Il Re del Mondo
V - Il
simbolismo del Graal
Abbiamo appena alluso ai «Cavalieri della Tavola Rotonda»;
non sarà fuori luogo accennare qui al significato della «cerca del Graal» che,
nelle leggende di origine celtica, è presentata come loro funzione principale;
si fa così allusione, in tutte le tradizioni, a qualcosa che, a partire da una
certa epoca, sarebbe andato perduto o nascosto: il Soma degli Indù, per esempio, o lo Haoma dei Persiani, la «bevanda d’immortalità» che ha appunto un
rapporto molto diretto col Graal
poiché questo, si dice, è il vaso sacro che contiene il sangue di Cristo,
anch’esso «bevanda d’immortalità».
Altrove, il simbolismo è diverso: così, presso gli Ebrei, ciò che è andato perduto è la pronuncia del gran Nome divino[1]; ma l’idea fondamentale è sempre la stessa e vedremo poi a che cosa corrisponde esattamente.
Altrove, il simbolismo è diverso: così, presso gli Ebrei, ciò che è andato perduto è la pronuncia del gran Nome divino[1]; ma l’idea fondamentale è sempre la stessa e vedremo poi a che cosa corrisponde esattamente.
Il Santo Graal, si dice, è la coppa che servì alla Cena e
nella quale Giuseppe d’Arimatea raccolse poi il sangue e l’acqua che sgorgavano
dalla ferita aperta nel fianco di Cristo dalla lancia del centurione Longino[2].
Questa coppa, secondo la leggenda, sarebbe stata trasportata in Gran Bretagna
da Giuseppe d’Arimatea e da Nicodemo[3]; e in
questo si deve vedere un legame fra la tradizione celtica e il Cristianesimo.
La coppa, infatti, ha un ruolo molto importante nella maggior parte delle
tradizioni antiche e così era segnatamente presso i Celti; è da notare inoltre
che spesso è associata alla lancia, e allora questi due simboli divengono in certo
modo reciprocamente complementari; ma questo ci allontanerebbe dal nostro tema[4].
Ciò che ci mostra forse nel modo più netto il significato
essenziale del Graal è quanto ci viene detto sulla sua origine: la coppa
sarebbe stata intagliata dagli Angeli in uno smeraldo staccatosi dalla fronte
di Lucifero al momento della sua caduta[5]. Tale
smeraldo ricorda in modo sorprendente l’urnâ,
la perla frontale che nel simbolismo indù (dal quale è passata nel Buddismo)
spesso occupa il posto del terzo occhio di Shiva,
rappresentando il «senso dell’eternità», se così si può dire, come abbiamo
spiegato in altra sede[6]. Del
resto, si dice poi che il Graal fu affidato ad Adamo nel Paradiso terrestre ma
che, al momento della sua caduta, Adamo lo perse a sua volta. E infatti non
poté portarlo con sé quando fu cacciato dall’Eden; cosa che diventa chiarissima
se sottintendiamo il significato che abbiamo appena indicato. Di fatto, l’uomo,
allontanato dal suo centro originario, si trovava rinchiuso, a partire da quel
momento, nella sfera temporale; non poteva più raggiungere il punto unico dal
quale tutte le cose sono contemplate nel loro aspetto eterno. In altri termini,
il possesso del «senso dell’eternità» è legato a quello che tutte le tradizioni
chiamano, come abbiamo già ricordato, lo «stato primordiale», la cui
restaurazione costituisce il primo stadio della vera iniziazione, essendo la
condizione preliminare per la conquista effettiva degli stati «sovrumani»[7]. Il
Paradiso terrestre, per altro, rappresenta propriamente il «Centro del Mondo» e
quanto diremo in seguito sul significato originario della parola Paradiso lo farà capire ancor meglio.
Quanto segue può apparire più enigmatico: Seth ottenne di
rientrare nel Paradiso terrestre e poté recuperare il prezioso vaso; ora il nome
Seth esprime le idee di fondamento e
di stabilità e perciò indica, in qualche modo, la restaurazione dell’ordine
primordiale distrutto dalla caduta dell’uomo[8]. È
comprensibile dunque che Seth e quelli che dopo di lui possedettero il Graal
abbiano potuto proprio per questo fondare un centro spirituale destinato a
sostituire il Paradiso perduto, e che era come un’immagine di esso; dunque il
possesso del Graal rappresenta la conservazione della tradizione primordiale
nella sua integrità in un simile centro spirituale. La leggenda, del resto, non
dice né dove né da chi il Graal fu custodito fino all’epoca di Cristo; ma
l’origine celtica che gli si riconosce lascia intendere senza dubbio che i
Druidi vi ebbero una parte importante e che devono essere considerati fra i
custodi regolari della tradizione primordiale.
