanscrito significa «Contrada suprema», e ciò si adatta bene al centro spirituale per eccellenza, designato anche come il «Cuore del Mondo»; da questa parola i Caldei hanno tratto Pardes e gli Occidentali Paradiso. Tale è il significato originario di quest’ultima parola, e questo deve permettere di capire pienamente perché dicevamo prima che si tratta sempre, in una forma o nell’altra, di ciò che la Cabbala ebraica chiama Pardes.
D’altra parte, riferendoci ancora a quanto abbiamo spiegato
sul simbolismo del «Polo», è facile anche vedere che la montagna del Paradiso
terrestre è identica alla «montagna polare» di cui si parla, sotto nomi
diversi, in quasi tutte le tradizioni: abbiamo già menzionato il Mêru degli Indù e l’Alborj dei Persiani, come anche il Montsalvat della leggenda occidentale del Graal; citeremo ancora la montagna di Qâf degli Arabi[3] e
anche l’Olimpo dei Greci che, per
molti aspetti, ha lo stesso significato. Si tratta sempre di una regione che,
come il Paradiso terrestre, è divenuta inaccessibile all’umanità comune e che è
situata al di fuori della portata di tutti i cataclismi che sconvolgono il
mondo umano alla fine di determinati periodi ciclici. Questa regione è
veramente la «contrada suprema»; del resto, secondo certi testi vedici e
avestici, la sua situazione sarebbe stata, in origine, polare, anche nel senso
letterale della parola; e nonostante il variare della sua localizzazione
attraverso le diverse fasi della storia dell’umanità terrestre, essa rimane
sempre polare in senso simbolico poiché rappresenta essenzialmente l’asse fisso
intorno al quale si compie la rivoluzione di tutte le cose.
La montagna, naturalmente, raffigura il «Centro del Mondo»
prima del Kali-Yuga, quando cioè esso
esisteva apertamente, in certo senso, e non era ancora sotterraneo; essa
corrisponde dunque a quella che si potrebbe chiamare la sua situazione normale,
al di fuori del periodo oscuro le cui condizioni particolari implicano una
specie di rovesciamento dell’ordine stabilito. Bisogna aggiungere che, al di là
di queste considerazioni in riferimento alle leggi cicliche, i simboli della montagna
e della caverna hanno entrambi la loro ragion d’essere e che vi è tra di essi
una vera complementarità[4];
quanto alla caverna, la si può considerare come situata all’interno della
montagna stessa, o immediatamente al di sotto di essa.
Vi sono anche altri simboli che, nelle tradizioni antiche,
rappresentano il «Centro del Mondo»; forse uno dei più importanti è quello
dell’Omphalos, che si ritrova
anch’esso presso quasi tutti i popoli[5]. La
parola greca omphalos significa «ombelico»,
ma designa anche, in generale, tutto ciò che è centro, e in particolare il
mozzo della ruota; in sanscrito, la parola nâhbi
ha similmente queste diverse accezioni e lo stesso accade, nelle lingue
celtiche e germaniche, per le parole derivate dalla medesima radice, che vi
compare nelle forme nab e nav[6]. D’altra parte, in
gallese, la parola nav o naf, che è evidentemente identica a
queste ultime, ha il significato di «capo» e si applica anche a Dio; l’idea qui
espressa è dunque quella del Principio centrale[7]. Il
senso di «mozzo», del resto, ha un’importanza tutta particolare perché la ruota
è dappertutto il simbolo del Mondo che compie la sua rotazione intorno a un
punto fisso, il quale simbolo, perciò, deve essere avvicinato a quello dello swastika; ma, in quest’ultimo, la
circonferenza che rappresenta la manifestazione non è tracciata, sicché il
centro stesso è designato direttamente: lo swastika
non è una figura del Mondo, ma piuttosto l’azione del Principio rispetto al
Mondo.
Il simbolo dell’Omphalos
poteva essere posto in un luogo che fosse semplicemente il centro di una
determinata regione, centro spirituale, del resto, più che geografico, benché
in particolari circostanze i due possano coincidere; ma, in tal caso, quel
punto era veramente, per il popolo che abitava la regione considerata,
l’immagine visibile del «Centro del Mondo», così come la tradizione propria di
quel popolo non era che un adattamento della tradizione primordiale sotto la
forma che meglio conveniva alla sua mentalità e alle sue condizioni di
esistenza. Il più conosciuto, generalmente, è l’Omphalos del tempio di Delfi, il quale era davvero il centro spirituale
della Grecia antica[8]; senza insistere su tutte
le ragioni che potrebbero giustificare tale asserzione, faremo notare soltanto
che proprio là si riuniva, due volte all’anno, il consiglio degli Anfizioni,
composto dai rappresentanti di tutti i popoli ellenici, che costituiva, del
resto, l’unico legame effettivo fra quei popoli, legame la cui forza risiedeva
appunto nel suo carattere essenzialmente tradizionale.
