Mappamondo di Giovanni Leardo |
Un
testo medievale sul Re del Mondo[1]
a cura di Dario Chioli
Avventura
meravigliosa di due messi di Alessandro
Gangies, lo grande fiume, nasce di dritto
contra 'l nascimento del Sole,[2] lo quale
l'uomo dice[3]
che è Egeon, l'uno de' quattro ch'escono del paradiso terrestre,[4] colà
dove Alessandro s'arrestò quando credette essere al capo de la fine del mondo.
Ma quando li fu detto che più là non riparava gente, sì guernio due navi e
misevi uomini e disse: «andate tanto avanti, che voi mangiate di questa vivanda
le tre parti, e la quarta vi basti a rivenire, per ciò che a la china
dell'acqua verrete più tosto tre tanto, che andare al contrario; e ciò che voi
trovarrete, mi raccontiate». Mistones[5] et
Arestes, che così avevano nome, andaro tanto avanti, che consumaro la vivanda
in fino a la quarta parte. E volendosi mettare al ritorno, scupriro dell'acqua[6] uno
piccolo riparo molto bene acconcio e chiuso d'uno alto muro; e belli verzieri
v'avea, et era sopra la riva del fiume. Da l'altra parte de la riva aveva una
grande montagna, et a' piei di quella montagna sì aveva un'altissima colonna,
et uno anello con una catena traversava l'acqua, sì che neuno poteva di là
passare senza bassare la catena, perchè l'altro capo era dentro a la magione.
Allora salío avanti Mestones, e crullò la catena. Allora aparbe uno bello
massaio; la barba aveva bianca, la faccia vermeglia, vestito d'uno bianco
armellino, e mise lo capo e le spalle fuore de la finestra, et uno sì grande
odore uscío di sue vestimenta, come se tutto '1 balsimo del mondo et oncenso vi
fusse sparto; e li àrboli[7] medesimi
rendevano grande odore. Allora disse quel vecchio uomo: «che domandate voi?» E
coloro risposero e dissero: «messi semo del grande Alessandro, e cerchiamo lo
mondo perché del tutto desidera d'essere signore. E se tu ci doni vivanda e
levi la catena, noi ci mettaremo avanti e rinunziaremo[8] al
nostro signore se alcuna maravillia trovarremo».
Allora disse l'antico uomo: «voi non sete ben savi, che andate cercando li secreti del Signore del mondo». Allora disse Mestones : «è elli altro Signore che Alessandro?» Rispose il vecchio: «mai sì, è un altro che non à pari: Alessandro nacque prima di lui, et elli fu prima d'Alessandro, e àmi dato questo luogo a guardare; e quine oltre àe uno ricco verziere, e non vuole che neuno v’entri dentro, ed àvi uno arbolo che chi mangia del frutto non può morire. Egli è trecento anni che io fui a questa guardia, e giammai non passaro che due uomini, l'uno dinanzi al diluvio, e l'altro poi;[9] e vivono e viveranno in questo verziere sani, senza macula, longiamente. Né io non morrò infino a tanto saranno passati di qui adietro; e ciò non sarà fino a tanto che un altro verrà, lo quale vorrà suo reame sprovare[10] più che Alessandro, che vorrà montare fino alli secreti di Dio. Allora verrà lo re del mondo, lo quale non potrà quello orgoglio sofferire: sì 'nvierà questi due suoi campioni contra lui, et ad me converrà levare allora questa catena.
Allora disse l'antico uomo: «voi non sete ben savi, che andate cercando li secreti del Signore del mondo». Allora disse Mestones : «è elli altro Signore che Alessandro?» Rispose il vecchio: «mai sì, è un altro che non à pari: Alessandro nacque prima di lui, et elli fu prima d'Alessandro, e àmi dato questo luogo a guardare; e quine oltre àe uno ricco verziere, e non vuole che neuno v’entri dentro, ed àvi uno arbolo che chi mangia del frutto non può morire. Egli è trecento anni che io fui a questa guardia, e giammai non passaro che due uomini, l'uno dinanzi al diluvio, e l'altro poi;[9] e vivono e viveranno in questo verziere sani, senza macula, longiamente. Né io non morrò infino a tanto saranno passati di qui adietro; e ciò non sarà fino a tanto che un altro verrà, lo quale vorrà suo reame sprovare[10] più che Alessandro, che vorrà montare fino alli secreti di Dio. Allora verrà lo re del mondo, lo quale non potrà quello orgoglio sofferire: sì 'nvierà questi due suoi campioni contra lui, et ad me converrà levare allora questa catena.