La perdita del Graal, o di qualcuno dei suoi equivalenti
simbolici, significa in definitiva la perdita della tradizione con tutto ciò
che essa comporta; ma, a dire il vero, tale tradizione è piuttosto nascosta che
perduta, o almeno può essere perduta solo per quei centri secondari che abbiano
cessato di essere in relazione diretta col centro supremo. Quest’ultimo invece
conserva sempre intatto il deposito della tradizione e non è intaccato dai
cambiamenti che sopravvengono nel mondo esterno; è così che, secondo vari Padri
della Chiesa e soprattutto sant’Agostino, il diluvio non ha potuto raggiungere
il Paradiso terrestre, che è «la dimora di Enoch e la Terra dei Santi»[9], e la
cui cima «tocca la sfera lunare», cioè si trova al di là del regno del
mutamento (identificato nel «mondo sublunare»), nel punto di comunicazione
della Terra con i Cieli[10]. Ma,
come il Paradiso terrestre è divenuto inaccessibile, così il centro supremo,
che è in fondo la stessa cosa, può, nel corso di un certo periodo, non essere
manifestato esteriormente; si può dire allora che la tradizione è perduta per
l’insieme dell’umanità, perché è conservata solo in alcuni centri rigorosamente
chiusi, mentre la massa degli uomini non vi partecipa più in modo cosciente ed
effettivo, contrariamente a quanto avveniva nello stato originario[11];
tale è appunto la condizione dell’epoca attuale, il cui inizio risale, del
resto, molto di là da quanto è accessibile alla storia ordinaria e «profana». E
così la perdita della tradizione può, secondo i casi, essere intesa in questo
senso generale, oppure essere riferita all’oscuramento del centro spirituale
che, più o meno invisibilmente, reggeva i destini di un popolo particolare o di
una determinata civiltà; bisogna dunque, ogni volta che si incontra un
simbolismo che vi si riferisce, esaminare se deve essere interpretato nell’uno
o nell’altro senso.
Secondo quanto abbiamo detto ora, il Graal rappresenta al
tempo stesso due cose strettamente solidali l’una con l’altra: colui che
possiede integralmente la «tradizione primordiale», che è giunto al grado di
conoscenza effettiva che tale possesso implica essenzialmente, è, di fatto,
proprio per questo reintegrato nella pienezza dello «stato primordiale». A
queste due cose, «stato primordiale» e «tradizione primordiale», si riferisce
il doppio senso che è inerente alla parola Graal,
perché, a causa di una di quelle assimilazioni verbali che nel simbolismo hanno
spesso un ruolo non indifferente, e che hanno per altro ragioni molto più
profonde di quanto si immaginerebbe a prima vista, il Graal è insieme un vaso (grasale) e un libro (gradale o graduale); quest’ultimo aspetto designa chiaramente la tradizione,
mentre l’altro concerne più direttamente lo stato primordiale[12].
Non intendiamo addentrarci qui nei particolari secondari
della leggenda del Santo Graal, benché abbiano tutti un valore simbolico, né
seguire la storia dei «Cavalieri della Tavola Rotonda» e delle loro imprese;
ricorderemo soltanto che la «Tavola Rotonda», costruita da Re Artù[13]
secondo i piani di Merlino, era destinata a ricevere il Graal quando uno dei
Cavalieri fosse riuscito a conquistarlo e l’avesse trasportato dalla Gran
Bretagna in Armorica. La Tavola Rotonda è verosimilmente un simbolo molto antico,
di quelli che furono sempre associati all’idea dei centri spirituali, custodi
della tradizione; la forma circolare della tavola, del resto, è legata
formalmente al ciclo dello zodiaco per la presenza intorno a essa di dodici
personaggi principali[14], particolarità
che, come dicevamo prima, si ritrova sempre nella costituzione di centri di
questo tipo.
Vi è poi un simbolo che si collega a un altro aspetto della
leggenda del Graal, e merita un’attenzione speciale: quello del Montsalvat (letteralmente «Monte della
salvezza»), il picco situato «ai confini lontani cui nessun mortale si
avvicina», rappresentato come sorgente dal mare, in una regione inaccessibile e
dietro il quale si leverebbe il sole. È al tempo stesso l’«isola sacra» e la
«montagna polare», due simboli equivalenti di cui riparleremo in seguito; è la
«Terra d’immortalità», che si identifica naturalmente con il Paradiso terrestre[15].
Per tornare al Graal, è facile rendersi conto che, fondamentalmente, il
suo significato primo è in fondo lo stesso di quello che generalmente ha il
vaso sacro, ovunque si trovi, e, in Oriente, la coppa sacrificale che in
origine conteneva, come abbiamo osservato, il Soma vedico o lo Haoma
mazdeo, cioè la «bevanda d’immortalità» capace di conferire o restituire, a
coloro che la ricevono con le disposizioni richieste, il «senso dell’eternità».