L’Omphalos, di
solito, era materialmente rappresentato da una pietra sacra, che spesso viene
chiamata «betilo»; questa parola, probabilmente, non è altro che l’ebraico Beith-El, «casa di Dio», il nome che
Giacobbe diede al luogo in cui il Signore gli si era manifestato in sogno: «E
Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: Sicuramente il Signore è in questo luogo
e non lo sapevo. E fu spaventato e disse: Questo luogo, come è terribile! esso
è la casa di Dio e la porta dei Cieli.
E Giacobbe si levò presto al mattino, e prese la pietra che
gli era servita da capezzale, la eresse come un pilastro, e versò olio sulla
sua sommità (per consacrarla). E diede a quel luogo il nome di Beith-El; ma il primo nome di quella
città era Luz»[9].
Abbiamo già spiegato il significato della parola Luz; si dice poi che Beith-El, «casa di Dio», divenne Beith-Lehem, «casa del pane», la città
in cui nacque Cristo[10]; in
ogni caso, la relazione simbolica esistente fra la pietra e il pane è degna di
molta attenzione[11]. Bisogna notare inoltre
che il nome di Beith-El non viene
attribuito soltanto al luogo, bensì alla pietra stessa: «E questa pietra, che
ho eretta come un pilastro, sarà la casa di Dio»[12]. È
la pietra, dunque, che deve essere propriamente l’«abitacolo divino» (mishkan), secondo la designazione che
sarà data più tardi al Tabernacolo, cioè alla sede della Shekinah; tutto ciò si ricollega naturalmente alla questione degli
«influssi spirituali» (berakoth) e,
quando si parla del «culto delle pietre», che fu comune a tanti popoli antichi,
bisogna rendersi conto che tale culto era rivolto non alle pietre, ma alla
Divinità che in esse risiedeva.
La pietra che rappresentava l’Omphalos poteva avere la forma di un pilastro, come la pietra di
Giacobbe; ma è molto probabile che, presso i popoli celtici, certi menhir avessero questo significato; e
gli oracoli venivano dati vicino a simili pietre, come a Delfi, il che si può
spiegare col fatto che esse erano considerate la dimora della Divinità; la
«casa di Dio», del resto, si identifica naturalmente col «Centro del Mondo». L’Omphalos poteva essere rappresentato
anche da una pietra di forma conica, come la pietra nera di Cibele, oppure
ovoidale; il cono ricordava la montagna sacra. simbolo del «Polo» o dell’«Asse
del Mondo»; quanto alla forma ovoidale, essa si riferisce direttamente a un
altro simbolo molto importante, quello dell’«Uovo del Mondo»[13]. L’Omphalos, di solito, era rappresentato
dunque da una pietra; talvolta però era rappresentato da una montagnola, una
specie di tumulo, altra immagine della montagna sacra; così in Cina, al centro
di ogni regno o Stato feudale, si elevava un tempo una montagnola di forma
quadrangolare, costituita dalla terra delle «cinque regioni»: le quattro facce
corrispondevano ai quattro punti cardinali, e la cima al centro stesso[14].
Cosa singolare, queste «cinque regioni» le ritroveremo in Irlanda, dove
similmente la «pietra eretta del capo» era innalzata al centro di ogni regno[15].
Fra i paesi celtici, l’Irlanda è quello che fornisce il
maggior numero di dati relativi all’Omphalos;
un tempo, essa era divisa in cinque regni di cui uno portava il nome di Mide (rimasto sotto la forma
anglicizzata Meath), che è l’antica
parola celtica medion, «mezzo»,
identica al latino medius[16]. Questo regno di Mide, originariamente formato da
porzioni prelevate sui territori degli altri quattro, era divenuto
l’appannaggio, particolare del re supremo d’Irlanda, al quale gli altri re
erano subordinati[17]. A
Ushnagh, che rappresenta abbastanza esattamente il centro del paese, si ergeva
una pietra gigantesca chiamata «ombelico della Terra», e designata col nome di
«pietra delle porzioni» (ailna-meeran),
perché indicava il luogo di convergenza, all’interno del regno di Mide, delle linee di separazione dei
quattro regni primitivi. Vi si teneva annualmente, il primo maggio,
un’assemblea generale in tutto simile alla riunione annuale dei Druidi nel
«luogo consacrato centrale» (medio-lanon
o medio-nemeton) della Gallia, nel
paese dei Carnuti; e parimenti si impone. l’accostamento con l’assemblea degli
Anfizioni a Delfi.