Io non ve ne posso più dire; ma
ritornate, chè se voi andate più avanti, non potrete scampare da morte. E, per
ciò che voi andate maravillie cercando, voi ne li portarete una». Allora lo'
donò una pietra di grossezza d’una nocella, et eravi uno occhio sì bello
intalliato, che pareva che guardasse sì chiaro come occhio del mondo; e disse:
«portarete questa pietra al vostro signore, e direteli che questa è quella cosa
che più lo somiglia che cosa del mondo; e diteli che mio nome non può sapere».
Allora si rimise dentro a la finestra; e li due navicanti tornaro ad
Alessandro, e dierli la pietra, e raccontiarli tutto el detto e '1 fatto che
trovaro.
Alessandro mandò per savi, e non poteva
nè sapeva ritrattare la simillianza de la pietra.[11] Allora
mandò per Aristotile lo quale era amalato. Aristotile vi venne, e cognobbe la
pietra, e fecesi aportare una bilancia e bisanti d'oro assai, e mise la pietra
ne la bilancia e li bisanti da l'altra, e tanti ne contrapesava la pietra,
quanti vi se ne mettevano. Allora prese Aristotile una poca di polvere, e
meschiolla con una poca di sua saliva, e coprinne questo occhio, lo quale era
ne la pietra intagliato.
Allora mutò maniera, chè uno picciolo
filo di pallia contrapesava la pietra. Poi disse ad Alessandro: «vedi la
simillianza! mentre che li occhi tuoi veggiono, tu contrapesi tutto '1 mondo;
quando sarai morto, che li tuoi occhi saranno coperti di polvare, ogni leggera
cosa pesarà più di te». Allora Alessandro la gittò nel fiume. La pietra si mise
per lo fiume correndo come uno dalfino; e dice uomo[12] che
ella ritornò und'ella venne.
Postfazione di Dario Chioli
Sul tema del «Re del
Mondo» è ovviamente doveroso il rimando a René Guénon, Le Roi du Monde, Parigi, 1927, trad. di Arturo Reghini presso
Atanòr, Roma, 1952, e poi di Bianca Candian, Adelphi, Milano, 1977, in cui si
troverà la maggior parte dei riferimenti simbolici utili per avvicinarsi al
tema (una prima edizione dell'opera uscì in forma di articolo, tradotto in
italiano, nel numero di dicembre 1924 della rivista Atanòr, la cui ristampa anastatica è stata effettuata intorno al
1979 dall'omonima casa editrice).
L'idea di una cerchia
misteriosa esistente in un qualche luogo inarrivabile con comuni mezzi (Pardés, Shambhala, Agarttha) è diffusa,
affascinante e purtroppo anche concausa di innumerevoli menzogne. E quella di Re del Mondo non sarebbe, come per
esempio quella di Prete Gianni, che
una delle denominazioni utilizzate per designarne il sovrano a un tempo
spirituale e temporale, supremo – anche se per lo più indiscernibile - vertice
gerarchico del mondo terreno.
Si può cercare di
delimitare il problema affermando che esiste, all'interno di ogni stato di
manifestazione, ivi inclusi sia l'esperienza interiore del singolo sia il mondo
terreno nel suo complesso, un centro assiale, unico accesso diretto agli stati
gerarchicamente superiori ed inferiori, inarrivabile per chi non si è, nel
profondo, volto irreversibilmente allo Spirito, così unificando la propria
attenzione e il proprio cuore. Ora il conseguimento di tale centro è la misura
stessa di quanto può legittimamente chiamarsi "regalità", e lo sforzo
di conseguirlo costituisce la vera "nobiltà".