Non possiamo, senza allontanarci dal nostro tema, dilungarci ulteriormente sul
simbolismo della coppa e di ciò che essa contiene; per sviluppare adeguatamente
questo tema dovremmo dedicargli uno studio speciale; ma l’osservazione che
abbiamo appena fatto ci condurrà ad altre considerazioni della massima
importanza per ciò che ora ci proponiamo di trattare.
[1] Ricorderemo a questo proposito la «Parola perduta» della Massoneria,
che simboleggia similmente i segreti della vera iniziazione; la «ricerca della
Parola perduta» è dunque una forma della «cerca del Graal». Ciò giustifica la
relazione, segnalata dallo storico Henri Martin, fra la «Massenia del Santo
Graal» e la Massoneria (si veda L’Ésotérisme
de Dante, ed. 1957, pp. 35-36); le spiegazioni che diamo qui permetteranno
di capire quanto si diceva circa la connessione strettissima che vi è fra il
simbolismo del Graal e il «centro
comune» di tutte le organizzazioni iniziatiche.
[2] Il nome Longino
è apparentato col nome della lancia, in greco logké (che si pronuncia lonké);
il latino lancea, del resto, ha la
medesima radice.
[3] Questi due personaggi rappresentano qui
rispettivamente il potere regale e il potere sacerdotale; lo stesso accade per
Artù e Merlino nell’istituzione della «Tavola Rotonda».
[4] Diremo soltanto che il simbolismo della lancia è
spesso in rapporto con l’«Asse del Mondo»; a questo riguardo, il sangue che
stilla dalla lancia ha lo stesso significato della rugiada che emana
dall’«Albero della Vita»; come è noto,
tutte le tradizioni sono unanimi nell’affermare che il principio vitale è
intimamente legato al sangue.
[5] Alcuni dicono uno smeraldo caduto dalla corona di
Lucifero, ma è un equivoco proveniente dal fatto che Lucifero, prima della sua caduta,
era l’«Angelo della Corona» (cioè Kether,
la prima Sephirah), in ebraico Hakathriel, nome che, del resto, ha come
numero 666.
[6] L’Homme et son devenir
selon le Vêdânta, p. 150.
[7] Circa questo «stato primordiale» o «stato edenico»,
vedi L’Ésotérisme de Dante, ed. 1957,
pp. 46-48, 68-70; L’Homme et son devenir
selon le Vêdânta, p. 182.
[8] Si dice che Seth rimase quarant’anni nel Paradiso
terrestre; il numero 40 ha anche un significato di «riconciliazione» o di
«ritorno al principio». I periodi misurati mediante questo numero si ritrovano
spesso nella tradizione giudeo-cristiana: ricordiamo i quaranta giorni del
Diluvio, i quarant’anni durante i quali gli Israeliti errarono nel deserto, i
quaranta giorni che Mosè passò sul Sinai, i quaranta giorni del digiuno di
Cristo (la Quaresima ha naturalmente lo stesso significato); e se ne potrebbero
trovare altri ancora.
[9] «E Enoch andò verso Dio, e non apparve più (nel mondo
visibile o esterno), perché Dio lo prese» (Genesi,
v, 24). Dunque sarebbe stato trasportato nel Paradiso terrestre; tale è anche
l’opinione di teologi come Tostat e Caetano. ‑ Sulla «Terra dei Santi» o «Terra
dei Viventi», vedi oltre.
[10] Ciò è conforme al simbolismo usato da Dante, che
situa il Paradiso terrestre sulla cima della montagna del Purgatorio, la quale
si identifica così con la «montagna polare» di tutte le tradizioni.
[11] La tradizione indù insegna che all’origine vi era una
sola casta, chiamata Hamsa; ciò
significa che tutti gli uomini possedevano allora normalmente e spontaneamente
il grado spirituale che è designato con questo nome e che è al di là della
distinzione delle quattro caste attuali.
[12] In certe versioni della leggenda del Santo Graal i
due significati si trovano strettamente uniti, perché il libro diviene allora
un’iscrizione tracciata dal Cristo o da un Angelo sulla coppa stessa. ‑ Si
potrebbero fare a questo proposito facili accostamenti col «Libro della Vita» e
con certi elementi del simbolismo apocalittico.
[13] Il nome Artù
ha un significato assai notevole, che si ricollega lega al simbolismo «polare»,
e che forse spiegheremo in altra occasione.
[14] I «Cavalieri della Tavola Rotonda» sono talvolta in
numero di cinquanta (che era, presso gli Ebrei, il numero del Giubileo, e che
si riferisce anche al «regno dello Spirito Santo»); ma anche in quel caso, ve
ne sono sempre dodici che hanno un ruolo preponderante. ‑ Ricordiamo inoltre, a
questo proposito, i dodici Pari di Carlo Magno in altri racconti leggendari del
medioevo.
[15] La somiglianza del Montsalvat col Mêru ci è
stata segnalata da alcuni Indù e ci ha indotti a esaminare più da vicino il
significato della leggenda occidentale del Graal.
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