La divisione dell’Irlanda in quattro regni più la regione centrale,
residenza del capo supremo, si ricollega a tradizioni antichissime. In effetti
l’Irlanda, per tale ragione, fu detta l’«isola dei quattro Signori»[18], ma
questa denominazione, come del resto quella di «isola verde» (Erin), era attribuita, in tempi
anteriori, a un’altra terra molto più settentrionale, oggi sconosciuta, e forse
scomparsa, Ogigia o piuttosto Thule, che fu uno dei più importanti
centri spirituali o addirittura il centro supremo, durante un certo periodo. Il
ricordo di quell’«isola dei quattro Signori» si ritrova anche nella tradizione
cinese, il che finora non sembra esser mai stato notato; citiamo un testo
taoista che ne fa fede: «L’Imperatore Yao si diede molto da fare e pensò di
aver regnato nel modo ideale. Dopo che ebbe visitato i quattro Signori, nella
lontana isola di Kou-chee (abitata da
"uomini veri", tchenn-jen, cioè uomini reintegrati nello
"stato primordiale"), riconobbe di aver guastato tutto. L’ideale è
l’indifferenza (o piuttosto il distacco, nell’attività "non agente")
del super-uomo[19] il quale lascia che la
ruota cosmica giri»[20].
D’altra parte i «quattro Signori» si identificano con i quattro Mahârâja o «grandi re» i quali, secondo
le tradizioni dell’India e del Tibet, presiedono ai quattro punti cardinali[21];
essi corrispondono al tempo stesso agli elementi: il Signore supremo, il
quinto, che risiede al centro, sulla montagna sacra, rappresenta allora l’Etere
(Akâsha), la «quint’essenza» (quinta essentia) degli ermetici,
l’elemento primordiale da cui procedono gli altri quattro[22];
tradizioni analoghe si ritrovano anche nell’America centrale.
[1] Ricordiamo che abbiamo già alluso altrove al rapporto esistente fra l’Agni vedico e il simbolo dell’Agnello (L’Ésotérisme de Dante, 1957, pp. 69-70; L’Homme et son devenir selon le Vêdânta, p. 43); l’ariete rappresenta, in India, il veicolo di Agni. ‑ D’altra parte Ossendowski indica a più riprese che il culto di Râma esiste ancora in Mongolia; dunque, contrariamente a quanto sostiene la maggior parte degli orientalisti, là troviamo qualcosa di diverso dal Buddismo. Da altra fonte ci sono state comunicate informazioni concernenti i ricordi del «Ciclo di Ram» che sussisterebbero in Cambogia; tali informazioni ci sono parse così straordinarie che abbiamo preferito non darne conto; menzioniamo il fatto solo per ricordarlo.
[2] Segnaliamo le rappresentazioni dell’Agnello sul libro sigillato con sette sigilli di cui si parla nell’Apocalisse; anche il Lamaismo tibetano possiede sette sigilli misteriosi e non pensiamo che tale accostamento sia puramente accidentale.
[3] È detto della montagna di Qâf che non si può raggiungerla «né per terra né per mare» (lâ bil-barr wa lâ bil-.bahr; si veda ciò che si è detto prima sul Montsalvat), e fra le altre designazioni essa ha quella di «Montagna dei Santi» (Jabal el-Aroliyâ), che va accostata alla «Montagna dei Profeti» di Anna Katharina Emmerich.
[4] Tale complementarità è quella dei due triangoli, disposti in senso inverso l’uno rispetto all’altro, che formano il «sigillo di Salomone»; è paragonabile anche a quella della lancia e della coppa, di cui abbiamo già parlato, e di molti altri simboli a essi equivalenti.
[5] W. H. Roscher, in un’opera intitolata Omphalos, pubblicata nel 1913, ha riunito una notevole quantità di documenti che attestano questo fatto presso i popoli più diversi; ma ha torto nel sostenere che tale simbolo sia legato all’idea che i vari popoli si facevano sulla forma della terra, perché immagina che si tratti della credenza in un centro della superficie terrestre nel senso più grossolanamente letterale; questa opinione implica un totale fraintendimento del significato profondo del simbolismo. ‑ Utilizzeremo, per quanto segue, alcune informazioni contenute in uno studio di J. Loth su L’Omphalos chez les Celtes, pubblicato nella «Revue des études anciennes» (luglio-settembre 1915).