Mentre tuttavia si può
ritenere accessibile a molti la "regalità" interiore, molto più
oscure sono le condizioni per il conferimento della "regalità"
terrena, che non riguarda della terra la parte a tutti nota soltanto, bensì la
totalità dei suoi stati sia fisici che sottili. Egualmente misteriosi sono poi
le circostanze del suo manifestarsi ed i rapporti di tale aspetto
"interno" con i poteri ordinari del mondo. Ora, se non è possibile
giungere in questo "santo dei santi" senza avere le necessarie
qualità, può tuttavia sembrare a volte che l'elemento "satanico", in
quanto riesce in qualche circostanza ad offuscare le menti al di là di ogni
prevedibile o precedente manifestazione, metta seriamente a rischio la
possibilità di accedere a tale centro, salvo che per "scendere", come
se in una casa si nascondesse la porta della soffitta (cioè degli stati
superiori; non potendola però chiudere del tutto perché non se ne ha la chiave)
e si spalancasse la botola della cantina (cioè degli stati inferiori) per far
meglio salire tutto quanto è "satanico".
In questa
"discesa-ascesa" sta - sia nell'interiorità del singolo che nel seno
della storia - il mysterium iniquitatis, il segreto del regno dell'anticristo
che con il potere dell'antico dragone «vorrà montare - dice il nostro testo -
fino alli secreti di Dio».
In tale circostanza,
però, si ha - sia nell'interiorità dell'uomo spirituale che "alla fine dei
tempi" – una reazione che all'elemento satanico riesce per sua natura
totalmente inattesa e incomprensibile, in quanto lo Spirito è sempre nuovo
rispetto alle attese della mente e dei sensi. «Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo.
Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano
moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla
finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del
Figlio dell'uomo» (Matteo, XXIV, 37-39).
Infatti dice il nostro
testo che allora «verrà lo re del mondo,
lo quale non potrà quello orgoglio sofferire: sì 'nvierà questi due suoi
campioni - Enoc ed Elia - contra lui».
E questi due -
conoscitori dei significati segreti in quanto giunti nel Pardés, «l'uno dinanzi al diluvio, e l'altro poi»
- prepareranno la restaurazione dell'ordine terreno. Si dice infatti in
Apocalisse XI, 3-13 (trad. CEI): «farò in
modo che i miei due Testimoni, vestiti di sacco, compiano la loro missione di
profeti per milleduecentosessanta giorni". Questi sono i due olivi e le
due lampade che stanno davanti al Signore della terra. Se qualcuno pensasse di
far loro del male, uscirà dalla loro bocca un fuoco che divorerà i loro nemici.
Così deve perire chiunque pensi di far loro del male. Essi hanno il potere di
chiudere il cielo, perché non cada pioggia nei giorni del loro ministero
profetico.
Essi hanno anche potere di cambiar l'acqua in sangue e di
colpire la terra con ogni sorta di flagelli tutte le volte che lo vorranno. E
quando poi avranno compiuto la loro testimonianza, la bestia che sale
dall'Abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà. I loro
cadaveri rimarranno esposti sulla piazza della grande città, che simbolicamente
si chiama Sòdoma ed Egitto, dove appunto il loro Signore fu crocifisso. Uomini
di ogni popolo, tribù, lingua e nazione vedranno i loro cadaveri per tre giorni
e mezzo e non permetteranno che i loro cadaveri vengano deposti in un sepolcro.
Gli abitanti della terra faranno festa su di loro, si rallegreranno e si
scambieranno doni, perché questi due profeti erano il tormento degli abitanti
della terra. Ma dopo tre giorni e mezzo, un soffio di vita procedente da Dio
entrò in essi e si alzarono in piedi, con grande terrore di quelli che stavano
a guardarli. Allora udirono un grido possente dal cielo: "Salite
quassù" e salirono al cielo in una nube sotto gli sguardi dei loro nemici.
In quello stesso momento ci fu un grande terremoto che fece crollare un decimo
della città: perirono in quel terremoto settemila persone; i superstiti presi da
terrore davano gloria al Dio del cielo».
Possa anche in noi la
comprensione, uccisa nella sua ordinarietà, risuscitare nella forma spirituale
ed immortale del vangelo eterno
(Apoc. XIV, 6); possa perire senza indugio quanto in noi porta il marchio
ignobile (Apoc. XIII, 6) e vivere in eterno quanto porta scritto in fronte il
nome dell'Agnello e del Padre suo (Apoc. XIV, 1).