[6] In tedesco, Nabe, mozzo della ruota, e Nabel, ombelico; parimenti in inglese nave e navel, parola che ha anche il significato generale di centro o mezzo. ‑ Il greco omphalos e il latino umbilicus provengono del resto da una semplice modificazione della stessa radice.
[7] Agni, nel Rig-Vêda, è detto «ombelico della Terra», il che si ricollega ancora una volta alla medesima idea; lo swastika è spesso, come abbiamo già detto, un simbolo di Agni.
[8] Vi erano, in Grecia, altri centri spirituali, ma più particolarmente riservati all’iniziazione ai Misteri, come Eleusi e Samotracia, mentre Delfi aveva un ruolo sociale che concerneva direttamente tutto l’insieme della collettività ellenica.
[9] Genesi, XXVIII, 16-19.
[10] Da notare la somiglianza fonetica di Beith-Lehem con la forma Beith-Elohim, che figura anch’essa nel testo del Genesi.
[11] «E il tentatore, avvicinandosi, disse a Gesù: Se sei il figlio di Dio, ordina che queste pietre divengano pane» (Matteo, IV, 3; si veda Luca, IV, 3). Tali parole hanno un senso misterioso, connesso con quanto segue: Cristo doveva sì compiere una simile trasformazione, ma spiritualmente e non materialmente come il tentatore richiedeva; ora, l’ordine spirituale è analogo all’ordine materiale, ma in senso inverso, ed è caratteristica del demonio prendere le cose a rovescio. È Cristo stesso che, come manifestazione del Verbo, è il «pane vivente disceso dal Cielo», dal che la risposta: «L’uomo non vive di solo pane, ma di qualsiasi parola che esca dalla bocca di Dio»; quel pane doveva, nella Nuova Alleanza, essere sostituito alla pietra come «Casa di Dio»; e, aggiungeremo noi, è per questo che gli oracoli sono cessati. Ancora a proposito del pane che si identifica con la «carne» del Verbo manifestato, può essere interessante notare che la parola araba lahm, che è la stessa dell’ebraico lehem, ha appunto il significato di «carne» invece di quello di «pane».
[12] Genesi, XXVIII, 22.
[13] Talvolta, e in particolare su certi omphaloi greci, la pietra era circondata da un serpente; se ne possono vedere arrotolati alla base o alla sommità delle pietre di confine caldee, le quali devono essere considerate come veri «betili». Del resto il simbolo della pietra, come quello dell’albero, altra raffigurazione dell’«Asse del Mondo», è in generale in stretto rapporto con quello del serpente; lo stesso vale per quello dell’uovo, soprattutto presso i Celti e gli Egizi. ‑ Un esempio ragguardevole di raffigurazione dell’Omphalos è il «betilo» di Kermaria, che ha la forma di un cono irregolare, arrotondato alla sommità, una faccia del quale porta il segno dello swastika. J. Loth, nello studio che abbiamo citato, ha fornito fotografie di questo «betilo» e di altre pietre del genere.
[14] Il numero 5, nella tradizione cinese, ha un’importanza simbolica particolare.
[15] Brehon Laws, citate da J. Loth.
[16] Si noti che la Cina è anch’essa designata col nome di «Impero del Mezzo».
[17] La capitale dei regno di Mide era Tara; in sanscrito la parola Târâ significa «stella» e, in particolare, designa la stella polare.
[18] Il nome di san Patrizio, conosciuto di solito solo nella forma latinizzata, era originariamente Cothraige, che significa il «servitore dei quattro».
[19] L’«uomo vero», essendo posto al centro, non partecipa più al movimento delle cose, ma in realtà lo dirige mediante la sua sola presenza, poiché in lui si riflette l’«Attività del Cielo».
[20] Tchoang-Tseu, cap. I; traduzione del Padre Wieger, p. 213. ‑ L’imperatore Yao regnava, si dice, nell’anno 2356 a.C.
[21] Qui si potrebbe fare anche un raffronto con i quattro Awtâd dell’esoterismo islamico.
[22] Nelle figure a croce, come lo swastika, questo elemento primordiale è parimenti rappresentato dal punto centrale, che è il Polo, gli altri quattro elementi, come pure i quattro punti cardinali, corrispondono ai quattro bracci della croce, che simboleggiano per altro il quaternario in tutte le sue applicazioni.
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