Riporto il titolo e le
note al testo che ho trovato al capitolo "Leggende di Alessandro" del
primo volume del Manuale della
letteratura italiana di D'Ancona e Bacci. Soltanto, quanto alle note, le ho
disposte diversamente e ne ho introdotto qualcuna (indicata come Nota aggiunta). I fatti di Cesare sono, secondo il Manuale, «molto probabilmente compilazione degli ultimi anni del
secolo XIII». Consistono in una riduzione italiana del testo francese Li Fet des Romains compilés ensemble de
Saluste, de Suetoine et de Lucan. Il Dizionario
Bompiani delle Opere e dei Personaggi, vol. III, p. 303, così ne parla:
«Operetta sulle imprese di Cesare, composta nell'ultimo ventennio del sec.
XIII, estratto e traduzione di una compilazione francese anonima intitolata
Faits des Romains; la dipendenza dal testo francese è riscontrabile anche dal
titolo».
Per chi volesse
approfondire lo studio de I fatti di
Cesare, un lungo studio (pp. VII-LXXVII) fu premesso da Luigi Banchi alla
sua traduzione.
Dario Chioli, aprile 2003,
aggiornamento maggio 2008
Tratto da: http://www.superzeko.net/tradition/UnTestoMedievaleSulReDelMondo.html
[1] [testo tratto dal volume – ora
liberamente scaricabile da http://books.google.it/ – I fatti di Cesare. Testo di lingua inedito del secolo XIV
pubblicato a cura di Luigi Banchi, Bologna,
presso Gaetano Romagnoli, 1863,
pp. 116-118, poi riprodotto con minime varianti alle pp. 136-137 del Manuale della letteratura italiana compilato dai professori Alessandro D'Ancona
e Orazio Bacci, volume I, Nuova edizione
interamente rifatta, Barbèra, Firenze, 1925 (18a tiratura)]
[2] Nota aggiunta - «Il Gange sino dalla sua origine il più
grosso di tutti scorre dalla parte di Mezzogiorno, e per diritto letto fa tra
alti monti il suo cammino. Certe rupi che se gli oppongono, lo fan piegare a
Levante» (da: Quinto Curzio Rufo, De'
fatti di Alessandro il Grande,
trad. Giuseppe Felice Givanni, Antonio
Fontana, Milano, 1829, libro ottavo, cap. XVII, p. 343).
[3] "L'uomo dice / dice
uomo" = "si dice", calco del francese on dit.
[4] Nota aggiunta - Questo Egeon è naturalmente il Gichòn (g dura e ch tedesco). Il
greco dei Settanta ha Geon. Cfr. Genesi 2,8-15 (trad. CEI): «2:8 Poi il
Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che
aveva plasmato. 9 Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di
alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in
mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. 10 Un fiume
usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava
quattro corsi. 11 Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto
il paese di Avìla, dove c'è l'oro 12 e l'oro di quella terra è fine; qui c'è
anche la resina odorosa e la pietra d'ònice. 13 Il secondo fiume si chiama
Ghicon: esso scorre intorno a tutto il paese d'Etiopia. 14 Il terzo fiume si
chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l'Eufrate. 15
Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo
coltivasse e lo custodisse».
[5] Nota aggiunta - Nel testo questo Mistones diventa in seguito Mestones.
[6] "dell'acqua" =
"standosi nell'acqua, nel fiume".
[7] "àrboli" =
"alberi".
[8] "rinunzieremo"
="riferiremo".
[9] Nota aggiunta - Sono evidentemente
Enoc ed Elia. Cfr. il passo dell'Apocalisse
(XI, 3-13) sopra riportato.
[10] Forse: vorrà diminuir
di pregio la prova, l'esempio di Alessandro nel formare un gran reame,
superarlo. Nulla qui soccorre il testo latino, avendo il raffazzonatore
italiano mescolato qui, di suo o seguendo più probabilmente altro testo, alla
leggenda di Alessandro quella di Enoc e di Elia. [Nota aggiunta - Si direbbe un calco del francese antico esprover, "distinguere" nel
senso di "rendere distinto, importante"].
[11] Trovare ciò che nella
pietra potesse assomigliarlo, simboleggiarlo.
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